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VIAGGIO NELLE FONDAZIONI E NEGLI ARCHIVI ITALIANI/1 – Fondazione Pirelli tra “Industria e Cultura”

Inizia il viaggio di First Arte dentro le Fondazioni e gli Archivi italiani che rappresentano la storia del nostro Paese e che oggi investono in ricerca, innovazione ed esclusività in un sistema integrato di “Impresa e Cultura”: sapere creativo per un giusto cambiamento? O conoscenza contemporanea per una rinascita epocale?

VIAGGIO NELLE FONDAZIONI E NEGLI ARCHIVI ITALIANI/1 – Fondazione Pirelli tra “Industria e Cultura”

Appuntamento a Milano alla Fondazione Pirelli: è la grande cordialità da parte di tutto lo staff ad accoglierci, ma la cosa che più colpisce è una frase riprodotta in grandi dimensioni sulla parete scritta in dialetto milanese che l’ingegnere Luigi Emanueli, genio del cinturato e del cavo a olio fluido, era solito ripetere: Adess ghe capissarem on quaicoss: andemm a vedegh denter (adesso ci capiremo qualcosa, andiamo a guardarci dentro), un invito e non solo…a scoprire la storia e l’attualità di un grande Gruppo industriale italiano custodita nell’edificio e che la ritroveremo in questo viaggio… 

Nell’angolo sotto la scala metallica, a fare da guardiano c’è un gattone nero (in formato maxi), una riproduzione in una sorta di “gommapiuma” del gatto di Bruno Munari, il cui originale lo troviamo sopra, nella grande sala conferenze e spazio dedicato alla consultazione. Poco più in là si apre l’ingresso all’archivio, dove sopra simpatici zainetti lasciati a terra da bambini di una scuola milanese in visita, troviamo una grande immagine che non può che non suscitare emozione: “L’uscita delle maestranze dallo stabilimento”, una fotografia in bianco e nero, meglio “color seppia” che ritrae le maestranze Pirelli nel 1905 all’uscita dallo stabilimento che sorgeva nell’allora via Ponte Seveso, oggi Fabio Filzi, e che fu distrutto dai bombardamenti durante la seconda guerra mondiale. Sulle sue macerie nel 1960 sorse il nuovo centro direzionale del gruppo: il Centro Pirelli, primo grattacielo di Milano, progettato da Giò Ponti, che diventerà simbolo della città. L’autore della fotografia è Luca Comerio, rinomato fotografo del tempo e pioniere del cinema che qualche anno più tardi immortalerà anche la visita del Re Vittorio Emanuele III allo stabilimento della Bicocca. Questa grande fotografia (245x150cm) fu realizzata per essere esposta all’Esposizione Internazionale di Milano nel 1906.

Di lì a poco, ci troviamo nel severo e misterioso Archivio Storico che contiene documenti prodotti e ricevuti dalle diverse funzioni aziendali nel corso di oltre 140 anni di attività e una ricchissima sezione iconografica che testimonia della feconda collaborazione di Pirelli con intellettuali e artisti. Cassetti che mi si aprono e che custodiscono – Fotografie: migliaia di immagini fotografiche che ritraggono prodotti, stabilimenti, esposizioni e fiere, gare automobilistiche, motociclistiche e ciclistiche. Federico Patellani, Ugo Mulas, Arno Hammacher, Gabriele Basilico sono solo alcuni degli  importanti nomi della fotografia che lavorarono per Pirelli; Tavole originali: centinaia di bozzetti pubblicitari originali – realizzati da noti illustratori e graphic designer tra gli anni Venti  e gli anni Sessanta, da Giuseppe Riccobaldi a Bob Noorda, da Giorgio Tabet a Bruno Munari – e le opere originali commissionate da Pirelli ad alcuni artisti per l’illustrazione della rivista “Pirelli” (tra cui Renato Guttuso, Fulvio Bianconi, Renzo Biasion, Giuseppe Ajmone; Filmati: centinaia di film su pellicola e nastro magnetico, dai documentari del pioniere del cinema Luca Comerio alle pubblicità cinematografiche e caroselli dei maestri dell’animazione italiana (Nino e Toni Pagot, i fratelli Gavioli). La curiosità è tanta, che quando le carte veline che “velano e proteggono” questi meravigliosi bozzetti vengono sollevate, non posso che partecipare con grande emozione alla “rivelazione” a delle vere opere d’arte “moderne” senza precedenti.

L’archivio storico Pirelli conserva una straordinaria documentazione sulla storia e l’attività dell’impresa dalla sua fondazione (1872), ed è un eccezionale patrimonio innanzitutto per il Gruppo, che vi può rintracciare le radici e gli sviluppi della propria storia di impresa multinazionale tra le più longeve in Italia e nel mondo, traendone un utile supporto per l’attività odierna. L’archivio Pirelli è inoltre tutelato come bene culturale dallo Stato italiano, a testimonianza del valore che tale patrimonio riveste non solo per l’azienda ma per l’intera collettività: decine di ricercatori, italiani e stranieri, frequentano ogni anno la sala studio per ricerche che spaziano dalla storia economca e industriale, all’architettura, dalla storia del lavoro e delle relazioni industriali alla grafica e al design. 

La seconda sala che ci attende riguarda l’archivio privato di Alberto Pirelli, testimonianza dell’opera che egli prestò per molti anni al servizio del Paese come diplomatico ed esperto di finanza ed economia internazionale (si ricordi in particolare la partecipazione ai negoziati sulle riparazioni e i danni di guerra) e gli incarichi ricoperti all’interno di importanti organismi, nazionali e internazionali (come la Camera di commercio internazionale, l’Assonime, l’ISPI). Le carte di Leopoldo Pirelli riguardano la sua attività alla presidenza del gruppo, dal 1965, e testimoniano eventi cruciali per la storia dell’azienda ma non solo, dall’unione con Dunlop alla Commissione Pirelli per la riforma dello statuto di Confindustria.
 
All’interno della Fondazione è possibile ammirare sia il grande mosaico che il cartone preparatorio originale, che Renato Guttuso realizzò per l’Esposizione Internazionale del Lavoro tenutasi a Torino nel 1961 per celebrare il centenario dell’Unità d’Italia (nota anche come Italia ’61) dove la Pirelli allestì un padiglione dedicato alla ricerca scientifica. All’ingresso campeggiava un grande mosaico, lungo oltre cinque metri e alto più di tre, realizzato dai mosaicisti dell’Accademia di belle Arti di Ravenna, che raffigura la “drammatica sintesi  del lungo cammino percorso dall’uomo nella conoscenza della natura e delle sue leggi”. 

La visita prosegue con Antonio Calabrò, Senior Vice President Cultura Pirelli e Direttore della Fondazione Pirelli, al quale abbiamo rivolto una serie di domande:

FIRST Arte Direttore, noi tutti riconosciamo alla Pirelli di essere stata una azienda innovativa fin dalla sua nascita, un brand che si sposa con la storia economica di un intero Paese. Quale è stato il plus che ha contraddistinto il successo di questa azienda?

Calabrò – Pirelli è stata fin dalla sua nascita, nel 1872, un’impresa con un forte imprinting internazionale (la lavorazione della gomma, processo innovativo appreso da Giovan Battista Pirelli durante il suo viaggio d’istruzione post laurea in Europa) e con un robusto radicamento milanese. Industria manifatturiera d’avanguardia, insomma. Nuove tecnologie, nuovi prodotti, nuovi sistemi di produzione, sguardo aperto sui mercati del mondo. E continuo investimento sulla qualità delle persone, per fare bene ricerca e innovazione. Tutto caratteristiche che si sono confermate, nel corso del tempo e che ancora oggi connotano una grande multinazionale italiana.

FIRST Arte – Una storia che ora viene raccontata dalla Fondazione Pirelli, con il suo Archivio Storico, con le sue attività. In futuro quale altro ruolo potrà assumere?

Calabrò – La Fondazione Pirelli è memoria, naturalmente. E contemporaneità. Dal punto di vista storico, l’Archivio alimenta ricerche (anche universitarie, da parte di atenei italiani, europei, internazionali), pubblicazioni, convegni, mostre, spettacoli teatrali (come “Settimo / La fabbrica e il lavoro”, una rappresentazione del Piccolo Teatro di Milano, con la regia di Serena Sinigaglia, liberamente tratto dalle testimonianze di operai, tecnici e manager dello stabilimento Pirelli di Settimo Torinese). Le attività si svolgono sia nei locali della Fondazione Pirelli sia in altri luoghi espositivi, dalla Triennale di Milano a qualificati centri culturali nel mondo, dall’Argentina al Brasile, dalla Turchia ai paesi in cui c’è una forte presenza Pirelli. Ma la storia per noi è strumento per capire le evoluzioni dei tempi e trarne chiavi interpretative dei cambiamenti in corso, del futuro che si prepara. Da qui le attività di studio, ricerca e dibattito per seguire le trasformazioni del fare impresa industriale, in Italia e nel mondo, e di cui c’è traccia, per esempio, nei blog, nei resoconti di indagini economiche e sociali e nelle recensioni di libri pubblicati sulla pagine della cultura d’impresa del sito www.fondazionepirelli.org

FIRST Arte – Mi parli del vostro ruolo con l’Hangarbicocca, un semplice binomio culturale o ancora qualcosa di innovativo, proprio nella tradizione “del valore della creatività contemporanea” che appartiene al nome Pirelli?

Calabrò – Cosa lega una grande impresa industriale multinazionale alle espressioni dell’arte contemporanea? La comune attenzione per i segnali del cambiamento. La parola di sintesi è, ancora una volta, innovazione. Che per un’impresa significa attitudine a lavorare sulle frontiere sempre nuove delle tecnologie, dei materiali ma anche dei comportamenti (di chi produce e di chi consuma) e dei linguaggi. Cogliere, insomma, lo spirito dei tempi. E stare sull’onda delle trasformazioni. Meglio ancora: capire e muoversi in anticipo rispetto alla percezione di massa del senso delle trasformazioni stesse. Industria competitiva è creatività d’avanguardia. L’arte contemporanea è una dimensione, un fenomeno che coglie  meglio di altre attività intellettuali i segnali deboli del cambiamento:  lavora sulla rappresentazione delle tendenze man mano che emergono, insiste sugli stessi terreni dei linguaggi, delle tecnologie, delle forme che anticipano il futuro di tutti. Il dialogo industria-arte contemporanea è dunque uno strumento fertile di stimoli e di comprensioni incrociate, in un gioco costante di sollecitazioni e rimandi. Esemplare, in questo senso, appunto, la sinergia, all’HangaBicocca, tra un ex spazio industriale e le installazioni artistiche, creando una vera e propria cattedrale laica dei saperi creativi in cambiamento.

FIRST Arte – E  quali sono i risultati, finora?

Calabrò – Per l’HangarBicocca, ricco di un team d’eccellenza, guidato come General Manager da Alessia Magistroni, il 2012 è stato l’anno della riapertura e del  rilancio, sia come luogo d’eccellenza della cultura e dell’arte contemporanea internazionale; sia come nuovo modello di istituzione culturale in cui progetti creativi dialogano con chi desidera avvicinarsi ai linguaggi degli artisti; sia infine come strumento di crescita culturale e sociale del territorio circostante. Gli obiettivi sono stati perseguiti innanzitutto attraverso una programmazione artistica, che, a partire dall’inizio di aprile 2012, ha visto le mostre di artisti di fama internazionale (Yervant Gianikian e Angela Ricci Lucchi, Hans Peter Feldmann, Wilfredo Prieto, Ilya ed Emilia Kabakov, Carsten Nicolai, Tomàs Saraceno, Apichatpong Weerasethakul e, dal 24 maggio 2013, Mike Kelley) frequentate, in un anno,  da oltre 200mila visitatori e con  ampi e positivi riscontri di critica sui media italiani e internazionali. Di rilievo anche la pianificazione di iniziative e attività volte a collocare il pubblico al centro del nuovo progetto di HangarBicocca come primo interlocutore (servizi di visite guidate, orari di apertura pensati per rispondere alle esigenze dei ritmi urbani e delle famiglie (da giovedì a domenica, dalle ore 11 alle ore 23), laboratori rivolti ai bambini e ai ragazzi dai 4 ai 14 anni (HB Kids), area polifunzionale per la consultazione gratuita di libri, riviste e audiovisivi dedicati all’arte contemporanea e per ospitare conferenze e rassegne (HB Lab). Il riscontro è stato ampiamente positivo. E ci spinge ad andare avanti, potenziando mostre, servizi, attività.

FIRST Arte – Si tratta dunque di una strategia culturale di lungo respiro, una innovazione nella relazione tra industria e creatività artistica d’avanguardia. 

Calabrò – Sì, appunto.  In tempi controversi come queli che stiamo vivendo, è più forte il senso di responsabilità nell’investire in un progetto strutturato, a lungo termine. Si tratta di una responsabilità sia verso il pubblico allargato di fruitori, famiglie, studenti, sia verso la città e le sue istituzioni, sia verso gli addetti ai lavori che giudicano la serietà e la coerenza della proposta culturale di HangarBicocca. L’arte contemporanea è una scelta non facile, che deve essere percepita oltre i confini della nicchia degli specialisti e si muove lungo i binari di una strategia culturale generale: il suo ambito di riflessione, che coinvolge sempre altri saperi (dall’economia alla filosofia, dalla sociologia alla letteratura, dall’ingegneria e dalla chimica dei materiali alla loro declinazione come strumenti di espressione) è il campo privilegiato per intercettare e dare spazio ai segnali del cambiamento. Creatività secondo sintesi particolarmente originali, innovazione spregiudicata e contagiosa verso altre rappresentazioni, altre interpretazioni, altri saperi. Uno sguardo futuribile. Uno sguardo che è contemporaneamente “qui” e “oltre”. Questo progetto per noi di Pirelli è un investimento in ricerca, ma anche in responsabilità sociale e formazione, prima ancora che in comunicazione.  Ecco, dunque, in linea con questi principi, la scelta di chiamare come Art Advisor di HangarBicocca fino alla fine del 2016 Vicente Todolì, che per otto anni ha diretto la Tate Modern di Londra ed è per noi garanzia sia di livello scientifico indiscutibile sia di capacità di dialogo con un pubblico non specializzato.

FIRST Arte – Parliamo un po’ di CULTURA D’IMPRESA, qual è la vostra mission?

Calabrò – Parlare al vasto pubblico dell’impresa industriale, delle sue attività e delle sue relazioni. E ricominciare a mettere la manifattura di qualità, di cui Pirelli è un esempio, al centro dei ragionamenti e dei progetti sullo sviluppo italiano, dell’economia e della società, nel contesto della competitività europea. Fare, insomma, dell’impresa, un soggetto chiave del miglior capitale sociale e umano di un’Italia che deve valorizzare i suoi “talenti”, per avere un futuro ambientalmente e socialmente sostenibile. Senza impresa, non c’è sviluppo, come sanno bene anche gli economisti, i ricercatori e gli stessi politici più responsabili, in Europa e negli Usa, che parlano di “manifacturing reinassance” e indicano, come strategia, “manifacturing the future”. Una indicazione di estrema attualità, anche in Italia, il secondo paese manifatturiero europeo, dopo la Germania. Sta qui, l’impegno per la diffusione della cultura d’impresa. Una cultura vissuta innanzitutto come innovazione, nell’accezione più ampia del termine: dei prodotti e dei processi produttivi, delle tecnologie, delle relazioni industriali, dei rapporti con shareholders e soprattutto stakeholders, dei linguaggi della comunicazione e del marketing. Ricerca hi tech. Valorizzazione delle persone. Relazioni virtuose tra creatività e serialità della produzione. Sintesi tra radici e nuovi progetti, tra territori di riferimento delle attività industriali e scenari globali degli scambi. Un’impresa, soprattutto un’impresa industriale, è un organismo vivo, pulsante, in continuo cambiamento. Merita un’osservazione attenta e un racconto, mescolando i diversi registri della scienza e delle culture umanistiche. Per Pirelli, nella storia, è stata una fertile abitudine. Che oggi si rilancia, in chiave di “cultura politecnica”, per una nuova “civiltà delle macchine” e delle persone di fronte alle straordinarie evoluzioni delle tecnlogie. Tutto questo pone anche a noi “pirelliani” una sfida. Fare bene industria vuol dire fare cultura. E cercare e costruire sintesi, spesso inedite, tra valore e valori, produttività, redditività, socialità. Anche in questo senso, appunto tradizionale e innovativo, per noi di Pirelli “industria è cultura”. 

FIRST Arte – Un’ ultima domanda: arte, design, cultura, che ruolo vogliamo dargli per lo sviluppo futuro del nostro Paese e dell’Impresa italiana?

Calabrò – L’Italia è un paese straordinariamente dotato di beni culturali, luoghi d’eccellenza di produzione di cultura, istituzioni e imprese culturali di grande qualità, intellettuali di spessore e rilievo sia nazionale che internazionale. E’ stata ed è semmai carente una “politica per la cultura”, cioè una strategia che insista sulla manutenzione e sulla valorizzazione del patrimonio storico, sul sostegno alla ricerca e all’innovazione, sullo sviluppo dei luoghi in cui matura la formazione culturale nell’accezione più ampia del termine. Una “politica per la cultura”, aggiungerei, che sappia costruire o comunque stimolare sinergie tra pubblico e privato, anche con un uso intelligente e lungimirante della fiscalità. Una “politica per la cultura”, infine, di ampio respiro, che privilegi il finanziamento pubblico non di “eventi” ma di processi di lungo termine: non un’esibizione musicale, un concerto, ma un Conservatorio; non una semplice mostra, ma una strategia che faccia capire l’arte agli studenti e al largo pubblico, non un premio consacrato dalla Tv ma l’arricchimento delle biblioteche pubbliche come luoghi in cui si sviluppi una nuova “civiltà del libro e della lettura”. Una “politica della cultura” non subalterna all’”eventologia” effimera. Ma attenta ai processi di fondo di una cultura popolare di qualità. Strategia difficile. Ma possibile. Investire in cultura, dunque, conviene. Per la qualità della crescita economica, sociale e civile dell’intero paese. Per il consolidamento di una più matura consapevolezza della identità italiana ed europea, nella sintesi tra memoria e futuro. Ma anche per fornire sempre nuovi strumenti alla tendenza all’innovazione, al cambiamento, dimensioni essenziali di sviluppo sostenibile. Cultura come ricchezza. E impresa come cultura. 

E per concludere…un po’ di storia della Fondazione Pirelli
Nasce nel 2009 per volontà della famiglia Pirelli e del Gruppo, con lo scopo di salvaguardare e valorizzare l’immenso patrimonio culturale, storico e contemporaneo dell’azienda e di promuovere la cultura d’impresa come parte integrante della ricchezza culturale del Paese. Ricavata dalla ristrutturazione di una palazzina degli anni Trenta all’interno dell’area Bicocca, oggi la sede della Fondazione ospita al pian terreno l’Archivio Storico Pirelli riconosciuto di notevole interesse storico dal Ministero per i beni e le attività culturali sin dal 1972: oltre 2.500 metri lineari di documenti, fotografie, disegni, manifesti pubblicitari, audiosivisi, a cui si uniscono i circa quindicimila volumi della biblioteca tecnico scientifica del Gruppo Pirelli. Un nucleo, quest’ultimo, che copre tutto il sapere relativo all’industria del caucciù e alla tecnologia della gomma e dei cavi dall’Ottocento fino ai nostri giorni. Si aggiungono a questo già ricco patrimonio documentario gli archivi privati di Alberto e Leopoldo Pirelli, acquisiti dalla Fondazione per volontà della famiglia Pirelli stessa, che ha individuato nell’Archivio Storico Pirelli il luogo più adatto per conservare e far fruire carte fondamentali per lo studio completo dell’azienda e l’approfondimento del ruolo nazionale e internazionale ricoperto da entrambi. Attingendo anche dalla ricca documentazione storica conservata, la Fondazione supporta l’attività quotidiana dell’azienda e realizza iniziative culturali atte a comunicare con linguaggi e tecnologie altamente innovativi il passato e il presente di Pirelli. Accanto alle attività di valorizzazione sul patrimonio storico, la Fondazione promuove e diffonde la cultura d’impresa contemporanea del Gruppo tramite iniziative proprie o in collaborazione con altri soggetti: ne sono un esempio i numerosi seminari, corsi di formazione, convegni, iniziative editoriali organizzati ogni anno, volti a sviluppare e diffondere la cultura d’impresa contemporanea.

Tra i più importanti progetti realizzati dalla Fondazione in questo senso, la mostra e la pubblicazione “Workers” (2010) che ritrae i lavoratori di Settimo Torinese negli scatti del fotografo Carlo Furgeri Gilbert; la mostra “L’anima doi gomma” (Triennale di Milano, 2011) dedicata alla storia della moda Pirelli e basata su tecnologie d’avanguardia in grado di connettere i materiali storici con la creatività di oggi; lo spettacolo “Settimo, la fabbrica e il lavoro” prodotto dal Piccolo Teatro di Milano con la regia di Serena Sinigaglia (2012) basato sulle testimonianze orali di decine di operai nella fase di transizione dalla vecchia fabbrica al nuovo stabilimento

La sede della Fondazione è stata ricavata dal fabbricato 134, una palazzina degli anni Trenta che, all’interno dell’area industriale della Pirelli Bicocca, venne adibita a diverse funzioni (tra cui sede del corpo interno dei vigili del fuoco ). L’edificio è stato completamente ristrutturato  per ospitare l’archivio storico e le attività della Fondazione. Il restauro ha salvaguardato l’architettura industriale tipica degli edifici dell’area, che rappresenta oggi, insieme alla torre di raffreddamento racchiusa all’interno dell’Head Quarter Pirelli, un raro esempio del passato industriale del quartiere Bicocca.

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