Come tante volte nel passato, anche questa volta la Biennale di Venezia stupisce, interpretando e anticipando il futuro. Lo fa alla vigilia dell’apertura della 19esima Mostra Internazionale di Architettura (10 maggio – 23 novembre 2025), curata da Carlo Ratti e intitolata “Intelligens. Natural. Artificial. Collective”. Mentre i cardinali si chiudono in conclave, il presidente della Biennale, Pietrangelo Buttafuoco, illustra la punta di diamante della nuova edizione: come per le arti visive, anche qui ci sarà il Padiglione della Santa Sede.
Biennale di Venezia: un’istituzione che anticipa il futuro
L’unicità della Biennale, spiega Buttafuoco, è “materia viva del divenire”, un’istituzione che “si muove dentro il presente, non come mera cronaca, ma come spazio in cui gli eventi si compiono prima ancora di essere storicizzati”. “Noi – ricorda – abbiamo avuto il privilegio di essere stati la scena di una prima volta fondamentale: un pontefice in visita alla Biennale, con Francesco qui nel 2024. E uno dei gioielli della Biennale Architettura 2025 è proprio il Padiglione della Santa Sede, che mi piace sottolineare”.
“Finalmente – aggiunge Buttafuoco – gettiamo alle spalle le ‘schitarrate’ sul sagrato e torna potente la bellezza”. Bellezza che trova piena espressione nel Padiglione della Santa Sede, definito “emozionante, forte, potente”.
Venezia come specchio del mondo
Venezia si fa ponte con il nuovo mondo. E con l’inizio del conclave mercoledì, i 133 cardinali che sceglieranno il leader degli 1,4 miliardi di cattolici del mondo lo faranno sapendo che raramente negli ultimi tempi la politica globale e la società civile hanno influito così tanto sulle loro decisioni.
Il presidente della Biennale spiega che Venezia non è solo un palcoscenico per il confronto tra nazioni, ma è un luogo dove, attraverso ogni dettaglio della città, si riflette il mondo intero. “Se appoggiamo lo sguardo su qualunque particolare di questa città, leggiamo il mondo”, afferma il presidente della Biennale. “Da San Marco, con la sua imponente facciata, al simbolo del leone, che racchiude in sé significati di universalità, Venezia è una città che ha saputo rappresentare, nel corso dei secoli, l’incontro tra culture diverse“. Il presidente della Biennale sottolinea come “la storia e l’arte veneziana non siano solo una testimonianza di un passato glorioso”, ma siano anche “portatrici di un messaggio universale che ha il potere di toccare sensibilità e linguaggi di tutte le latitudini”. La Biennale, in questo contesto, “non è solo una vetrina di eccellenze artistiche, ma diventa un luogo dove si confrontano le sfide globali e si ricercano soluzioni che spaziano oltre i confini nazionali”.
Carlo Ratti e la visione per il futuro
Con oltre 750 partecipanti e 66 Paesi coinvolti, la 19esima edizione esplora l’intelligenza naturale, artificiale e collettiva per progettare un mondo più vivibile secondo il progetto di Carlo Ratti, architetto-ingegnere e direttore del Senseable City Lab del MIT di Boston. “Venezia – spiega Ratti – è il nostro modello locale per una visione globale, un luogo fragile, ma pieno di soluzioni: è qui che l’architettura può imparare a cambiare pelle”. Per farlo, Ratti ha scelto di dare voce non solo agli architetti, ma anche a scienziati del clima, ingegneri, matematici, filosofi, programmatori, agricoltori, stilisti, artisti, chef e scrittori. Oltre 750 partecipanti da ogni angolo del globo, un vero esercito creativo che porterà in mostra più di 280 progetti. Una rivoluzione nella rivoluzione: per la prima volta saranno ben 66 le partecipazioni nazionali – con 26 Padiglioni ai Giardini, 25 all’Arsenale e 15 nel cuore della città – tra cui quattro debutti assoluti: Azerbaijan, Oman, Qatar e Togo. Tra i momenti più attesi, il ritorno sulla scena veneziana di Michelangelo Pistoletto, maestro dell’Arte Povera, con un’installazione speciale che promette di essere uno degli highlight dell’edizione.
La Biennale si diffonde in tutta Venezia
Il Padiglione Centrale sarà in restauro per tutto il 2025, ma la Mostra si diffonderà come una rete neurale nella città, coinvolgendo Giardini, Arsenale e centro storico, con installazioni e prototipi sparsi anche nei sestieri e nelle sedi universitarie. Cuore della Mostra saranno le Corderie dell’Arsenale, dove i visitatori verranno accolti da una provocazione: mentre le temperature globali salgono, la popolazione mondiale diminuisce. Da lì, si entrerà in tre mondi tematici: “Natural Intelligence”, “Artificial Intelligence”, “Collective Intelligence”, fino ad arrivare alla sezione “Out”, dedicata allo spazio. “Lo spazio non è una via di fuga, ma uno specchio: esplorarlo serve a migliorare la vita sulla Terra”, afferma Ratti. La Biennale 2025 rompe anche un altro schema: quello dell’élite autoreferenziale. “Abbiamo costruito la Mostra dal basso”, spiega Ratti, ricordando la call “Space for Ideas” lanciata nel 2024 che ha fatto emergere voci nuove, spesso ignorate. Così, accanto a Premi Pritzker, ex curatori della Biennale, premi Nobel e professori emeriti, troveremo neolaureati, giovani sperimentatori e artigiani digitali. Dai 90enni che ancora innovano, ai ventenni appena entrati nel mondo del progetto: una vera intelligenza collettiva, senza gerarchie.