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Aiuti al Sud? Più danni che benefici: ecco perché

Un pamphlet degli economisti Antonio Accetturo e Guido De Blasio dimostra che decenni di programmi pubblici per il Mezzogiorno non solo non hanno ridotto la frattura col resto del Paese, ma in molti casi hanno fatto danni.

Aiuti al Sud? Più danni che benefici: ecco perché

“Morire di aiuti. I fallimenti delle politiche per il Sud (e come evitarli”. Il titolo del pamphlet, scritto dai due economisti Antonio Accetturo e Guido De Blasio, dice già molto: decenni di aiuti economici per il Meridione italiano non solo non hanno ricucito la frattura col resto del Paese, ma anzi hanno creato più problemi che altro. Accetturro e De Blasio li passano in rassegna tutti: gli incentivi alle imprese della legge 488 del 1992, la cui efficacia è stata “modesta”; i contratti di programma nati nel 1986, che hanno “funzionato poco”; i patti territoriali che non avrebbero avuto “nessun effetto”, così come i contratti d’area; i programmi operativi regionali, il cui impatto è stato “debole e molto vicino allo zero”; e le recenti politiche per l’innovazione, note come smart specialization strategies, persino nocive, come le politiche di riqualificazione urbana, “il cui effetto di rilievo è stato l’aumento dei prezzi delle abitazioni“.

Ma oltre a non funzionare, tutti questi programmi di aiuti per risollevare le aree più disagiate del Paese, avrebbero creato risultati indesiderati in termini di crescita, produttività e occupazione, oltre che di fenomeni mafiosi e di corruzione. “Un disastro di rara potenza”, lo definisce Nicola Rossi nella prefazione del libro, edito da IBL Libri, dovuto anche a una gestione non centralizzata di progetti e fondi. Ricordando la vicenda della Cassa del Mezzogiorno, i due autori rilevano che “nel periodo in cui il programma di aiuti venne gestito in base a un assetto centralistico, vi sarebbe stata evidenza di benefici sulla crescita economica del Sud. Le evidenze cambiano, e drasticamente, quando gli esponenti politici locali iniziano ad avere un ruolo nella gestione degli interventi”.

Risultati immagini per morire di aiuti
La copertina del libro

IL CONFRONTO CON GLI ALTRI PAESI

Particolarmente interessante è poi il confronto con altri esperimenti analoghi all’estero, per lo più a livello locale. Negli Stati Uniti ad esempio la Tennessee Valley Authority è stato uno dei più generosi programmi per lo sviluppo locale: gli interventi erano centratti soprattutto sugli investimenti infrastrutturali, in particolare dighe (per l’indipendenza energetica), ma anche canali, strade, scuole. Tra il 1933 e il 2000 i fondi sono stati pari a 20 miliardi di dollari e uno studio ha dimostrato che la TVA sia stata efficace, curando i mali del sottosviluppo e promuovendo l’industrializzazione dell’area, e anche migliorando le condizioni economiche delle famiglie. Non c’è però stato l’effetto sistemico sull’economia dell’intera nazione: la TVA è stata un gioco a somma zero per gli Usa, un programma che ha ridotto le disuguaglianze interne ma senza effetti benefici per l’economia a stelle e strisce nel suo complesso.

Progetti analoghi sono stati effettuati in Francia, Regno Unito e Germania, con risultati contrastanti ma comunque non negativi come quelli italiani. Ad esempio i PAT (Prime d’Aménegement du Territoire) sono l’esperimento più simile a quanto visto anche in Italia, a metà strada tra gli incentivi della 488 e i Contratti di programma (questi ultimi esplicitamente finalizzati all’attrazione di imprese dall’estero). Risultati? Secondo uno studio, positivi anche se quantitativamente limitati.

IL CASO DI SCUOLA: LA RICOSTRUZIONE POST-TERREMOTO

Un esempio tipico dell’inefficienza degli aiuti al Sud, specie in aree ulteriormente disagiate a causa di disastri naturali come i terremoti, è appunto la ricostruzione. Qui uno studio ha confrontato le vicende successive a due importanti eventi sismici, ravvicinati nel tempo ma uno al Nord e l’altro al Sud: Friuli 1976 e Irpinia 1980. Entrambe le aree hanno ricevuto ingenti finanziamenti, rispettivamente pari al 3,8% e al 5,7% del Pil regionale, facendo una media nel decennio successivo al terremoto. Per ciascuna regione lo studio offre una previsione controfattuale, cioè quanto sarebbe cresciuto il Pil pro capite locale con i parametri precedenti al tragico evento. I risultati sono diametralmente opposti: nel Friuli il Pil pro capite reale è cresciuto del 23% rispetto a quello controfattuale, mentre in Irpinia è risultato inferiore del 12%. La differenza l’ha fatta il “contesto istituzionale”: il livello di corruzione è stato decisamente più alto nell’area meridionale, e questo ha determinato non solo mancati benefici ma persino danni.

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