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Agricoltura, immigrati: ecco come metterli in regola

Nel decreto di rilancio dell’economia trovano spazio anche delle norme di civiltà, per mettere in sicurezza decine di migliaia di lavoratori (anche italiani) nei campi e nelle case degli anziani (colf e badanti) – La commozione della ministra Bellanova dopo una dura battaglia vinta

Agricoltura, immigrati: ecco come metterli in regola

Alla fine la ministra Teresa Bellanova ha vinto la sua battaglia. Commuovendosi (qualcuno l’ha paragonata a Elsa Fornero, ma stavolta la notizia era buona), ha annunciato che “gli invisibili ora sono meno invisibili. Lo Stato è più forte del caporalato”. Dopo le fortissime polemiche da parte dell’opposizione e quelle incredibili all’interno della stessa maggioranza (Movimento 5 Stelle, cercando di interpretare l’onda del sentimento popolare del momento), il Governo ha inserito nel decreto l’attesa regolarizzazione degli immigrati che lavorano nei campi di tutto il Paese, soprattutto al Sud, garantendo in questi mesi difficili il sostentamento a milioni di italiani.

Una norma anti-caporalato ma anche una norma di civiltà, persino tardiva e parziale, visto che a questi lavoratori, mai riconosciuti fino a ieri, viene ora concesso solo un permesso di soggiorno temporaneo, per un massimo di 6 mesi. “È un provvedimento di emersione del lavoro nero che garantisce le esigenze del mercato del lavoro e le condizioni di sicurezza dei lavoratori”, ha sintetizzato la ministra dell’Interno Luciana Lamorgese, lasciando intendere che le esigenze tecniche siano state comunque prevalenti rispetto a quelle umanitarie.

CHI PUO’ CHIEDERLO

A beneficiarne saranno dunque i lavoratori stranieri dalla fedina penale pulita, presenti in Italia da prima dell’8 marzo, che già nel 2019 hanno avuto un contratto di lavoro o chi, con permesso di soggiorno scaduto, può chiederne il rinnovo per ricerca di lavoro. Solo lavoratori del comparto agricolo (braccianti ma anche del settore pesca, allevamento, acquacoltura) e della cura della persona (colf e badanti). Esclusi quelli dell’edilizia e della logistica, che di fatto sono almeno la metà dei lavoratori immigrati in nero.

Da sottolineare comunque che il provvedimento interessa anche gli italiani irregolari (in quel caso la richiesta va presentata all’Inps, mentre gli stranieri si devono rivolgere allo sportello unico per l’immigrazione): certo sono pochi in proporzione, ma in queste settimane difficili per tutti, in cui all’appello nei campi mancano circa 240.000 stagionali, anche gli italiani stanno rispondendo presente. Si sono messi in fila in 24 mila per il lavoro di bracciante agricolo: 12 mila (su 17 mila totali) nel portale Agrijob di Confagricoltura; 9.500 su diecimila in quello di Coldiretti, Jobbing Country; altri duemila su 2.500 in quello della Cia, partito solo il 24 aprile.

COME CHIEDERLO

Per regolarizzare i lavoratori ci sarà tempo dal 1° giugno al 15 luglio, attraverso due canali: può fare richiesta il datore di lavoro dichiarando un contratto di lavoro in atto dietro il pagamento di un forfait di 400 euro; può farlo il lavoratore, con permesso di soggiorno scaduto entro il 31 ottobre, che (con un’offerta di lavoro) ottiene un nuovo permesso di sei mesi da convertire in permesso di lavoro dietro pagamento di 160 euro. Il prossimo obiettivo è risolvere il problema delle baraccopoli dove alloggiano molti di questi immigrati: una situazione nota da tempo ma che l’emergenza sanitaria ha portato alla ribalta, e che va risolta per la sicurezza di tutti.

Su questo fronte saranno Comuni e Regioni a dover trovare soluzioni adeguate (non mancheranno le polemiche), ma intanto l’emersione dal lavoro nero significa anche l’accesso al sistema sanitario per gli immigrati, a cominciare dai tamponi.

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