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Banca Ifis controcorrente: impieghi in crescita e sofferenze in calo

I risultati finanziari 2014 di Banca Ifis sono nettamente controcorrente rispetto allo scenario generale: cresce il sostegno alle imprese e alle famiglie (+13,1%) ma calano le sofferenze – Bossi: “Un anno eccellente di crescita vigorosa” – Pay out in linea con quello dell’anno scorso

Banca Ifis controcorrente: impieghi in crescita e sofferenze in calo

C’è oggi una banca in Italia che ha un Roe superiore al 20%? Sì ed è quella che punta sul finanziamento delle Pmi e sul recupero dei crediti retail in sofferenza. Nel 2014 la veneta Banca Ifis, di proprietà al 56% di Furstenberg Sebastien Egon, figlio di Clara Agnelli e Tassillo Fu¨rstenberg, ha chiuso il bilancio con utile in crescita e una riduzione del costo del rischio di credito: l’utile è salito del 13% a 95,9 milioni di euro, le rettifiche di valore nette per deterioramento dei crediti sono scese a 31,3 milioni dai 44,5 di fine dicembre (-29,7%) con la conseguente riduzione del costo del rischio di credito degli ultimi 12 mesi a 145 punti base da 244. “Il che significa – ha commentato l’ad Giovanni Bossi durante la presentazione dei risultati alla stampa – che facciamo credito bene perdendo pochino. Questo valore non è bassissimo ma noi diamo credito a imprese che altre banche finanziano poco”. La Banca è la prima tra gli istituti finanziari a presentare i conti 2014.

Ad aiutare Banca Ifis è il modello di business su cui si basa, il factoring: compra il rischio di credito dalle imprese piccole e viene pagato dalle grandi, le varie Fiat, Brembo, Barilla. Al contrario di quanto fanno le banche tradizionali che devono recuperare i finanziamenti erogati alle Pmi dalle stesse piccole e medie imprese. Il risultato è un aumento  del 13% delle imprese finanziate (4.279 imprese) e del 26,7% degli impieghi a 2.455 milioni. Tra i maggiori settori finanziati ci sono l’industria manifatturiera, le costruzioni, i trasporti e l’agricoltura. Da Nord a Sud: le prime dieci province per finanziamenti erogati sono Milano, Torino, Roma, Catanzaro, Bergamo, Catania, Firenze, Palermo, Salerno.

Nel complesso le attività deteriorate nette nel settore dei crediti commerciali (le uniche – precisa la banca nella nota sui conti – la cui dinamica è di effettivo interesse ai fini della considerazione della qualità del credito della banca) si attestano a 112,6 milioni di euro da 162,6 milioni a fine 2013, con un calo del 30,7%. E sono pari al 4,6% sul totale degli impieghi e al 25,7% rispetto al patrimonio netto della Banca. Il rapporto tra le sofferenze nette e gli impieghi nel settore Crediti commerciali scende all’1,3% dal 2,6%.

“Aumento dei finanziamenti alle Pmi (+13,1%) ed eccellenza nelle sofferenze (-30,7%) sono dati in assoluta controtendenza”, ha commentato Bossi che ha rilevato come la banca “è riuscita ad aumentare il sostegno a sempre più imprese e famiglie usando al meglio il proprio patrimonio, la propria liquidità e la propria capacità di offrire soluzioni adatte in un contesto esterno marcatamente negativo”. “Gli ottimi risultati nel settore del finanziamento alle imprese – ha continuato Bossi – sono ancora più rilevanti tenuto conto dei seguenti fattori: le sofferenze nette superano di poco l’1% in rapporto ai crediti commerciali; l’indice di copertura delle sofferenze tocca livelli eccellenti, all’86,4%, percentuale non rinvenibile nel sistema; il totale dei crediti deteriorati si attesta a meno del 30% del patrimonio netto. Questi risultati consegnano al mercato una Banca che ha saputo navigare nelle tempeste di quella che non possiamo più considerare “crisi” bensì una nuova “normalità” che ci vedrà presenti, con costanza e determinazione, a fianco di imprese, famiglie, risparmiatori e stakeholder”.

A fianco all’area dei crediti commerciali, che pesa per il 55,4% del margine di intermediazione e ha archiviato un risultato netto della gestione finanziaria in crescita del 50,7% a 122,5 milioni, Banca Ifis è attiva nei distressed retail loans (10,7% del margine di intermediazione), nei crediti fiscali (3,9%) e nel settore chiamato Governance & services (30%) che riguarda il portafoglio titoli in pancia alla banca.

Per quanto riguarda i distressed retail loans ha chiuso l’anno con un risultato netto della gestione finanziaria in progresso del 13,1% a 27,8 milioni. “Siamo l’unica banca italiana – dice Bossi – che va a comprare sofferenze da altre banche. Andiamo a riscuotere i crediti con piani sostenibili attraverso il saldo e stralcio, le cambiali ma anche una nuova modalità di recupero del credito che prevede un maggior ricorso alla sottoscrizione di piani di rientro (manifestazioni di volontà) rispetto alla raccolta cambiaria”. Il portafoglio titoli, infine, si è ridotto a 5 miliardi da 8,3 e verrà portato a scadenza.

Nel complesso, i numeri principali complessivi indicano un patrimonio in crescita del 15,1% a 437,8 milioni, impieghi di tutte le unit in crescita del 22,5% a 2.814,3 milioni, un margine di intermediazione in progresso del 6,3% a 280,9 milioni, un risultato netto della gestione finanziaria a 249,6 milioni (+13,7%) e una raccolta in calo a 7.742,4 milioni (-28,6%), su cui incidono le minori esigenze di liquidità della banca a fronte del rimborso dei Titoli di Stato. Il Roe si è attestato al 23,5%, sebbene in leggera riduzione dal 24,8% del 2013.Il Core Tier 1 e il Solvency ratio, calcolati secondo la normativa di Basilea 3, registrano rispettivamente un valore pari a 13,9% e 14,2%. Nel 2014 risultano in crescita anche le nuove assunzioni per l’istituto che ammontano a 125 unita’ inserite nel gruppo (+20% sull’esercizio precedente).

“Per il 2015 il sentiment è positivo – conclude Bossi – gli analisti ci fanno domande sulla sostituibilità dei rendimenti dei titoli di Stato (che negli ultimi anni hanno rimpinguato i risultati di tutte le banche italiane n.d.r). Siamo fiduciosi che li sostituiremo con l’attività core perché pensiamo di avere in mano un modello di finanziamento alle imprese che consente di limitare il rischio di credito e crediamo allo stesso tempo che diminuiremo il costo del funding, con eccezione di Rendimax che costa l’1,26% e che va avanti al massimo altri due anni (quando va a scadenza ndr.)”. La Banca rileva anche che  continuerà a “valutare ulteriori nuove opportunità che dovessero presentarsi nel mercato”.

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