La fama non è delle migliori tra gli operatori dei mercati finanziari. Da quasi un secolo settembre è stato additato come un mese negativo, o terribile o ribassista, insomma non un buon modo per il riprendere il lavoro dopo le vacanze. Il settembre 2025 appena iniziato potrebbe smentire la fama? Tutto sommato siamo probabilmente alla vigilia di un taglio dei tassi, mentre la crescita degli utili delle aziende americane rimane solida. Ma siamo solo all’inizio del mese. La strada è ancora lunga e costellata da non pochi trabocchetti: eventi, dati, sentenze, crisi di governo, persino il giorno delle Tre Streghe che potrebbero confermare la sua nomea oppure no. Quel che è certo è che non mancherà la volatilità. Vediamo perché.
Una nomea che dura un secolo
Intendiamoci. Non c’è nulla di così preciso che possa indicare la vera causa dell’attribuzione a settembre di appellativi così negativi. Ma certamente il fiume della storia ha portato molti esempi. Tutto è iniziato nel 1928: da quell’anno è stato constatato che l’indice S&P 500 ha registrato un calo medio dell’1% proprio nel mese di settembre. Lo “Stock Trader’s Almanac” riporta costantemente che settembre è il mese in cui gli indici principali Usa registrano in genere le performance più negative. Ma questa tendenza si estende oltre i mercati statunitensi, interessando le borse di tutto il mondo.
Qualche esempio? Tra le flessioni di settembre degne di nota si annoverano il Black Friday del 1869, i cali significativi dopo gli attentati dell’11 settembre 2001 e il brusco calo durante la crisi dei mutui subprime del 2008.
Negli ultimi 25 anni, il rendimento medio dell’S&P 500 a settembre è leggermente migliorato, attestandosi a -0,4%, mentre dal 1950, il rendimento medio dell’indice S&P 500 nel mese di settembre è stato del -0,68%, secondo Ryan Detrick di Carson Group. Arrotondando al primo decimale, settembre è l’unico mese con un rendimento medio negativo negli ultimi 75 anni. Nell’ultimo decennio poi ha registrato in media il -1%.
A che cosa attribuire l’andamento in calo?
A parte la reputazione, visto che i numeri non mentono, analisti ed esperti finanziari sono andati alla ricerca delle cause costanti che negli anni hanno dato il tono negativo a questo mese. Alcuni lo attribuiscono a modelli comportamentali stagionali, come il ritorno degli investitori dalle vacanze estive e l’adeguamento dei loro portafogli. Alcuni analisti sottolineano l’imminente fine dell’anno fiscale, con i gestori di fondi che potrebbero cercare di svendere i titoli con le peggiori performance. Altri sostengono che le vendite legate alle tasse siano un fattore determinante, sempre perché i gestori di fondi stanno liquidando le posizioni in perdita, questa volta per limitare o compensare le plusvalenze. Qualcuno cita persino le vendite di singoli investitori che liquidano i titoli per coprire le spese del rientro a scuola. Ma, a furia di vedere settembre pessimo, gli investitori tengono ad aspettarseo di nuovo, dando vita a una profezia che si autoavvera.
Settembre 2025 confermerà o smentirà la cattiva reputazione?
Nonostante queste tendenze di lungo periodo, gli esperti avvertono che non tutti i mesi di settembre sono stati uguali e che negli ultimi tempi si sono visti segni contrari. Potrebbe essere il caso anche di questo settembre 2025? Tutto sommato siamo probabilmente alla vigilia di un taglio dei tassi, mentre la crescita degli utili delle aziende americane rimane solida. Molti sono i dossier ancora aperti questo mese e tutto e il contrario di tutto può ancora accadere. Vediamo che cosa è accaduto finora e che cosa c’è da aspettarsi.
Mercato obbligazionario: sentinella di deficit e debito pubblico
Questa prima settimana di settembre la preoccupazione maggiore è andata sul mercato obbligazionario di tutto il mondo che ha visto una consistente crescita dei rendimenti nella parte a lunga della curva: una sorta di allarme che ci ha ricordato i rischi per l’aumento dei deficit pubblici e del debito accumulato.
Una delle caratteristiche del mese di settembre è solitamente la grande offerta di titoli obbligazionari da parte di governi, banche e aziende che, dopo le vacanze, vogliono mettere fieno in cascina e “coprirsi” per il resto dell’anno. I quantitativi richiesti al mercato sono enormi, ma decisamente più grandi sono le richieste degli investitori, allettati da rendimenti a lunga saliti in tutto il mondo. Mentre il rendimento dei titoli trentennali statunitensi è salito in vista della soglia psicologica del 5%, quello dei titoli britannici ha raggiunto il livello più alto dal 1998. Il tasso equivalente sui titoli francesi è salito di sei punti base, al 4,51%. Il timore principale è l’aumento dei deficit pubblici e del debito. Lo è per gli Usa dove Trump sta portando avanti la sua politica commercale e la sua spinta all’intelligenza artificiale. Lo è per la Francia dove il premier proprio lunedì chiederà la fiducia mentre chiede una manovra monster per Parigi di 44 miliardi. Nelle ultime ore le quotazioni sono scese dai picchi, ma gli investitori restano all’erta: dopo essere arrivati a quei livelli chiave, basta qualche notizia negativa per superarli innescando reazioni a catena.
A settembre si saprà se la Fed resterà indipendente
Uno degli argomenti critici dei prossimi giorni sarà l’invadenza di Trump sulle istituzioni Usa. In particolare i merctai sono preoccupati per l’indipendenza della Fed: dopo che il presidente Usa fin dall’inizio del suo mandato ha attaccato il presidente Fed Jerome Powell minacciandolo di licenziamento, in questi giorni le ritorsioni si sono state rivolte alla governatrice, Lisa D. Cook, la quale tuttavia ha fatto ricorso e si attende, probabilmente proprio in questo mese, una risposta. Per gli investitori l’attacco all’indipendenza della Fed èp uno dei motivi che potrebbe scatenare pesanti sell-off. Non dimentichamo che Trump il mese scorso ha licenziato il capo del Bureau of Labor Statistics, quando ha reso noto le revisioni ai dati, con l’accusa di voler manipolare i dati per scopi politici.
Attesa per la sentenza della Corte Suprema sui dazi di Trump
Resta ancora aperto anche il file sui dazi: una corte d’Appello federale ha dichiarato illegali molti dei dazi applicati da Trump, perchè l’azione è andata oltre i poteri di un presidente Usa. Quest’ultimo ha fatto ricorso presso la Corte Suprema nella speranza di ribaltare la sentenza, chiedendo un rito accelerato. L’esito, anche questo, potrebbe arrivare entro la fine di questo mese. In questo caso, buona parte di quel castello di imposizioni e accordi organizzato da Trump potrebbe cadere, scatenando altra volatilità sui mercati. Persino Trump ha detto che le conseguenze potrebbero essere disastrose.
Il 19 settembre è il giorno delle Tre Streghe
Se ancora non bastasse, a trasformare i mercati in un frullatore, bisogna anche considerare il 19, il terzo venerdì di settembre, si verificherà il cosiddetto “triple witching”. In questa giornata scadono contemporaneamente tre tipi di contratti derivati: opzioni su indici azionari, opzioni su azioni singole e futures su indici azionari, provocando un aumento della volatilità e dei volumi sul mercato finanziario.
Il possibile taglio dei tassi Fed il 17 settembre
Il dato di venerdì sul mercato del lavoro Usa ha confermato le attese degli analisti. Poi entrerà in scena l’inflazione con il rapporto sull’indice dei prezzi al consumo in uscita l’11 settembre. Nel complesso questi dati dovrebbero confermare le attese di un taglio dei tassi da parte della Fed il prossimo 17 settembre di 25 punti base. Ma le insidie potrebbero nascondersi anche qui: come sta veramente l’economia Usa? Il taglio dei tassi potrebbe riflettere un rischio di recessione o di stagflazione dopo i dazi di Trump?