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Autostrade, Benetton verso il disgelo con Laghi al vertice

Si moltiplicano i segnali distensivi da parte dei Benetton nei confronti del governo: dalla proposta sulle tariffe all’arrivo dell’ex commissario Alitalia come Ad di Edizione Holding. Rimangono tuttavia alcune “mine” da disinnescare sulla via di un accordo con Palazzo Chigi

Autostrade, Benetton verso il disgelo con Laghi al vertice

Se non ora quando? Si moltiplicano, dopo i giorni del grande freddo, i segnali di un possibile accordo su Aspi, la principale controllata di Atlantia, e la famiglia Benetton, a sua volta prima azionista del colosso delle infrastrutture. Una previsione che spiega l’andamento positivo del titolo giustificata da diversi indizi. Va senz’altro in questa direzione la nomina di Enrico Laghi, ex-commissario di Alitalia, alla presidenza della holding Edizione, in sostituzione di Gianni Mion. L’interlocutore giusto, per tentare di riaprire un canale di comunicazione con Palazzo Chigi e con il resto del governo. 

Ma altri gesti confermano che da parte Benetton sta prevalendo l’ipotesi dell’accordo. Nei giorni scorsi Autostrade (Aspi) ha inviato alle autorità una proposta di Piano economico e finanziario (Pef) che accoglie i rilevi dell’Autorità per la regolamentazione dei trasporti (Art) per risolvere le divergenze emerse in ottobre. Lo ha riferito domenica una fonte a conoscenza della vicenda, aggiungendo che l’incremento tariffario medio contenuto nella nuova proposta è al di sotto del tetto di 1,75% imposto dall’Art. 

Sabato Autostrade ha anche informato il ministero dei Trasporti di aver accettato l’atto aggiuntivo, un documento contrattuale legato al Pef. Se si aggiunge il sì all’atto transattivo per la chiusura della procedura di revoca, Aspi sostiene di aver accettato tutti gli atti proposti formalmente dal governo nella formulazione chiesta dall’esecutivo. A questo punto la palla dell’Economia, per l’ok finale al Pef. Ma forse non andrà così.

Il motivo? Le intercettazioni alla base dei provvedimenti restrittivi nei confronti dell’ex ad Giovanni Castellucci hanno ridato voce ai falchi che chiedono la revoca della concessione. Senza indennizzo, se passasse la tesi (poco probabile) che all’origine del crollo del ponte Morandi ci sia stato un sistematico taglio doloso della manutenzione. Un’ipotesi da brivido se si pensa alle ricadute su Atlantia, destinata a sicuro default e sugli azionisti di minoranza, alcuni del calibro di Allianz o del fondo sovrano di Singapore. Roba da far tremare dalle fondamenta l’edificio dei Btp. Un’ipotesi remota, ma probabilmente sufficiente a far slittare l’offerta non vincolante di Cdp, assieme ai fondi Macquarie e Blackstone per Aspi che dovrebbe scadere il 30 novembre, la stessa data dell’insediamento di della Procura di Genova, previste per la fine di gennaio.

Le parti sono lontane anche parlando di quattrini da stanziare per la manutenzione evolutiva, voce entro cui rientrano i lavori per mettere in sicurezza viadotti e gallerie per mettersi in regola con gli standard Ue e rimediare all’incuria del passato. Le manutenzioni necessarie ammontano, secondo gli esperti, a 20 miliardi. Aspi ne propone 7 fino al 2038, data di scadenza della concessione più 3,4 miliardi offerti in compensazione da Atlantia. Per far fronte alla differenza si ricorrerà a contributi pubblici ed al rincaro delle tariffe che, secondo l’utima proposta sarà inferiore all’1,75% previsto dall’Art (probabilmente 1,67%). Assai al di sotto dell’1,91% spuntato dal gruppo Gavio per Astm. Ma le vie delle autostrade sono davvero infinite.  

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