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Basket, quel lockout che logora la Nba

Se lo sciopero della serie A italiana sembra ormai archiviato, sullo sport nazionale Usa continua a gravare il blocco. Si susseguono estenuanti gli incontri tra David Sterne, potentissimo commissario della Lega, e il campione dei L.A. Lakers, Derek Fisher. In ballo, una montagna di dollari che le squadre potrebbero dover versare ai giocatori.

Basket, quel lockout che logora la Nba

“The show must go on” recita l’americanissimo detto, che si può considerare per certi versi un modo di intendere la vita e gli affari: anche perché quando si parla di sport statunitense (e non solo) in fondo si sta parlando di affari. Ma mentre in Italia sembra chiusa la bizzarra vicenda del controverso sciopero dei calciatori di serie A, nella patria dello show business, dove il botteghino è una religione, non si riesce a superare la situazione di stallo in cui versa una delle più grandi leghe del mondo.

Qual è allora l’anomalia? La differenza tra la situazione della serie A e quella dell’Nba risiede principalmente nell’enormità della posta in gioco. Non si tratta di un’incomprensibile (secondo chi scrive) diatriba sul numero di giocatori che dovranno comporre le rose e su una tassa che ancora non esiste. Dall’esito dei negoziati americani dipendono centinaia di milioni di dollari in più o in meno che le squadre dovranno versare ai giocatori.

Una posta talmente alta da giustificare gli estenuanti incontri che si susseguono quasi giornalmente tra David Sterne, il potentissimo commissario della lega che dovrebbe rivestire il ruolo di deus ex machina, e Derek Fisher, campione dei Los Angeles Lakers (il Damiano Tommasi d’oltreoceano), che si concludono sempre con il solito nulla di fatto.

Le parti non sembrano avvicinarsi a un accordo. A rendere più complicata la situazione è la complessità degli schieramenti. A prima vista potrebbe sembrare un muro contro muro: giocatori contro club. La stella Kevin Garnett ha addirittura evocato scenari da guerra fredda: “Durante il lockout non ti puoi fidare di nessuno. Non sai mai cosa pensa l’altra parte, devi essere sempre un passo avanti per prevedere le loro mosse”.

A ben vedere all’interno dello schieramento dei proprietari si celano diversi interessi. Quelli delle squadre più celebri delle grandi città, il cui bilancio è in attivo, più preoccupate dall’eventualità che slitti di molto l’inizio della stagione. Quelli delle squadre minori, fortemente interessate a uscire da questa storia dovendo pagare ai giocatori il meno possibile. E poi ci sono le squadre più povere, con il bilancio più in rosso, che sono addirittura contente di non dover devolvere lo stipendio ai giocatori per qualche tempo. Si aggiungano a questi gli interessi della Lega, che nell’ultimo anno ha avuto un deficit di 400 milioni di dollari e per la quale lavorano più di 5000 persone, di cui cento hanno già perso il lavoro negli scorsi mesi.

Sarà proprio la necessità di evitare le perdite che ricadrebbero a valanga su tutti i settori collaterali a quello prettamente sportivo che probabilmente spingerà verso una soluzione. E’ stato calcolato che solo per il non utilizzo delle arene andrebbe in fumo in un anno più di un miliardo di euro, costi che andrebbero a ricadere non solo sulle squadre ma su tutte le società che si occupano di fornire servizi all’interno di queste.

Intanto i giocatori stanno alla finestra. Sembra allontanarsi la possibilità del grande esodo. La grandissime stelle, le cui caviglie valgono milioni di dollari, sembrano restie a rischiare i loro ingaggi multimilionari per provare avventure all’estero. Sponsor, programmi tv, comparsate hollywoodiane: i benefici si fanno sentire in tempo “di pace” come in tempo “di guerra”. Non sono mancate di certo le grandi offerte, con magnati russi , cinesi e tuchi sbizzarriti, ma sembra che nessuno abbia oggi le possibilità per tentare le grandi stelle. Diverso il discorso per i giocatori di seconda fascia, la prospettiva di un anno senza stipendio potrebbe convincerli, e ha convinto qualcuno, a tentare la via europea.

Soltanto nelle prossime settimane si avrà un’idea più chiara di come la situazione potrà risolversi. Intanto, in America come in Italia, resta l’impossibilità da parte di tifosi e appassionati di farsi una ragione del torto subito. Il nocciolo duro di tutto ciò di cui si discute rimane sempre il pallone che rotola, verso un cesto o dentro una rete.

Il motivo di fondo per cui l’Nba, la serie A e qualsiasi altra lega del mondo hanno senso di esistere rimane il desiderio delle persone di appassionarsi alle vicende sportive dei giocatori in campo. Agli amanti traditi non resta che tenere duro e trovare qualche passatempo per tenersi impegnati. Sempre che non optino di fuggire via con un’amante più generosa e meno capricciosa.

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