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Bankitalia: redditi delle famiglie in progresso, ma disuguaglianze invariate

Secondo quanto si legge nella Relazione annuale della Banca d’Italia, negli ultimi tre anni i redditi delle famiglie sono saliti di 3 punti percentuali, grazie soprattutto all’aumento dell’occupazione – la disuguaglianza dei redditi rimane invariata, ma il rischio di povertà ed esclusuone sociale è ancora altissimo.

Le famiglie italiane provano a rialzare la testa grazie alla ripresa economica in atto dopo anni di dura crisi. A testimoniarlo sono i dati pubblicati oggi, 31 maggio, dalla Banca d’Italia nella Relazione Annuale relativa al 2016.

Il reddito disponibile delle famiglie nel 2016 è aumento dell’1,6% rispetto all’anno precedente, rafforzando il recupero iniziato nella primavera del 2013. In tre anni, l’incremento del reddito in termini reali è stato pari al 3%, nonostante la percentuale rimanga inferiore dell’8,1% rispetto al valore del 2007.

Non solo, in base alle stime di Via Nazionale, la ricchezza lorda delle famiglie è cresciuta dello 0,8%, un dato che ha avuto effetti anche sulla maggiore propensione al risparmio.

Le famiglie cominciano dunque a risalire la china grazie soprattutto grazie alla maggiore spinta derivante dai redditi da lavoro dipendente conseguente all’aumento dell’occupazione. Un incremento si registra anche per i redditi da lavoro autonomo e dei redditi da proprietà.

Per quanto riguarda la disuguaglianza dei redditi equivalenti, il dato è rimasto pressoché invariato rispetto all’anno precedente, dopo la discesa dello 0,4% nel 2015. “Un contributo alla riduzione delle disuguaglianze – sottolinea Bankitalia – è presumibilmente venuto dalla ripresa dell’occupazione avviatasi dalla metà del 2014. Anche i dati della Rilevazione sulle forze di lavoro confermano che il calo della disuguaglianza dei redditi da lavoro degli individui tra i 15 e i 64 anni non pensionati è dovuto principalmente alla crescita dell’occupazione”.

I miglioramenti dunque ci sono e lasciano ben sperare per il futuro, nonostante all’interno del quadro permangano ancora significative difficoltà. Prima fra tutti la quota di individui a rischio di povertà ed esclusione sociale, che nel 2016 si è assestata al 28,7% tre punti percentuali in più rispetto alla fase pre-crisi (2007) e soprattutto cinque punti in più rispetto al dato medio registrato nell’Unione Europea. “Il numero di individui in condizione di povertà assoluta – si legge nella Relazione Annuale della Banca d’Italia – era pari al 7,6 per cento della popolazione, il valore più elevato dal 2005.

Perché la povertà rimane su livelli tanto elevati? Il motivo alla base di questa tendenza, secondo Via Nazionale, risiede nel fatto che i miglioramenti occupazionali registrati nel corso degli ultimi tre anni hanno coinvolto in misura minore le fasce di popolazione più esposte al rischio, cioè “lavoratori con un basso livello di istruzione, stranieri o con meno di 35 anni”. Nonostante ciò occorre sottolineare che la crescita dell’occupazione ha comunque raggiunto una maggiore omogeneità rispetto al passato, allargandosi alle famiglie più esposte al rischio povertà. A migliorare la situazione potrebbe contribuire anche il neonato reddito di inclusione, entrato in vigore nel marzo del 2017 proprio come misura di contrasto alla povertà. Il nuovo strumento però, avverte Bankitalia, risulterò efficace solo ponendo “in essere  adeguati servizi alle famiglie per garantire loro una maggiore inclusione sociale”, ma anche limitando i possibili incentivi a permanere indefinitivamente nel programma e verificando le effettive condizioni di bisogno.

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