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Basket Nba: il punto della situazione delle big a un mese dai playoff

A poco più di un mese dalla fine della regular season, a tenere banco è la grande rimonta dei Lakers, trascinati dal solito Kobe Bryant – Situazione italiani: in crisi Bargnani, che rimarrà fuori dai playoff.

Basket Nba: il punto della situazione delle big a un mese dai playoff

A poco più di un mese dal termine della regular season, la grande rimonta dei Los Angeles Lakers per un posto tra le prime otto della Western Conference è quasi completata, e l’aggancio agli Utah Jazz, che occupavano l’ultima posizione utile per l’accesso ai playoff, è avvenuto la scorsa notte, con i gialloviola che sono stati spettatori interessati dell’incontro dei Jazz sul difficile parquet del Madison Square Garden contro i New York Knicks.

Per la squadra di Salt Lake City, che era reduce da tre ko di fila e un solo successo nelle ultime 7 uscite, un ostacolo di quelli impegnativi, visti i Kinicks di questa stagione, finalmente quadrati, completi ma soprattutto vincenti e con un super Carmelo Anthony, e per portare via un successo dalla Grande Mela ci sarebbe voluta una mezza impresa. In caso di sconfitta per Millsap (ieri però assente) e compagni, Utah, con 19 partite ancora da giocare, si sarebbe ritrovata con un record di 32 vinte e 31 perse, esattamente come i Lakers (anche se i Jazz sono in vantaggio nei tre scontri diretti stagionali per 2-1), e alla fine sconfitta è stata. Nonostante le assenze delle stelle Anthony e Stoudemire (quest’ultimo fuori fino all’inizio dei playoff), i newyorkesi, al momento secondi a Est, hanno inflitto un pesante 113-84 agli ospiti, una brutta debacle che potrebbe farsi sentire anche sotto l’aspetto psicologico, per una squadra che, sebbene con un roster probabilmente inferiore alle rivali, era riuscita a piazzarsi saldamente a quel fatidico ottavo posto, ma che gli ultimi passi falsi rischiano seriamente di vanificare.

Ora Lakers e Jazz iniziano questa volata finale esattamente alla pari, ma a dar contro a Utah potrebbe esserci il calendario, tutt’altro che semplice da qui in avanti. Infatti gli uomini di Tyrone Corbin dovranno affrontare 10 sfide contro squadre attualmente ai playoff e delle 19 partite rimanenti, 9 saranno in trasferta (dove i Jazz viaggiano con 10-23), comprese le visite a San Antonio, Oklahoma City, Memphis, Golden State e Houston, 5 delle 6 squadre che precedono Utah in classifica. Rush finale in cui, comunque, potranno fare affidamento su Al Jefferson, rientrato di recente dopo aver saltato alcune gare per infortunio, e contando sulla crescita del giovane Gordon Hayward, sesto uomo che dopo l’ultimo All Star Game ha migliorato sensibilmente le proprie percentuali offensive. Ma per i Jazz potrebbero essere stati determinanti, in senso negativo, questi ultimi quattro incontri seguiti alla facile vittoria su Charlotte, tutti conclusi, a parte New York, con sconfitte di misura (109-108 all’overtime a Milwaukee, 104-101 a Cleveland e 89-88 a Chicago), soprattutto ripensando al ko di qualche giorno fa rimediato sull’ostico campo dei Bulls, in una partita decisa, come spesso accade ultimamente, da un canestro (questa volta da 3 punti a meno di 5 secondi dalla sirena finale) del nostro Marco Belinelli, il quale sta vivendo di gran lunga la sua miglior stagione da quando è volato oltre oceano.

Per i Los Angeles Lakers, invece, se poco più di un mese fa parlare di postseason poteva sembrare quasi utopia, oggi questo è diventato realtà grazie all’incredibile rimonta delle ultime settimane condotta da uno strepitoso Kobe Bryant in formato Mvp (come gli cantano ultimamente i suoi tifosi allo Staples Center), il quale, a 34 anni ha deciso ancora una volta di prendersi letteralmente la squadra sulle spalle, tirando fuori una serie di prestazioni mostruose e vincendo praticamente da solo le partite. Dopo un mese di gennaio orribile, in cui i gialloviola sono usciti battuti 11 volte su 16 gare e con un’imbarazzante striscia di 8 sconfitte di fila in trasferta (al 23 gennaio il loro record era 17-25), a febbraio è iniziata la lenta ripresa (iniziata con la prima vittoria esterna del 2013 a Minneapolis in casa dei Timberwolves), ma è in questo inizio di marzo che c’è stata la svolta, magari anche con un po’ di fortuna, ma soprattutto tirando fuori il carattere e l’esperienza della grande squadra.

Ma questa rincorsa ha un nome e una faccia ben precisi : ovviamente il nome è Kobe Bryant e la faccia è quella cattiva del 24 quando capisce che non c’è più tempo per scherzare, ma bisogna iniziare a fare il fenomeno. Kobe, che nonostante un problema al gomito è in forma spaziale, è stato l’assoluto protagonista delle ultime tre fondamentali vittorie dei Lakers, intramezzate dalla netta sconfitta ad Oklahoma, dove la coppia Durant-Westbrook ha ribadito ancora una volta, se ce ne fosse stato bisogno, che i Thunder rimangono di un altro livello e si candidano anche quest’anno ad essere la rivale più agguerrita al trono dei Miami Heat. Ad Oklahoma, Bryant comunque aveva messo a referto 30 punti, ma il suo fantastico periodo è iniziato due giorni prima quando era stato decisivo nel successo in casa contro gli Atlanta Hawks, un risultato che per la prima volta dall’inizio della stagione aveva permesso ai Lakers di raggiungere il 50% di vittorie. Quella sera un immenso Bryant, dopo che Los Angeles aveva sperperato i 16 punti di vantaggio con cui si era affacciata all’ultimo quarto, alla fine aveva deciso lui la questione, realizzando i due punti decisivi (dei suoi 34 totali) con un canestro negli ultimi secondi  che era valso il 99-98 finale. Ma la vittoria più incredibile è stata quella ottenuta sul campo di New Orleans contro gli Hornets di Anthony Davis, ultimi a Ovest, al termine di una partita che ha visto i Lakers giocare l’anti-basket per i primi tre quarti (all’intervallo i padroni di casa erano già a quota 67), travolti sotto tutti i punti di vista, per poi compiere nell’ultimo periodo una rimonta selvaggia, grazie ad un assurdo parziale di 20-0 negli ultimi 7 minuti che ha portato Kobe e compagni al 108-102 finale, dopo essere sprofondati fino a -25. Anche in questo caso il mattatore è stato un monumentale Bryant da 42 punti (25 nel secondo tempo, 13 nell’ultimo quarto tra cui gli ultimi 6 di fila nell’ ultimo minuto e mezzo), decisivo per il compimento della terza più grande rimonta vincente dei Lakers da quando il Black Mamba indossa questa maglia.

Dopo essere andati vicino al ko con gli Hornets, il gruppo di coach D’Antoni nell’ultimo turno ha rischiato di venire sgambettato anche dai Toronto Raptors (autori di un buon finale di regular season, grazie anche all’arrivo di Rudy Gay), ma anche stavolta è riuscita la rimonta, concretizzatasi dopo un overtime, successo che ha riportato Los Angeles sopra il 50% di vittorie. E’ stata una gara intensa ed emozionante e il protagonista, ovviamente, è stato sempre il solito Kobe Bryant, che alla fine ha trascinato i suoi con 41 punti e 12 assist. Ma anche stavolta i Lakers erano partiti malissimo, con i Raptors, spinti da un grande DeRozan, pronti ad approfittare delle amnesie difensive dell’avversario e a scappare alla fine del primo quarto sul +12. Con i padroni di casa ancora sotto all’intervallo, il secondo tempo è iniziato con un ritmo diverso, ma i Lakers hanno continuato a faticare e solo grazie a Bryant e un ottimo Howard (24 punti) sono rimasti in scia. Poi a metà del terzo quarto Toronto ha riallungato a +13 e si è arrivati all’ultimo periodo con gli ospiti sopra di 10, ma negli ultimi 12 minuti i gialloviola sono rientrati in partita preparandosi ad un finale in apnea. E’ a quel punto che è iniziato il Kobe-show, e quando il Mamba decide di manifestarsi in tutta la sua onnipotenza per gli avversari c’è poco da fare : tre triple consecutive, l’ultima da posizione difficilissima a una manciata di secondi dalla sirena che ha portato la sfida ai supplementari. Nell’overtime, però, i Raptors hanno messo ancora la testa avanti, ma alla fine hanno avuto la meglio i Lakers, grazie a una bomba di Nash e una prepotente schiacciata in penetrazione del solito numero 24, che hanno regalato un’essenziale quanto sudato trionfo per 118 a 116 (che vuol dire solo 9 punti di scarto totali dati agli avversari in queste ultime tre vittorie).

Da segnalare, purtroppo, dopo pochi minuti di partita un nuovo infortunio per Andrea Bargnani, che ha accusato dolore a causa di una iperestensione allo stesso gomito che l’aveva tenuto fuori già due mesi, facendogli perdere ben 26 gare tra fine dicembre e inizio febbraio. Annata davvero sfortunata per il Mago, che ora, con i Raptors tagliati fuori dai playoff, rischia di aver già finito per questa stagione. Un anno a dir poco complicato per il romano, frenato dai troppi problemi fisici, durante il quale per un certo periodo ha perso anche il posto da titolare e quando è stato impiegato ha abbassato notevolmente le sue medie realizzative delle ultime stagioni, anche se nelle ultime settimane aveva di nuovo messo a referto numeri importanti. Si è parlato anche di problemi con l’allenatore e la dirigenza, che a lungo ha cercato di infilarlo in uno scambio addirittura con i Lakers per Gasol o con Chicago per Boozer (dove avrebbe trovato Belinelli), ma alla fine non se ne è fatto niente e Andrea è rimasto in Canada. In estate, però, la sua partenza è data quasi per scontata (e sarebbe bello riuscire finalmente a vederlo come attaccante in una squadra che può lottare per il titolo), ma il suo ingaggio pesante rispetto a quello che ha fatto vedere in questi mesi complica non poco la situazione. In questa stagione da dimenticare, anche qualche frase fuori luogo che si è fatto sfuggire (come quando ha definito la sua squadra la peggiore della lega, con la quale fosse impossibile vincere qualcosa), il raffreddamento dei tifosi nei suoi confronti, che in alcuni casi lo hanno pure contestato, e il nuovo tipo di gioco adottato dai Raptors (senza più Calderon, ma con Rudy Gay), un modo di giocare più “americano” e meno “europeo” che mal si addice alle caratteristiche di Bargnani, il quale prima o poi, però, dovrà migliorare anche il suo apporto difensivo, da sempre una sua pecca, che per uno come lui, nell’nba, risulterebbe basilare.

Tornando ai Lakers, ora che l’aggancio all’ottavo posto è avvenuto non devono più distrarsi, il calendario degli uomini di Mike D’Antoni non è impossibile (9 in casa e 10 fuori, 10 gare contro squadre attualmente ai playoff), anche se le ultime tre sfide saranno con Golden State, San Antonio e Houston, ma tutte allo Staples Center. La chiave della rincorsa saranno le 8 partite su 10 in trasferta tra il 12 e il 30 marzo: i Lakers al momento sono 11-20 fuori casa, e per continuare a sperare dovranno cambiare marcia. Ma con Kobe Bryant in formato migliore del pianeta (32,8 punti, 6,3 rimbalzi, 6,3 assist di media e 54,4% al tiro nelle 9 gare dopo l’All Star Game) tutto è possibile.    

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