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Vescovi (Confindustria Vicenza): “Anche Conte 2 ci ha deluso”

INTERVISTA A LUCIANO VESCOVI, Presidente di Confindustria Vicenza: “Il Governo Conte bis ha perpetuato l’atteggiamento anti-industriale del Governo Conte 1: Decreto Dignità, RdC e Quota 100 non sono stati messi in discussione e poi si sono aggiunte Plastic e Sugar Tax, il pasticcio Alitalia e il capolavoro dello scudo penale su Ilva, per non dire del decreto fiscale”

Vescovi (Confindustria Vicenza): “Anche Conte 2 ci ha deluso”

Gli industriali del Nordest sembrano aver già ritirato l’apertura di credito che come da prassi concedono ai nuovi governi. La gestione del caso Ilva, il pasticcio con la Plastic Tax, la controversa Sugar tax: sono bastati pochi mesi ed è già calato il freddo tra il mondo produttivo e il governo Conte bis. Luciano Vescovi guida Confindustria Vicenza dal 2016, oltre 1.600 imprese associate, quasi 85 mila addetti, una delle realtà confindustriali più potenti e ascoltate del Paese. «Il Governo Conte bis ha perpetuato l’atteggiamento anti-industriale che ha caratterizzato anche il precedente, con Di Maio che esordì con il famigerato “prenditori”», anticipa il presidente Luciano Vescovi.

Recentemente Lei ha dichiarato che “questo governo ha fatto anche peggio del precedente”. Dove si è consumata la rottura definitiva tra industriali ed esecutivo? 

«Facciamo una premessa: il Decreto Dignità ha fossilizzato un mercato del lavoro che, per poter competere in Europa e nel mondo, va invece tenuto flessibile e dotato di strumenti di politiche attive del lavoro e welfare degne di un Paese occidentale. Poi sono arrivate Quota 100 e Reddito di Cittadinanza. Il primo è un assurdo previdenziale, nel senso che i nostri conti non lo reggono. Il secondo è un assurdo sia da un punto di vista economico che di approccio. Così come è stato pensato è un affronto al mondo del lavoro. Ecco, di tutte queste cose, non ne è stata cambiata una. Il Decreto Dignità, Quota 100 e RdC non sono neanche stati messi in discussione. Sono lì e continuano a far danni».  

E arrivando alle misure specifiche del governo Conte bis? 

«Con la manovra, si sono aggiunte, dall’oggi al domani Plastic tax e Sugar tax che sono state spacciate per tasse etiche quando invece non sono altro che balzelli che servono solo a far cassa per tenere in piedi assurdi sprechi. A proposito, sono da citare anche il pasticcio Alitalia, sull’onda lunga che arriva da Berlusconi, e il capolavoro dello scudo penale su Ilva per cui anziché pretendere da Arcelor Mittal il rispetto del contratto, gli si è data una scappatoia per risolverlo a proprio favore».   

Appurato che si sta allargando sempre di più la frattura tra imprenditori del Nord, evento che di solito non è foriero di buone notizie per la stabilità della legislatura, e governo, quali saranno le prossime decisioni che valuterete con grande attenzione? 

«Intanto vediamo come finirà la telenovela sulla manovra, perché ogni giorno ne salta fuori una nuova. Poi sicuramente continueremo la trattativa sulla Plastic tax, che semplicemente deve essere tolta. E poi, a proposito di atteggiamento anti-impresa, c’è la questione aperta del decreto fiscale collegato alla manovra. Ci sono misure che rischiano di mettere fortemente a repentaglio la normale attività delle imprese. Detto che chi evade va perseguito perché danneggia la collettività e altera il mercato, l’ipotesi di confisca allargata porterebbe, senza alcuna sentenza, neppure di primo grado, al blocco dei conti correnti aziendali. Vuol dire che non si pagano più i fornitori e nemmeno i dipendenti. Senza neanche una sentenza. Ma ci rendiamo conto in che Paese ci trasformeremmo? Questo è un modo per dire agli imprenditori: vendete il prima possibile la vostra azienda e ritiratevi al mercato. Noi non vogliamo questo destino né per i nostri imprenditori né per il Paese». 

Passando ai dati macro dell’economia vicentina e veneta, nelle scorse settimane Lei ha lanciato l’allarme: “Ad oggi non possiamo che dire che siamo all’economia dello zero. Attenzione quindi, perché dopo lo zero, c’è la decrescita felice”. Anche la 145^ indagine congiunturale di Confindustria Vicenza descrive di fatto una stagnazione conclamata della crescita economica. Quali i settori che stanno soffrendo di più in questo fine 2019? 

«In un clima di incertezza come questi, i settori un trimestre vanno e un trimestre no. Questo è quello che viviamo negli ultimi tempi, per questo abbiamo bisogno di certezze almeno dal nostro Paese, assieme alla possibilità di essere flessibili per competere con Cina, USA, Germania e il resto del mondo. Ma oltre alla situazione di oggi, il problema è che i nostri imprenditori sono preoccupati per il futuro. E quando non c’è fiducia in una crescita futura si investe di meno e si assume di meno. In definitiva, il Pil si ferma. E l’ultima registrazione del sentiment dei nostri imprenditori, infatti, ha raggiunto il minimo storico». 

La meccanica, in tutte le sue diverse specialità, è da sempre il fiore all’occhiello della manifattura vicentina. Le prospettive in questo comparto per il 2020 quali sono? 

«Dipenderà molto dal contesto internazionale. Il problema vero è che l’automotive tedesca, che traina una filiera enorme e importantissima per la nostra meccanica, pare ci metterà molto tempo ad uscire dal vulnus creato dal “Diesel gate”. Le nostre aziende risentiranno di questo, ma quando capitano queste congiunture, la nostra forza è quella di trovare nuove soluzioni e nuovi mercati. Credo lo faremmo anche questa volta». 

Le diverse aree di turbolenza che aleggiano sui mercati internazionali, in primis la guerra dei dazi inaugurata da Donald Trump, quanto vi preoccupano? Che dati avete a disposizione per il 2020 sul costo economico di eventuali maggiori inasprimenti delle politiche commerciali messe in atto a livello internazionale. 

«Impossibile fare una stima precisa perché, anche qui, Trump e gli altri leader, sono continuamente in trattativa e spesso forieri di annunci che vengono smentiti il giorno dopo. Quello che possiamo dire però è che il mondo è grande e che, nonostante i dazi, nei primi 9 mesi del 2019 l’export vicentino, terzo per valore assoluto e primo pro-capite in Italia, è cresciuto del 2,36% rispetto al 2018 che fu un anno record». 

Per concludere, gli imprenditori vicentini che idea si sono fatti di come è stata gestita la questione strategica del Mes 

«Che si è fatta solo campagna elettorale, evitando ancora una volta, accuratamente, di occuparsi delle priorità di questo Paese». 

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