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Xylella, 30 milioni di ulivi da abbattere: “Rischia l’intera Europa”

L’allarme dell’Ue: “Non esistono cure, bisogna abbattere le piante” – Coldiretti accusa i politici locali ma anche la Ue che non avrebbe assicurato controlli efficienti sulle importazioni dal Costarica – Quali piante sono resistenti al batterio e quali interventi sono in arrivo

Xylella, 30 milioni di ulivi da abbattere: “Rischia l’intera Europa”

Monta l’allarme sulla xylella, il batterio che provoca l’essiccazione degli ulivi e che è stato scoperto in Salento nel 2013: da allora, secondo l’organizzazione Italia Olivicola, citata dal Sole 24 Oreha portato alla distruzione in tutta la Puglia di quattro milioni di piante, causando tra l’altro un calo della produzione regionale di quasi il 10%, con danni che solo nelle ultime tre stagioni e solo per l’economia locale sono stati stimati in circa 390 milioni di euro. L’epidemia ora minaccia il resto d’Italia e anche l’intero continente, con una stima di 30 milioni di alberi da abbattere, sempre secondo Italia Olivicola. L’emergenza è stata ribadita nei giorni scorsi dall’Efsa, l’Autorità Ue per la sicurezza alimentare, che ha concluso il proprio rapporto sull’epidemia affermando che “non esiste ancora un modo conosciuto per eliminare la xylella fastidiosa da una pianta malata in campo. Per questo l’intera Europa può essere considerata a rischio“.

“La Xylella spaventa l’intera Europa con il contagio che avanza inarrestabile verso nord a una velocità di più 2 chilometri al mese e, dopo aver devastato la Puglia, rischia di infettare nel giro dei prossimi cinque anni l’intero mezzogiorno d’Italia dalla Basilicata alla Calabria, dalla Campania al Molise”, ha aggiunto Coldiretti commentando proprio il monito dell’Autorità Ue. Sotto accusa finiscono soprattutto le istituzioni locali, visto che come ha ricordato l’Efsa “in assenza di cure, il controllo degli insetti vettori e la corretta e tempestiva applicazione delle misure di emergenza in vigore a livello Ue risultano decisive”.

In altre parole, i trattamenti sperimentati in questi anni possono ridurre i sintomi, ma non eliminano il batterio, e dunque per impedire l’espansione della patologia andavano tempestivamente abbattute tutte le piante infette. Che è esattamente ciò che l’Italia a lungo ha evitato di fare: una volta scoperto il batterio nel 2013, nel maggio 2015 con la decisione della Commissione numero 789 venivano dettate “norme per impedire la diffusione della xylella fastidiosa” che prevedevano la contestatissima “eradicazione degli ulivi infetti e di ogni pianta anche non infetta posta in un raggio di 100 metri da quelle contagiate”. Una misura contro la quale in Puglia sono state alzate le barricate.

Coldiretti tuttavia accusa, oltre alla politica locale e nazionale, anche il sistema di controllo della stessa Unione Europea, “con frontiere colabrodo che hanno lasciato passare materiale vegetale infetto poiché il batterio che sta distruggendo gli ulivi pugliesi è stato introdotto nel Salento dal Costarica attraverso le rotte commerciali di Rotterdam”. Il conto dei danni causati dalla Xylella in Italia è salito secondo la Coldiretti a 1,2 miliardi di euro, “per colpa di errori, incertezze e scaricabarile che hanno favorito l’avanzare del contagio”.

Il “remare contro” la normativa europea è costato all’Italia l’apertura nel 2016 di una procedura d’infrazione da parte di Bruxelles, che ha portato al deferimento alla Corte di Giustizia Ue. Ora il Decreto emergenze, profondamente modificato rispetto all’impostazione iniziale, dovrebbe attivare finanziamenti per sostenere gli agricoltori colpiti dell’area infetta che nel frattempo si è estesa in Francia (Corsica e Provenza), Spagna (Alicante), Baleari e Germania (dove le piante sono state immediatamente distrutte). In Italia l’epidemia iniziata a Gallipoli si è rapidamente estesa verso Bari ma un focolaio di Xylella è stato rinvenuto in un vivaio a Monte Argentario in Maremma. Piante come il Leccino risultano resistenti al batterio ma anche la cultivar Fs_17 (derivata dalla varietà Frantoio e nota come “Favolosa”) messa a punto dalla ricerca del Cnr che l’ha brevettata.

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