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Banche, com’è cambiata la Vigilanza in Europa: un libro di Lucchini e Zoppini

Stefano Lucchini, responsabile delle Relazioni esterne di Intesa Sanpaolo, e Andrea Zoppini, docente dell’Università Roma 3, spiegano nel libro “Vigilare le banche. Chi controlla il controllore?” la grande discontinuità nella Vigilanza bancaria in Europa e tutti i suoi effetti

Banche, com’è cambiata la Vigilanza in Europa: un libro di Lucchini e Zoppini

C’era bisogno di questo volume di Stefano Lucchini e Andrea Zoppini, “Vigilare le banche in Europa. Chi controlla il controllore?” sulla valutazione giuridica della vigilanza bancaria in Europa. Ciò per tre ragioni essenziali. In primo luogo, perché l’Unione Bancaria è nata un po’ in sordina e le profonde implicazioni sfuggono ancora al vasto pubblico. Inoltre, perché il dibattito che si è avuto attorno all’Unione Bancaria è stato prevalentemente a carattere economico, mentre tutte le grandi innovazioni istituzionali, e l’Unione Bancaria certo lo è, hanno anche implicazioni giuridiche a vasto raggio che, se non ben comprese, possono condizionarne il successo. Da ultimo, perché solo grazie alla sintesi e allo sforzo divulgativo che questo libro compie è possibile per una platea un po’ più ampia accedere a una discussione sui molteplici aspetti giuridici dell’Unione Bancaria, discussione che è dispersa in riviste specialistiche e che, nei testi originari, parla un linguaggio troppo tecnico per essere compreso dai non esperti.

Il mio giudizio complessivo è dunque molto positivo. Naturalmente, non si tratta di un libro da leggere prima di coricarsi. Nonostante lo sforzo divulgativo degli autori, dopo la leggiadra introduzione molti passaggi richiedono al lettore concentrazione e attenzione, pena lo smarrimento. Seguono tre corposi capitoli, nell’ordine dedicati a “Gli atti della BCE”, “I poteri della BCE sugli enti creditizi e sui loro organi di governo” e “Le impugnazioni degli atti della BCE”. I rimandi bibliografici sono aggiornati ed accurati. Ben fatta è la ricostruzione degli eventi che contornano il tema trattato.

Fin dall’inizio, Lucchini e Zoppini fanno capire al lettore che niente è più come prima. Ripartono dalla “regolazione all’orecchio”, come la chiamano loro, cioè dalla tradizione della Banca d’Italia, nel presidio della stabilità, di guidare il sistema bancario anche attraverso interazioni riservate con i banchieri che, a tratti, andavano pure oltre la “moral suasion” e prendevano la forma di raccomandazioni bilaterali. Molti anni fa, da giovane funzionario della Banca d’Italia, ebbi modo io stesso di coordinare la parte contenutistica e organizzativa degli incontri periodici che il Governatore teneva con la lista ristretta delle principali banche italiane. Anche se poi non ero ammesso alle riunioni, mi era agevole immaginare dai contenuti preannunciati che si sarebbero toccate anche questioni riservate e che, a latere della riunione collegiale, il Governatore avrebbe spesso avuto incontri bilaterali con uno o più di quei banchieri. Ebbene, tutto il libro vuole proprio dimostrare come quel mondo non c’è più. Saggiamente, gli autori non giudicano ma sottolineano la discontinuità epocale ascrivendola proprio all’Unione Bancaria e al ruolo che in essa gioca la Banca Centrale Europea (BCE).

Il primo capitolo sviluppa in dettaglio il contesto normativo e gli strumenti di cui la BCE si avvale nella attuazione del pilastro più avanzato dell’Unione Bancaria, cioè del Meccanismo Unico di Vigilanza. In particolare, gli autori distinguono tra i regolamenti, le decisioni, le raccomandazioni, gli indirizzi e le istruzioni. Si affacciano spesso due problematiche: 1) l’ampio ricorso a meccanismi di “soft law”; 2) la frequente indeterminatezza formale del ruolo delle Autorità Nazionali Competenti (ANC), le quali sono comunque coinvolte di fatto nel processo di vigilanza. Queste due problematiche saranno poi sviscerate nei due capitoli seguenti che vanno a fondo, rispettivamente, in termini di poteri della BCE sugli enti creditizi e di impugnazione degli atti della BCE stessa.

L’ampio ricorso a meccanismi di “soft law” viene correttamente valutato dagli autori nei suoi pro e contro. Da un lato, permette quella flessibilità di cui è necessario/opportuno disporre nelle fasi di “institutional building” in cui si configura la transizione dall’assetto precedente – nel nostro caso dalla sola responsabilità delle ANC decentrate – a quello nuovo – nell’Unione Bancaria la condivisione di responsabilità tra l’autorità centrale BCE e le ANC decentrate. Sullo sfondo sembra si percepiscano le maggiori difficoltà nella definizione giuridica di una nuova istituzione che hanno sistemi giuridici basati sulla “civil law” rispetto a quanto accadrebbe presumibilmente in sistemi basati sulla “common law”. Molti studiosi riconoscono, infatti, che i sistemi di “civil law” sono meno flessibili di quelli di “common law” di fronte alle innovazioni, anche di natura istituzionale. Tuttavia, lucidamente gli autori osservano che si tratta di un’arma a doppio taglio perché, dall’altro lato, quel forte ricorso alla “soft law” amplia la discrezionalità della BCE in misura potenzialmente esagerata ed espone al rischio di attenuare la “accountability” della BCE nei confronti di tutte le parti coinvolte.

In realtà, come ben messo in evidenza nel secondo capitolo, anche la seconda problematica che segna trasversalmente il volume – quella della frequente indeterminatezza formale del ruolo delle ANC nel loro rapporto di simbiosi con la BCE – ha implicazioni di rilievo su discrezionalità, “accountability” e impugnabilità. E questo ci porta al capitolo conclusivo dove Lucchini e Zoppini ci fanno capire che anche per la BCE “c’è un giudice a Berlino”, anzi in questo caso in Lussemburgo. È infatti la Corte di Giustizia dell’Unione Europea a essere chiamata in causa per le impugnazioni. In aggiunta, il capitolo finale discute il possibile coinvolgimento di altri fori nelle procedure di impugnazione. Gli autori, pure qui, non si limitano a svolgere una rassegna accurata delle argomentazioni in disciplina ma forniscono al lettore anche una discussione apprezzabile di casi concreti che sono passati in giudicato.

Nel complesso, perciò, il volume è ben fatto, è fruibile per un pubblico piuttosto ampio e svolge una funzione importante.

Accanto agli indubbi meriti dell’opera, il ruolo di commentatore mi impone di individuare anche ciò che forse si potrebbe migliorare. Mi limiterò a tre osservazioni principali. Un primo aspetto critico è che forse gli autori sottostimano altri fattori che hanno contribuito a superare la “regolazione all’orecchio”. Ad esempio, è difficile pensare che le grandi innovazioni tecnologiche non abbiano anch’esse giocato un ruolo in quella trasformazione. Nel ripensamento necessario oggi per l’industria bancaria pesano proprio le innovazioni tecnologiche, le sfide dell’economia digitale e dei nuovi protagonisti globali che da quel settore si espandono verso i servizi finanziari. Difficile immaginare che la regolazione informale potesse sopravvivere anche in assenza dell’Unione Bancaria. Una seconda debolezza è che Lucchini e Zoppini riconducono l’Unione Bancaria alla Crisi Finanziaria Globale del 2007-2009 che, a loro dire, avrebbe suscitato questa risposta europea. In un certo senso è vero. Però, occorre ricordare che l’Unione Bancaria nasce anche in risposta alla crisi dei debiti sovrani e al circolo vizioso tra debiti sovrani e sistemi bancari nazionali (il c.d. “doom loop”) che si era manifestato nel 2010-2012.

In effetti, la risposta al rapporto della Commissione De Larosière era stata l’istituzione dell’Autorità Bancaria Europea (l’EBA, accanto all’ESMA – l’autorità europea sui mercati – e all’EIOPA – l’autorità europea sui fondi pensione ecc.) e qualcuno pensa che forse non avremmo avuto l’Unione Bancaria se la crisi dei debiti sovrani non avesse innescato il “doom loop”. L’ultimo aspetto che voglio segnalare è l’opportunità di considerare meno di sfuggita anche gli altri due pilastri dell’Unione Bancaria, cioè non solo il Meccanismo di Vigilanza Unico ma anche il Meccanismo di Risoluzione Unico e l’iniziativa di Armonizzazione della Garanzia sui Depositi, le cui traiettorie hanno indubbiamente influenzato quella del Meccanismo di Vigilanza Unico. Stesso discorso vale forse per l’Unione del Mercato dei Capitali, provvedimento gemello dell’Unione Bancaria. Infine, di passaggio, noterei che non trova sviluppo adeguato nei tre capitoli del volume l’interessante suggestione – avanzata nell’introduzione – che il percorso di attuazione scelto per l’Unione Bancaria avrebbe avuto effetti asimmetrici tra i sistemi bancari dei vari paesi membri.

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