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Alle elezioni amministrative vince il centrosinistra. E in Borsa vola De Benedetti

Ottima performance di Cir, la cassaforte dell’Ingegnere. L’exploit potrebbe essere collegato all’avvicinarsi del responso d’appello sul risarcimento di 750 milioni di euro, che sembrano più vicini con il nuovo contesto. Tremonti, polemico, punta il dito sulle banche (e vuole parlare prima di Emma). Merkel dà la carica alle alternative

Alle elezioni amministrative vince il centrosinistra. E in Borsa vola De Benedetti

L’impatto delle elezioni sul listino di Milano? Trascurabile , com’è ormai la norma sui mercati finanziari che rispondono a ben altre logiche che agli equilibri di un consiglio comunale. “L’impatto sarà modesto – anticipa Graziano Tarantini, presidente del consiglio di sorveglianza di A2A – l’importante è che non venga toccata l’autonomia dei manager”. Nessuna reazione anomala nemmeno tra le società della scuderia del presidente del Consiglio, comunque in lieve calo con l’eccezione della Mondadori. Forse il dato di maggior rilievo riguarda Cir, cassaforte del gruppo De Benedetti che ha messo a segno un rialzo del 3,92 per cento. Un exploit che potrebbe essere collegato all’avvicinarsi del responso d’appello della magistratura sul risarcimento dovuto a Cir come risarcimento danni. Nella nuova cornice politica, insomma, quei 750 milioni di euro sembrano sempre più vicini. Inoltre una mano all’Ingegnere l’ha dato anche il boom delle rinnovabili in Borsa. Nella scuderia di De Benedetti c’è, infatti, Sorgenia.

Moody’s avverte: tra 3 mesi probabile taglio rating Giappone

“Non si vede una strategia credibile per ridurre il debito pubblico”, scrive Moody’s in una nota del 31 maggio spiegando la probabile retrocessione del Giappone dopo l’outlook negativo emesso ad aprile. La notizia non ferma il Nikkei, in ascesa dell’1,41 per cento. Avvio in terreno positivo anche per l’Hang Seng di Hong Kong (+0,85%) che per lo Shanghai Composite (+0,46%),

Tremonti a Brescia: “Troppi derivati, la moneta la battono i finanzieri” e in Bocconi ascolta Bruti Liberati: un Ministero a Milano? La Giustizia”

Giulio Tremonti , dopo aver incassato in mattinata l’esito posiivo delle aste dei titoli di Stato. impone la sua scaletta ai lavori dell’assemblea dell’associazione industriale bresciana, pretendendo di parlare per ultimo, non dopo la “padrona di casa”, il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. A dimostrazione dell’antipatia che il ministro prova verso il leader degli industriali ma anche a conferma di una certa spigolosità di toni che non giova al suo passo di politico. Ma l’analisi della congiuntura internazionale e dei pericoli insiti nella crisi dell’eurozona (e non solo) merita grande attenzione: “La medicina del debito – ha detto – ammesso che fosse una medicina, è finita. Nella prima fase della crisi si è risposto con le risorse del debito pubblico che ora sono finite. E due o tre anni che potevano essere diversi sono stati utilizzati in modo sbagliato”. “Sono state salvate le banche perché erano sistemiche, ma così si è salvata anche la speculazione che gli istituti avevano in pancia”. “La massa dei derivati è praticamente pari a prima della crisi, ai livelli del 2007: la moneta non la battono più gli Stati, ma i finanzieri o i banchieri”. Più rilevante sul piano politico, l’incontro in Bocconi con Edmondo Bruti Liberati, procuratore capo di Milano, il grande nemico agli occhi di Silvio Berlusconi. Il magistrato ha parlato di rischio prescrizione per i reati finanziari. “La giustizia è troppo lenta –ha detto il procuratore . Se proprio si dovesse trasferire un ministero al Nord forse sarebbe quello della Giustizia”.

Moebius la pensa come Tremonti. “Troppi derivati, crisi dietro l’angolo”. Ma ha una prospettiva: “L’Africa dà molto più affidamento”

“La prossima crisi è inevitabile perché non è stata corretta nessuna causa della crisi precedente”. La diagnosi che ha fatto ieri a Tokyo Mark Moebius, mitico presidente esecutivo di Templeton Asset Management per i mercati emergenti, ricalca in maniera impressionante l’analisi fatta da Giulio Tremonti a Brescia poche ore dopo. Ecco una sintesi dell’incontro con la stampa internazionale di cui riferisce l’agenzia Bloomberg. “C’è stato un intervento per dare regole al mercato dei derivati? – si domanda Moebius – A me non risulta. Forse è calato il numero dei derivati in circolazione? A me non risulta”, dice Moebius spiegando le ragioni del suo scetticismo sull’attuale trend dei mercati anche se i grandi squilibri finanziari offrono grandi opportunità per gli investitori, che in questi ultimi due anni hanno potuto trarre profitto dall’enorme liquidità pompata dai governi, da Washington a Pechino o dalla Bce. Resta il fatto che questa crisi, nata per gli errori di “banche troppo grandi per poter fallire” non ha frenato il gigantismo del credito. “La banche – ha detto Moebius – oggi sono ancora più grandi. Anzi, gli istituti too big to fail sono destinati a crescere, secondo le previsioni di un buon 40 per cento nei prossimi 15 anni”. In sostanza, le grandi banche sono oggi, a detta di Moebius, meno governabili di tre anni fa, nonostante l’intervento dei regolatori. Per questi motivi il presidente di Templeton continua ad affidarsi alle possibilità di crescita dei Paesi emergenti. L’ultima sua scommessa è la Nigeria dove cinque titoli sugli otto che compongono il paniere Msci Nigeria rappresentano banche, evidentemente non “too big to fail”. Al contrario “si tratta di istituti che hanno fatto passi da gigante sul terreno della trasparenza grazie alla miglior affidabilità dei regolatori”.

La Merkel dà la carica alle alternative

Entro il 2022 verranno fermate, in maniera definitiva le 17 centrali nucleari attive sul territorio tedesco. La decisione dell’esecutivo ha esso le ali, in tutta Europa, ai titoli delle energie alternative. Milano non ha fatto eccezione: Enel Green Power ha guidato la corsa delle blue chips con un rialzo che ha sfiorato il 5 per cento seguita da Terni Energia ed altri valori legati alle rinnovabili, vedi la Falck renewables.

Marchionne fa shopping anche in Canada

La scalata di Fiat alla Chrysler è così veloce che gli analisti faticano a fare e rifare i conti. Ma anche ieri, nonostante l’assenza di flussi di compravendite da New York e Londra il titolo torinese ha proseguito la sua marcia al rialzo: +8% nelle ultime cinque sedute. Piace sia l’esercizio della call nei confronti del 6,6% ancora in mano al Tesoro Usa che l’acquisto ormai imminente della restante quota dell’1,6 del Canada. In questo modo la Fiat si emancipa del tutto dai controlli politici sulla gestione. Si cerca intanto di valutare l’impatto immediato del consolidamento di Chrysler nei conti del Lingotto: la prima conseguenza della traduzione dei conti Chrysler nei parametri Irsf, sarà quello di aumentare gli utili rispetto al patrimonio con l’effetto di ridurre il rapporto prezzo utili da 9,5 a 4,6 volte (analisi di Mediobanca). Sul piano industriale, nell’attesa di una riscossa nel Vecchio Continente, le prospettive migliori restano dall’altra parte dell’Oceano Atlantico. Basti dire che sul New York Times di ieri, in prima pagina, spiccava un servizio dedicato alla riscossa delle vetture compact di piccole e medie dimensioni che oggi rappresentano un quarto delle vendite, il doppio di dieci anni fa. E su quel terreno Fiat si sente competitiva.

Gheddafi punizione record da Goldman

Una perdita degna del Guinness dei primati: il 98% del capitale investito, ovvero 1,3 miliardi di dollari. Tanti ne perse nel 2008 il colonnello Muhammar Gheddafi presso Goldman Sachs che per questo cliente di riguardo (si fa per dire) aveva studiato sofisticate operazioni sui cambi e sui derivati. La notizia, apparsa su “The Wall Street Journal” sulla base di documenti consegnati ad una commissione del Senato Usa, fa da cornice ad una clamorosa trattativa mai andata in porto: tra il febbraio ed il giugno del 2009 GS offrì più volte al Lia, il fondo libico, l’opportunità di entrare nel capitale con 3,7 miliardi di dollari, diventandone uno dei maggiori azionisti. Ma alla fine la trattativa fallì.

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