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5G, Johnson vuole un club anti-Huawei

Il premier britannico rilancia l’offensiva contro la cinese Huawei e, in sintonia con Trump, punta a creare una sorta di G7 allargato per le tlc – Ma alcuni ministri britannici non sono d’accordo con Johnson perchè temono contraccolpi negativi per British Telecom

5G, Johnson vuole un club anti-Huawei

Sospesa temporaneamente causa pandemia, torna attuale la guerra fredda tra Stati Uniti e Cina. I fronti sono quelli noti: tariffe commerciali, fake news reciproche sulla diffusione del virus, tensioni ad Hong Kong. E anche un terreno che coinvolge in realtà tutto il mondo occidentale, soprattutto l’Europa: il 5G. La guerra tecnologica, della quale si è parlato meno in questi mesi, è tornata ad esplodere ed è una partita a risiko nella quale Washington si gioca tantissimo. Forse è uno dei pochi terreni in cui può ancora riuscire ad avere l’Europa totalmente dalla sua parte, grazie all’amico britannico Boris Johnson. E’ proprio il premier britannico, reduce dal contagio da Covid-19 e dalle tante polemiche sulla gestione dell’emergenza, a rilanciare l’offensiva contro la cinese Huawei.

Come è noto, gli Usa puntano a creare un campione europeo del 5G, in modo che l’infrastruttura non venga affidata al colosso cinese, che a quel punto la userebbe non solo come trofeo ma anche come testa di ponte per accedere – secondo i sospetti americani – a miliardi di dati sensibili del Vecchio Continente. La partita è dunque non solo finanziaria, visto che si tratta di affari giganteschi, ma soprattutto strategica, e proprio per questo Johnson ha lanciato l’ipotesi di costituire un club anti-Huawei, una sorta di G7 allargato ad Australia, Corea del Sud e India (che il Times rinomina come “D10”), che tagli fuori gli asiatici dal 5G. Il primo obiettivo è intanto quello di ridurre la dipendenza dal colosso cinese della stessa Gran Bretagna, che però ha già permesso a Huawei di costruire il 35% della propria rete ultraveloce.

Il divieto di installare attrezzature Huawei scatterebbe dal 2023, ma su questo il Governo si è immediatamente spaccato, con alcuni ministri che hanno fatto notare al premier che rompendo i rapporti con Pechino toccherebbe rifare l’intera infrastruttura British Telecom, rendendo difficile se non impossibile mantenere la promessa di portare la banda larga in tutto il Paese entro il 2025. Johnson è combattuto: non vuole fare un torto all’amico Donald Trump, tanto che ad inizio anno aveva già ridimensionato la quota di infrastruttura concessa a Huawei, riducendola al 35% e soprattutto escludendola dagli asset core, come ad esempio quelli militari. Ora l’obiettivo è coinvolgere altri partner nella missione anti-Cina, compresa l’Italia. Che al momento non commenta, ma che visto l’orientamento del primo partito di Governo, difficilmente accetterà di mettersi apertamente contro quello che viene considerato sempre di più un alleato.

“Abbiamo bisogno di nuovi concorrenti sul mercato”, ha dichiarato al Times una fonte del governo britannico. Al momento, tuttavia, le opzioni sul tavolo non sono tantissime: la finlandese Nokia e la svedese Ericsson sono le uniche alternative attualmente in Europa per la fornitura di apparecchiature 5G. E infatti su di loro hanno puntato forte, e già da tempo, gli stessi Stati Uniti, attraverso un finanziamento di diverse miliardi di dollari. La pressione di Johnson per tagliare i legami con Huawei si sta rinvigorendo proprio in questi giorni, per via della nuova legge sulla sicurezza che Pechino prevede di imporre ad Hong Kong che, va ricordato, fino al 1997 era stata colonia britannica. Londra ha infatti fatto infuriare Pechino giovedì dicendo che avrebbe offerto a 350.000 cittadini di Hong Kong in possesso di un passaporto nazionale britannico (Oversees) il diritto di trasferirsi nel Regno Unito se la nuova legge entrasse in vigore.

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