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“Berlino e Bruxelles: i capri espiatori dell’Europa”

INTERVISTA A JOACHIM BITTERLICH, MEMBRO DEL BOARD DELL’ENA – “L’Europa ha bisogno di slancio, i giovani guardino al futuro” – “La Germania non è ostile alla Grecia, ma Atene deve rispettare i patti” – “Il Qe è una mossa disperata ma è giusto provarci” – “Il problema centrale sono le banche, che non erogano credito alle imprese”.

“Berlino e Bruxelles: i capri espiatori dell’Europa”

“Napolitano è stato un grande presidente, è un peccato che ci sia più. Renzi? Ancora non l’ho inquadrato: parla molto, ma diamogli tempo. Mentre Draghi lo conosco da quasi 30 anni: mi fido di lui, anche se non so se il Quantitative easing sia la soluzione giusta”. Il giudizio è del diplomatico tedesco Joachim Bitterlich, intervistato al Parlamento europeo di Strasburgo a margine di un’iniziativa della business school Escp Europe, di cui è professore, e dell’Ena (l’Ecole Nationale de l’Administration in cui si forma l’élite transalpina), di cui è membro del Cda oltre che ex studente.

Ma soprattutto Bitterlich è stato, a cavallo degli anni 80 e 90, gli anni della caduta del Muro di Berlino e dell’accelerazione del progetto dell’Europa unita, il consigliere per la politica estera e per la sicurezza del cancelliere Helmut Kohl: pochi masticano la politica internazionale come lui, che è anche chairman della società energetica Veolia Environnement in Germania oltre che vice-presidente  del Comitato Francia-Cina e membro di diversi think thank europei.

Il Muro di Berlino è caduto 25 anni fa ma l’Europa sembra non aver ancora trovato la sua identità.

“L’Europa ha deluso perché siamo diventati egoisti e ripiegati su noi stessi: non c’è più lo slancio della generazione del dopoguerra, ora i giovani danno l’Europa per acquisita e non guardano al futuro. A livello istituzionale ognuno pensa alla sua fetta di torta, si è persa la capacità di dialogare con i partner, con la popolazione e con l’economia stessa”.

Come mai il processo si è inceppato?

“Gli anni 89-90, con la caduta del Muro di Berlino e la dissoluzione dell’Urss, sono stati un punto di rottura. La verità è che alcuni Paesi non hanno ancora digerito quel cambiamento. La Germania è sicuramente tra questi Paesi, ma il caso più eclatante è quello della Francia, che fino a quel momento aveva la leadership assoluta nel continente. Adesso sia Francia che Germania sono ancora alla ricerca di un ruolo: ai tedeschi viene chiesto di assumersi più responsabilità, ma poi quando lo fanno gli altri Paesi si tirano indietro”.

L’antieuropeismo cresce, anche in Italia.

“Ormai Berlino e Bruxelles sono diventati i capri espiatori delle difficoltà degli altri. Si sta sviluppando una pericolosa tendenza ad andare in giro a dire sciocchezze, come mi è recentemente capitato di sentire anche da economisti italiani. Prendiamo anche il caso della Grecia: la Germania non è affatto ostile ad Atene, anzi grazie a come è stata gestita l’emergenza, con il consenso seppur titubante di Angela Merkel, gli ellenici hanno ridotto del 40% il loro debito pubblico”.

E adesso arriva Tsipras…

“Vedremo cosa proporrà. Per la mia esperienza dico che un conto è la campagna elettorale, un conto sono i fatti: vedremo cosa vorrà fare realmente il nuovo governo greco. Per ora mi pare evidente che la Germania sia intenzionata ad aiutare Atene, a patto che mantenga gli impegni e che non cerchi scorciatoie”.

Per uscire dalla crisi è alle porte il Quantitative Easing della Bce.

“Conosco Mario Draghi dal 1986 (era alto funzionario al Ministero del Tesoro, ndr), è un amico e uno dei rari banchieri che conoscono veramente la realtà bancaria. Mi fido di lui, anche se personalmente non sono sicuro che il Qe sia la soluzione migliore. La sua è una mossa che definirei disperata, però fa bene a provarci: vedremo se funzionerà”.

Qual è allora la soluzione?

“Il problema centrale sono le banche, che non erogano più credito alle imprese. Draghi interviene in questo senso ma io temo che il punto sia l’incapacità di adeguare le politiche economiche alla crisi, ai mercati, alla concorrenza globale. La verità è che per troppo tempo abbiamo sottovalutato l’assenza di una corretta regolamentazione del settore bancario. Le faccio un esempio: Berlino è diventata la Silicon Valley europea, nella sua regione sono stati investiti 700 milioni di euro in startup e innovazione, e creati 100mila posti di lavoro. Ma da dove sono venuti quei soldi? Non dalle banche, ma dai venture capital statunitensi. Perché le banche, a causa del ritardo normativo, hanno adesso ben altre grane da risolvere”.

Quindi servono nuove regole?

“Non servono nuove regole ma buon senso e iniziativa: ogni Paese deve cercare di trovare la sua strada, puntando sulle cose che sa fare meglio. In questo caso non serve omogeneizzare le regole, perché alla fine ogni Paese ha le sue caratteristiche, i suoi punti deboli e i suoi punti di forza. Ci si possono al massimo scambiare dei modelli di successo: per esempio, per quanto riguarda l’occupazione la stessa Francia sta studiando il modello austriaco, mentre per la formazione è famoso quello tedesco”.

Serve anche la politica dunque.

“Certamente, ed è per questo che la Germania è la prima economia dell’eurozona. Perché seppur dopo molte esitazioni ha saputo fare le riforme economiche. Alcune di queste, in particolare sulle politiche sociali, le suggerii a Kohl già nel 1988, ma poi ci fu la caduta del Muro, erano anni complicati. Poi è arrivato Schroeder che inizialmente ha tentennato, ma nel 2002 ha capito e agito. Ci sono voluti 14 anni dalla caduta del Muro, ma i primi benefici delle riforme sono arrivati già nel 2005-2006”.

Dieci anni fa, mentre altri Paesi come l’Italia sono ancora al palo. Qualcosa sta cambiando con Renzi?

“Renzi lo sto ancora studiando. Parla molto, come tutti gli italiani, ma mi sembra intenzionato a cambiare l’Italia. Sicuramente è ottima la riforma del Senato, mentre sul Jobs Act ancora non saprei dire. Per quanto riguarda il Patto del Nazareno, io dico che ha fatto benissimo: aveva bisogno di Berlusconi per governare. Rimprovero a Renzi solo una cosa: quando dice che Europol deve avere poteri operativi ha pienamente ragione, ma dimentica di citare Helmut Kohl, che ai tempi fu il primo a proporre una polizia europea sul modello Fbi americano. Portammo la questione a un consiglio europeo a Creta alla fine degli anni 90, ma fummo sabotati dai vari Ministri degli Interni. Tranne che da uno.”

Chi?

“Giorgio Napolitano. In quegli anni era ministro dell’Interno (del primo governo Prodi, ndr) e fu tra i pochi a capire e apprezzare la nostra iniziativa. Ho una stima immensa per lui, Napolitano è stato uno dei migliori interpreti della politica europea negli ultimi decenni, e le sue dimissioni sono una grave perdita per voi. Anche come Presidente della Repubblica è stato eccellente: ha fatto bene ad affidare il governo di emergenza a Mario Monti, che non è mai diventato un uomo politico ma era perfetto come tecnico. Poi ha saputo assecondare l’avvento della nuova generazione rappresentata da Renzi. Sarà difficile sostituirlo e non saprei da chi, visto che non seguo molto le vicende interne italiane. Conoscevo meglio la precedente generazione: per esempio ho un rapporto di stima e amicizia anche con l’ex presidente Ciampi, che è ha avuto pure lui un ruolo decisivo nella crescita dell’Unione europea”.

Torniamo appunto all’Europa: ha fiducia in Juncker?

“Assolutamente sì. Barroso è stato un presidente debole, così come lo fu Prodi, che per me è stata una grande delusione. Juncker può essere un presidente forte per tre motivi: non ha più nulla da perdere, è all’apice della sua carriera politica e sa relazionarsi benissimo con tutti i Paesi. E poi ha uno staff di prim’ordine, di gran lunga superiore a quello del predecessore. Vi faccio tre nomi su tutti: il vicepresidente, l’olandese Frans Timmermans, la polacca Elzbieta Bienkowska, responsabile del mercato interno, e la danese Margrethe Vestager (del partito della sinistra radicale, ndr)”.

Ultima domanda: quando torna la crescita economica?

“Io credo che con Juncker l’Europa potrà ripartire. Intanto il +1,5% registrato dalla Germania nel 2014 è un buon risultato, e nel 2015 dovrebbero tornare a crescere anche altri Paesi come l’Italia, seppur lentamente. Il problema è che ci sono pochi margini di manovra, perché ci siamo inceppati. Per questo dico che più che il Qe serve che ogni Paese torni a dare il meglio: il mantenimento dello status quo fa comodo a qualcuno, ma è ora di fare le riforme”.

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