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Assicurazioni, tutela della salute, spending review: chi paga?

L’Associazione nazionale fra le imprese assicuratrici, Ania, con il convegno del 29 novembre “La Salute: assicurare la medicina e proteggere i cittadini” ha dato l’opportunità di confrontarsi su un tema dei più caldi dell’attuale sanità: la protezione dal rischio nella pratica medica per garantire la sicurezza del paziente e la fiducia nel sistema sanitario.

Assicurazioni, tutela della salute, spending review: chi paga?

Tra i problemi principali e attuali del sistema sanitario, quello della sicurezza del paziente e del rischio clinico derivante dalla pratica medica e dalle prestazioni sanitarie ha oramai superato i livelli di sostenibilità e sarebbe necessario trovare urgentemente la “quadratura” tra quelle che Giuseppe De Rita, Presidente del Censis, ha definito “responsabilità multiple”: responsabilità del medico e delle strutture sanitarie pubbliche e private, delle assicurazioni nell’assunzione del trasferimento del rischio,responsabilità della tutela della sicurezza del paziente garantita dalla costituzione, dalle leggi e da una normativa che troppo spesso delega ai giudici l’interpretazione delle singole situazioni con il risultato di non garantire la coerenza e l’omogeneità delle valutazioni e allontanare dalla ricerca e dall’adozione di standard condivisi di sicurezza -come di fatto confermato dall’intervento del Dr. Blaiotta, Giudice della competente IV Sezione della Corte di Cassazione-, responsabilità degli avvocati nella giusta difesa dei casi reali di medical malpractice, responsabilità delle assicurazioni.

E’ dai tempi dell’Harvard Study del 1984 che si è acquisita la coscienza dell’alta incidenza dei danni e del rischio clinico derivante dall’ospedalizzazione, confermata dal più recente “To err is human: building a safer health system” del 1999, e successivi sviluppi, sugli errori medici negli Stati Uniti. Risulta evidente che la complessità della pratica medica e della gestione delle strutture sanitarie fa sì che nell’errore possono sovrapporsi fattori individuali e organizzativi, diretta e/o indiretta responsabilità dell’operatore sanitario, ma che alcuni eventi possono provocare danni pur in presenza della massima diligenza dell’operatore sanitario, o addirittura avvenire nel tentativo di salvare una vita in interventi con poco probabilità di riuscita. Inoltre, si deve tener conto che la garanzia della sicurezza del paziente all’interno di una struttura ospedaliera non si riferisce solo alla specifica prestazione, ma va dalle infezioni nosocomiali, cioè ospedaliere, che costituiscono ancora un’alta percentuale dei sinistri al corretto funzionamento e utilizzo dei dispositivi medici e di ogni tecnologia medica, dal “ciclo del farmaco” dalla prescrizione alla somministrazione all’utilizzo dei materiali consumabili, fino ad aspetti più semplici, ma a volte altrettanto dannosi, come per es. una caduta.

Come si può vedere il risk management in sanità abbraccia molti e multiformi aspetti di una realtà complessa che giustamente nella letteratura scientifica internazionale le sue valutazioni, nelle diverse aree in cui si è sviluppato che includono anche l’Health Technology Assessment, si estendono alle implicazioni economiche, sociali ed etiche a livello micro, strutture sanitarie, e macro, sistema sanitario, fornendo indicazione per una scelta consapevole delle politiche sanitarie in relazione agli obiettivi.

Allo stesso modo è un dato di fatto che vi sia stato negli ultimi anni un aumento delle denunce per malpractice medica in Italia, ma anche per es. in Germania e altre paesi del Mediterraneo, compreso tra il 200% e il 500%. Minore, ma pur sempre significativo, in Gran Bretagna e Svezia con oltre il 50%.
Parimenti il valore medio del risarcimento è continuato a salire arrivando, su 34.000 mila denunce, cioè 1,5 per posto letto, a 28.000 € medio che equivale a 2.700 € circa a posto letto e a 4.700 € circa per medico. Non solo, il costo amministrativo medio di ogni causa che dura diversi anni è pari a 26.000 €.
Questi dati sono stati citati dalla vice-presidente ANIA, Maria Bianca Farina, nel suo intervento.

Le cause di tale fenomeno sono state individuate da Aldo Minucci, Presidente di Ania in:

1) deciso aumento degli importi dei risarcimenti riconosciuti dai tribunali, in particolare per i danni non patrimoniali;
2) l’ampliamento dei diritti e dei casi da risarcire da parte della giurisprudenza;
3) una maggiore attenzione dei pazienti alla qualità e ai risultati delle cure ricevute, in parte favorita da alcuni fornitori di servizi di tutela dei danneggiati.

Vanno aggiunte come con-cause, come De Rita faceva notare, il cambiamento nei seguenti fattori culturali:

a) il rapporto medico-assistito -n.d.r. che è un rapporto contrattuale- che ora è basato, a differenza che in passato, su una fiducia revocabile;
b) il rapporto della persona/assistito nei confronti della propria salute il quale si informa spesso anche su Internet arrivando ad auto-diagnosticarsi e auto-prescriversi;
c) il rapporto del cittadino nei confronti della propria identità e persona che da un aspetto puramente qualitativo si è traferita ad una stima quantitativa;

L’azione combinata degli elementi sopra menzionati ha portato, da diversi anni e cosa nota agli addetti ai lavori:

1) ad un rapporto sinistri/premi di copertura dei rischi non sostenibile, che nel 2010 è stato pari al 142% per la responsabilità civile dei medici e al 159% le strutture sanitarie (alle quali preferibilmente i giudici attribuiscono l’obbligo di risarcimento). I dati dal 2002 sono riportati nella presentazione di Maria Bianca Farina scaricabile dal link al fondo di questo articolo;
2) alla diffusione del “fenomeno della cosiddetta ”medicina difensiva” che determina la prescrizione di esami diagnostici inappropriati al solo scopo di evitare responsabilita’ civili, con gravi conseguenze sia sulla salute dei cittadini, sia sull’aumento delle liste di attesa e dei costi a carico delle aziende sanitarie”, come recita il Decreto Balduzzi.

Secondo il Presidente dell’ANIA Aldo Minucci esistono misure utili per mitigare il rischio di malpractice medica, contenere il livello dei costi e incrementare la disponibilità di coperture assicurative, e queste sono:

la costituzione di organismi indipendenti che rilevino e analizzino gli errori medici e i cosiddetti “quasi errori” evidenziati volontariamente dagli operatori sanitari. Sulla base dei dati e delle informazioni ricevute, gli organismi indipendenti possono formulare raccomandazioni, linee guida e “processi tipo” al fine di evitare gli errori più frequenti; 

– l’inserimento della figura del risk manager in tutte le strutture erogatrici di servizi sanitari; 

– lo sviluppo di processi formativi per i medici e per gli operatori sanitari per la prevenzione dei casi di malpractice e per la minimizzazione degli eventuali danni, nonché la formulazione di appropriati standard di comunicazione tra medico e paziente al fine di garantire una corretta informazione sui rischi degli interventi sanitari; 

– la costituzione di fondi pubblici, che coprano le tipologie di rischio non assicurabili o difficilmente assicurabili dal mercato assicurativo nazionale ed internazionale (ad esempio, infezioni diffuse, categorie professionali ad alto rischio, rischi “tarati”).
Una seconda serie di utili misure implicano modifiche dell’attuale sistema giuridico e riguardano: 

– la rivisitazione del concetto di responsabilità, per esempio, attraverso la previsione di protocolli di comportamento medico-sanitario che, se correttamente seguiti, esimano gli operatori dalla responsabilità; 

– la standardizzazione dei criteri di valutazione dei danni con l’introduzione di tabelle di valutazione del danno biologico e la definizione di eventuali limiti ai danni non patrimoniali; 

– il contenimento del ricorso alla giustizia ordinaria tramite meccanismi alternativi di risoluzione del contenzioso o la disincentivazione delle richieste infondate. 

Con riferimento al decreto legge 13 settembre 2012, n. 158 coordinato con la Legge di conversione 8 novembre 2012, n. 189 e pubblicato in Gazzetta Ufficiale 10 novembre 2012, n. 263, cosidetto Decreto Balduzzi, “testimonia la volontà del legislatore di affrontare il problema della medical malpractice e in tal senso è un segnale importante”

“La Legge presenta aspetti positivi ma – continua Minucci – non contiene disposizioni in grado di incidere in maniera efficace sul costo dei risarcimenti, elemento questo che è alla base del rialzo dei prezzi delle coperture assicurative.”

Leggendo nel dettaglio le principali norme previste dal testo di Legge, Minucci osserva quanto segue:

“a) esonero da responsabilità penale in caso di rispetto di “bestpractices”
Secondo l’art. 3, comma 1 del testo in questione, il medico che – nella sua attività – si attenga a linee guida e a buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve. La norma precisa che, in tali casi, resta fermo l’obbligo di cui all’art. 2043 del codice civile ma il giudice, anche nella determinazione del risarcimento del danno, tiene debitamente conto di tale condotta.

Per effetto di questa disposizione, mentre l’applicazione delle linee guida e delle buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica comporta un’ esclusione ex lege della responsabilità penale per colpa lieve, sul piano civilistico – l’unico in relazione al quale opera la copertura assicurativa – non viene invece apportata alcuna sostanziale modifica agli attuali profili di responsabilità degli esercenti le professioni sanitarie con le conseguenti ricadute sull’invarianza del costo dei risarcimenti.

b) adozione di misure di risk management

L’art. 3 bis prevede che le aziende sanitarie studino e adottino misure per gestire i rischi, prevenire il contenzioso e ridurre gli oneri assicurativi.
La disposizione, in sé, è positiva, poiché mira a diffondere strumenti e procedure di risk management, necessari per un maggiore controllo dei rischi – dunque dei costi – connessi allo svolgimento delle attività sanitarie. Tuttavia, l’articolo prevede che tutto ciò avvenga “senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica”.

Siamo preoccupati che questo depotenzi sostanzialmente la portata della disposizione. Risulta difficile, infatti, immaginare che si possa svolgere una rigorosa attività di risk management senza risorse e investimenti adeguati. Siamo consapevoli degli attuali vincoli di finanza pubblica ma, forse, il legislatore, con l’obiettivo di affrontare un problema serio e complesso, avrebbe dovuto fare uno sforzo maggiore, assegnando risorse adeguate a questo tipo di attività.

c) fondo speciale, tabelle, regime bonus/malus

Il comma 2 dell’art. 3, infine, prevede l’emanazione – entro il 30 giugno 2013 –, con Decreto del Presidente della Repubblica, di una serie di misure, tra le quali:

la costituzione di un Fondo speciale che garantisca idonea copertura assicurativa agli esercenti professioni sanitarie sulla base di definite categorie di rischio professionale. Il principio sottostante alla previsione è condivisibile: laddove il rischio raggiunga livelli particolarmente elevati, l’attività dell’assicuratore privato incontra limiti ben precisi e, pertanto, è necessario l’intervento dello Stato.”

Tuttavia, Minucci ritiene che le modalità di finanziamento del Fondo previsto dalla legge non siano condivisibili e dice:

“- da un lato, infatti, è previsto che il Fondo sia alimentato da un contributo dei professionisti che ne facciano espressa richiesta, in misura definita in sede di contrattazione collettiva. Dall’altro, da un ulteriore contributo a carico delle imprese assicuratrici, in misura non superiore al 4% dei premi incassati per il rischio medico-professionale che si ripercuoterebbe, giocoforza, sul costo delle polizze assicurative. Il Fondo, secondo noi invece, dovrebbe essere finanziato in parte dai medici e in parte da coloro che usufruiscono delle specifiche prestazioni sanitarie in modo simile a quanto previsto per il contributo previdenziale gravante sulle parcelle di alcune categorie professionali;l’applicazione delle tabelle previste dal Codice delle Assicurazioni in materia di r.c. auto per il risarcimento del danno biologico conseguente all’esercizio della professione sanitaria. Anche in questo caso, è positivo il passo verso una maggiore standardizzazione dei risarcimenti, ma teniamo presente che il rischio di un ritardo nell’emanazione di una legislazione secondaria applicativa è molto elevato. Siamo ancora in attesa, infatti, della pubblicazione – a ormai sette anni di distanza dalla loro previsione – delle tabelle per le lesioni gravi nel settore r.c. auto; 

i contratti assicurativi dovranno, infine, prevedere clausole di bonus/malus, ossia variazioni in aumento o in diminuzione del premio in relazione al verificarsi o meno dei sinistri. Anche tale norma appare criticabile posto che le imprese già stabiliscono le proprie prassi assuntive e prezzi anche sulla base della sinistrosità degli assicurati. Si tratta, comunque, di una misura che interferisce con la libertà di offerta da parte delle imprese e che, quindi, sarebbe stato meglio lasciare al libero agire delle forze del mercato.”

La Vice-Presidente ANIA, Maria Bianca Farina, ha fatto riferimento alle best practices internazionali, in particolare al sistema scandinavo e a quello francese i quali entrambi prevedono l’obbligatorietà della copertura assicurativa per privati e strutture pubbliche, e un fondo di garanzia per la copertura di sinistri causati da soggetti non assicurati o assicurati con impresa insolvente -n.d.r. casi verificatisi anche in Italia-. Inoltre, entrambi i sistemi prevedono forme di aiuto nel caso di mancanza di ottenimento di copertura assicurativa: nel caso scandinavo attraverso l’emissione di polizze a valere sul Fondo per conto delle Compagnie, mentre nel caso francese attraverso l’obbligo a contrarre imposto da un Bureau de Tarification alle assicurazioni. Infine, il modello francese prevede un risarcimento senza ricerca della colpa per specifiche casistiche senza la ricerca della colpa -per es. nel caso di malattie da farmaci. Elemento utile si trova anche nella normativa e pratica tedesca: l’obbligatorio ricorso preventivo a camera di conciliazione prima dell’avvio della procedura giudiziale per medical malpractice.

Come noto, la conciliazione obbligatoria è stata recentemente realizzata in modo poco avveduto anche in Italia, e naufragata proprio in questo novembre per sentenza della Corte Costituzionale “per eccesso di delega dell’istituto della mediazione obbligatoria”; occasione persa per aggiungere da subito un tassello importante verso una soluzione del problema della sostenibilità economica di questa “quadratura delle responsabilità multiple”.

Cruciale è proprio l’aspetto della sostenibilità economica dell’equilibrio tra giusto diritto del cittadino alla garanzia di sicurezza nella tutela della salute e condizioni di realizzazione della prestazione sanitaria che per poter a sua volta essere svolta secondo i protocolli più idonei per garantire tale sicurezza ha bisogno per adeguarsi di investimenti in qualità, formazione, tecnologia. Investimenti che alla luce delle recenti spending review sembrano difficilmente realizzabili a meno che non si “liberino” dagli attuali budget risorse meno efficientemente impiegate: azione necessaria di complessa realizzazione. Non vi sono alternative, altrimenti finiremo per pagare l’intero conto ancora una volta come cittadini sia sotto il profilo economico sia nella tutela effettiva della salute.

Come correttamente sottolineato da ANIA, sintetizzandolo nelle parole della sua Vice-Presidente Farina, la soluzione non può che essere trovata con il contributo di tutti gli stakeholders del mondo sanitario: operatori della sanità a vario titolo, sistema legale/giudiziario, associazioni dei cittadini, industria assicurativa e Stato/legislatore che comprende il Ministero della Salute. Si auspica che il tavolo di lavoro così composto possa rapidamente portare risultati concreti.


Allegati: Intervento Presidente ANIA – Aldo Minuccihttp://www.ania.it/

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