Anche Jaguar si è aggiunta stamane alla lista ormai lunga delle case d’auto che hanno annunciato la fine della produzione di auto a combustione. Dal 2025 le auto del gruppo britannico controllato da Tata Motors saranno solo elettriche, in scia alle decisioni già prese dai big , da Volkswagen a Gm, nel tentativo di ridurre il gap accumulato verso la Cina e gli altri produttori asiatici.
Sarà la sfida più importante per restare nel gruppo di testa, soprattutto sul piano dello sviluppo tecnologico. Secondo Wood Mackenzie, centro di ricerca dell’energia, l’auto elettrica rappresenterà il 18% delle vendite nel 2030. Ma la tendenza potrebbe accelerare: altri analisti danno per probabile una crescita più rapida, almeno se le fabbriche sapranno sostenere l’aumento della domanda delle batterie, l’elemento chiave del nuovo mercato. E non sarà facile. Non solo perché la richiesta salirà di almeno otto volte entro il decennio ma anche per le difficoltà industriali, tecnologico e geopolitiche della sfida. Per dirla con Elon Musk, il creatore di Tesla, “Realizzare un prototipo di batteria è facile, mettere a punto un sistema di produzione affidabile è molto, molto difficile”.
E’ in questa cornice che s’inquadra l’annuncio del progetto Italvolt promosso da Lars Carlstrom, industriale pioniere nel settore automotive, fondatore e azionista di Britishvolt. L’obiettivo è quello di realizzare la prima Gigafactory in Italia, destinata a diventare al contempo la più grande in Europa e la dodicesima al mondo per dimensione, con 300.000 m2 previsti e una capacità iniziale di 45 GWh, che potrà raggiungere i 70 GWh. Con una stima di 4.000 lavoratori impiegati e nel complesso 10.000 nuovi posti di lavoro creati, la Gigafactory Italvolt, recita una nota, “ rappresenterà uno dei progetti industriali più importanti degli ultimi anni in Italia, per un investimento complessivo di circa 4 miliardi di euro. La prima fase del progetto sarà completata entro la primavera 2024”. Per ora siamo allo stadio iniziale, ovvero la scelta del sito ma herr Carlstrom ha già coinvolto due nomi storici dell’automotive italiano: l’impianto sarà progettato dalla divisione Architettura di Pininfarina mentre Comau fornirà soluzioni innovative, impianti e tecnologie e si occuperà della realizzazione del laboratorio di Ricerca e Sviluppo nel campo della mobilità elettrica.
L’iniziativa di Carlstrom s’inquadra nello sforzo dell’Unione Europea per ridurre il gap accumulato verso la concorrenza. Tre anni fa la visibilità dell’industria Ue sulle batterie era praticamente nulla. Oggi invece l’Europa detiene una fetta di circa il 5% della capacità di accumulo di energia mondiale che intende aumentare.
A sostegno di questa evoluzione, è appena stato approvato un importante progetto sul tema, a cui ha aderito l’Italia insieme ad altri 11 paesi, che prevede l’erogazione di finanziamenti al settore pari a 2,9 miliardi di euro. Il piano dovrà essere completato entro il 2028 e vi parteciperanno ben 42 realtà industriali. Ma si tratta solo della punta dell’iceberg. Secondo Accenture, imprese e governi investiranno almeno 60 miliardi di euro nella sfida. Anche gli Usa accelerano: sta per partire l’investimento della jv Gm/Lg in Ohio ma il vantaggio resta quello di Tesla che, assieme a Quantum Scape, sta lavorando ad una batteria a basso costo ma ad alta resa, un passaggio necessario per ridurre il costo delle vetture elettriche.
Insomma, il business delle batterie sarà un mega-trend che nei prossimi decenni è destinato a crescere. Tradotto in cifre, il mercato della battery technology si prepara a raggiungere un giro d’affari del valore di 250 miliardi di euro l’anno a partire dal 2025 creando quasi 5 milioni di posti di lavoro. Non sarà una passeggiata, anche a causa del vantaggio della Cina che, nota un report di Roland Berger, nei prossimi anni continuerà ad esercitare la sua supremazia anche nei confronti del settore in Europa. Ma, come promette di fare Italvolt, le iniziative non mancano. Tra le più avanzate quella della norvegese Freyre che si è fusa con una Spac, Akussa, con l’obiettivo di sbarcare a Wall Street e sviluppare la tecnologia acquisita in Usa.
In realtà, a caccia del Santo Graal della batteria cheap e di facile costruzione, si stanno impegnando un po’ tutti, da Toyota ai cinesi che controllano il 70% del mercato. Così come aumenta l’appeal degli elettrochimici esperti nella manipolazione di litio e cobalto. Gente da pagare a peso d’oro, come un asso del software, perché, ribadisce Musk, “produrre una batteria è la cosa più difficile del mondo”.