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Addizionale Irpef e rendite finanziarie: ecco cosa ci aspetta

Brutte notizie sotto l’ombrellone per gli italiani più ricchi – Chi guadagna più di 90mila euro è chiamato a un “contributo di solidarietà” del 5% sulla tassazione – Oltre i 150mila euro l’aliquota raddoppia – Ma resta possibile anche una riedizione del contributo del 2005 – Intanto, si fa strada l’armonizzazione al 20% delle tasse sulle rendite.

Addizionale Irpef e rendite finanziarie: ecco cosa ci aspetta

Che la si chiami “supertassa” o “contributo di solidarietà”, l’unica certezza è che non ha nulla a che vedere né con una patrimoniale né con l’eurotassa prodiana del 1997. L’ultima trovata del Governo per racimolare una buona fetta dei 20-25 miliardi necessari a raggiungere il pareggio di bilancio nel 2013 è un’addizionale Irpef sui redditi medio-alti. Il decreto che stasera sarà emanato dal Consiglio dei ministri dovrebbe stabilire un prelievo del 5% sulla parte di reddito dei lavoratori dipendenti e autonomi compresa fra i 90 e i 150mila euro. Oltre questo limite di ricchezza l’aliquota sale al 10%.

Non sarà un intervento isolato, ma avrà una durata di almeno due-tre anni. Resteranno esclusi solo i “pensionati d’oro”, già colpiti da un provvedimento simile contenuto nella manovra del mese scorso, e i dipendenti pubblici, che fino al 2014 subiranno tagli nelle buste paga per i redditi superiori ai 90mila euro. Ma con ogni probabilità riusciranno a cavarsi dalla ragnatela anche i grandi evasori, soprattutto quelli che possono permettersi di intestare i propri conti a società con sede all’estero. Il rischio è, come sempre, che i patrimoni più grandi riescano ancora una volta a salvarsi, ma di fronte alla casa che brucia e alle incalzanti sollecitazioni della Ue mettere le mani nelle tasche degli italiani è pressochè inevitabile.

 Esiste tuttavia un’altra possibilità, caldeggiata peraltro dal governatore di Bankitalia Mario Draghi. Si tratterebbe in sostanza di ricalcare il contributo del 2005, aumentando del 2% l’aliquota marginale Irpef più elevata, attualmente al 43%. Se sarà scelta questa strada, a pagare saranno anche gli italiani con stipendi più bassi, a partire dai 75mila euro annui. Altra norma cardine del decreto anti crisi in via d’approvazione è quella sulla tassazione delle rendite finanziarie.

E’ prevista l’armonizzazione al 20% di tutte le aliquote, il che significherebbe un aumento del 7,5% per il prelievo su azioni, obbligazioni e fondi (attualmente al 12,5%) e una riduzione del 7% per quello su depositi bancari e postali (ora al 27%). Gli unici titoli a non essere toccati dalla livella sarebbero Bot e Btp, che continuerebbero ad essere tassati al 12,5%. Il rischio che gli investitori smettano di comprare i nostri titoli di Stato, evidentemente, è già abbastanza alto. (c.mu.)

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