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Vaccini, Draghi striglia le case farmaceutiche inadempienti

Il Premier sprona la Ue a cambiare passo e a usare la linea dura nei confronti delle case farmaceutiche che non rispettano i contratti e che rischiano di mandare all’aria l’intero piano di vaccinazione del Vecchio Continente

Vaccini, Draghi striglia le case farmaceutiche inadempienti

Al suo primo Consiglio europeo da numero uno del governo italiano, Mario Draghi aumenta la pressione su Bruxelles per accelerare sul fronte delle vaccinazioni. Un debutto duro quello dell’ex banchiere centrale, che ha avanzato due richieste agli altri 26 leader collegati in videoconferenza: sanzionare le case farmaceutiche che non rispettano le consegne previste nei contratti, eventualmente arrivando anche al blocco delle esportazioni, e rimandare a momenti migliori le donazioni di vaccini ai Paesi extraeuropei.

L’obiettivo comune dell’Ue rimane quello di aumentare gli sforzi per la fornitura dei vaccini mantenendo restrizioni rigide. Ciò significa limitare i viaggi non essenziali all’interno e all’esterno dell’Unione, garantendo però la circolazione di beni e servizi nel mercato unico. Malgrado le difficoltà, l’Europa continua a sostenere che entro l’estate sia possibile arrivare a vaccinare il 70% della popolazione comunitaria. Difficile, visto che dal 27 dicembre sono state 51 milioni e mezzo le dosi arrivate ai Paesi membri, e le abbiamo usate per vaccinare appena l’8% degli europei.

Durante il Consiglio, la cancelliera tedesca Angela Merkel ha sottolineato che i vaccini ci faranno compagnia per anni, a causa delle continue mutazioni del virus. Anche per questo il presidente francese, Emmanuel Macron, vuole scommettere sulla produzione autonoma in Europa a partire dalla fine dell’anno.

In collegamento con i capi di Stato e di governo dell’Unione, gli amministratori delegati delle case farmaceutiche hanno provato a giustificare i ritardi negli approvvigionamenti. “So che c’è delusione – ha detto Pascal Soriot, di Astrazeneca – ma faremo di tutto per fornire i 40 milioni di dosi promessi all’Europa entro il primo trimestre”. Il numero uno di Moderna, Stéphane Bancel, si è giustificato dicendo che “un anno fa non sapevamo nulla del virus e adesso abbiamo un vaccino: stiamo migliorando; investiremo nella produzione e in nuovi stabilimenti anche fuori dall’Europa”.

Intanto, sempre a livello Ue si studiano altre due possibilità: ritardare il più possibile la somministrazione delle seconde dosi dei vaccini per allargare la copertura e creare una sorta di passaporto europeo vaccinale, sul quale sono tutti d’accordo ma che non arriverà prima di tre mesi.

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