Condividi

Usa, la classe media tra paura e rabbia raccontata dalla Warren

Nel suo nuovo libro “Questa lotta è la nostra lotta”, la senatrice democratica americana Elizabeth Warren esplora a fondo le tensioni che percorrono la classe media americana che per molti aspetti assomigliano al malessere della stessa classe che si manifesta in Europa e in Italia

Usa, la classe media tra paura e rabbia raccontata dalla Warren

Per Elizabeth Warren, l’America ha costruito il più grande ceto medio che il mondo abbia mai conosciuto e lo hanno fatto gli stessi americani, con il duro lavoro e il supporto di politiche governative volte a creare maggiori opportunità per milioni di persone. Utilizzando tutti i mezzi possibili: politiche fiscali, investimenti nell’istruzione pubblica, nuove infrastrutture, sostegno alla ricerca, regole di protezione per i consumatori e gli investitori, leggi antitrust.

Ma ora tutta le gente è, giustamente, preoccupata. Preoccupata e arrabbiata. Giustamente. Lo è perché, nonostante si ammazzi di lavoro, non vede praticamente crescere il proprio reddito. Perché le spese per la casa e l’assistenza sanitaria erodono quasi completamente il suo bilancio. Perché pagare l’asilo o l’università dei figli è diventato impossibile. Perché gli accordi commerciali sembrano creare posti di lavoro e opportunità per la manodopera in altre parti mondo, lasciando le fabbriche in territorio americano abbandonate. Perché i giovani sono strozzati dai prestiti studenteschi, la forza lavoro è fortemente indebitata e per gli anziani la sicurezza sociale non riesce a coprire le spese della vita di tutti i giorni.

L’attuale situazione sta impoverendo sempre più il ceto medio e distruggendo la democrazia. Una condizione che risulta essere molto simile a quanto sta accadendo in altri paesi occidentali, Italia compresa, ovvero in tutte o quasi le potenze del vecchio mondo. Warren sottolinea come i meccanismi di questa democrazia così duramente conquistata e infinitamente preziosa sono stati in realtà fortemente alterati.

Il sistema oggi funziona ancora bene per chi si trova ai vertici. Per ogni azienda abbastanza grande da assumere un esercito di lobbisti e avvocati. Per ogni miliardario che in proporzione paga meno tasse rispetto a un semplice dipendente. Per tutti coloro che hanno abbastanza soldi per comprare favori a Washington.

Si tratta di un tipo di corruzione molto più insidioso e pericoloso di quella “tradizionale”, vecchio stile, con bustarelle piene di denaro contante, perché sta trasformando il governo in uno strumento nelle mani di quanti già possiedono ricchezze e influenze. L’autrice elenca tutta una serie di dati su cui è bene riflettere:

  • Più del 70% degli americani crede che gli studenti dovrebbero avere accesso all’istruzione senza doversi indebitare.
  • Quasi tre quarti degli americani sono a favore di un ampliamento della previdenza sociale.
  • Due terzi degli americani sono a favore dell’avvento del salario minimo federale.
  • Tre quarti degli americani vogliono che il governo federale aumenti la spesa per le infrastrutture.
  • Un numero di americani pari al doppio degli elettori di Trump vorrebbe salvaguardare e rafforzare l’Ufficio per la tutela finanziaria dei consumatori.

E sembra avere ben chiaro in mente anche il modo con cui riuscire ad ottenere tutto ciò: aumentando le tasse di chi sta ai vertici. Il punto però è che ciò è quello in cui crede la grande maggioranza degli americani: democratici, repubblicani, indipendenti, libertari, vegetariani… E ognuno di questi gruppi è convinto che saranno i rispettivi leader ed esponenti politici a perseguire gli obiettivi una volta raggiunti i palazzi del potere.

Nel 2016, è la stessa Warren ad ammetterlo nel testo, proprio mentre montavano tutte queste preoccupazioni e questa rabbia, arrivò un imbonitore che fece grandi promesse. Un uomo che giurava avrebbe bonificato la palude della politica. Un uomo a cui hanno creduto tanti americani. Un uomo che è diventato Presidente degli Stati Uniti d’America. Quello che vogliono gli americani è chiaro. Su chi hanno puntato per ottenerlo nel 2016 anche. La domanda è su chi cadrà la scelta alle prossime imminenti elezioni presidenziali.

Nel saggio Elizabeth Warren racconta numerosi aneddoti e testimonianze che ha personalmente raccolto nel mondo del ceto medio americano. Storie anche molto tristi di persone che hanno perso il lavoro, la casa, la stabilità, la sicurezza, la possibilità di studiare, la speranza in un futuro migliore. Storie vere senza ombra di dubbio alcuno. Storie più diffuse di quanto normalmente si pensi, anche.

Ma la gente si compone, in America come altrove, in maniera molto variegata. Magari non le persone intervistate dall’autrice ma altre, con storie simili, potrebbero anche appoggiare quelle idee e quelle scelte che per Warren sono inconcepibili, e magari arrivare davvero a pensare che un muro lungo il confine messicano avrebbe risolto chissà quanti e quali problemi. E forse, nonostante tutto, lo pensano ancora.

È successo anche altrove. È successo anche in Italia. Il 20 gennaio 2017 a Washington l’autrice narra di essere rimasta molto turbata da uno striscione tenuto da alcuni manifestanti. Un rettangolo di stoffa su cui figuravano grandi e poche lettere, un’unica parola scritta tutta in maiuscolo: FASCISTA. Warren afferma di aver già sentito usare quella parola quando era solo una bambina, una parola che era un’offesa. Ma che quel giorno le risuonò nella mente in maniera differente, per certo più incisiva.

Ci sono posti che invece quella parola la conoscono bene, ne conoscono gli effetti, eppure sembra che, proprio in quei luoghi, l’accezione negativa non sia più tanto tale. In Europa, in molte parti di essa, sembra quasi che si guardi a quel periodo con nostalgia e a farlo non sono sette o gruppi segreti, è la gente, la stessa di cui racconta anche la Warren, quella arrabbiata e preoccupata, giustamente, per il proprio futuro. Molto arrabbiata e molto preoccupata e, forse, proprio per questo facilmente permeabile dalle idee di coloro che mostrano loro i “reali” colpevoli della triste situazione in cui versano.

Ma la soluzione non è mai così semplice, e più i problemi sono grandi più il percorso da compiere è lungo e difficile. Ed è esattamente questo che vuol fare Elizabeth Warren: perseverare, resistere, insistere, lottare, ogni giorno, e farlo per il dono sorprendente che abbiamo ereditato dalle generazioni di americani che ci hanno preceduto: la nostra democrazia.

Perseverare, resistere, insistere, lottare. Un libro, Questa lotta è nostra lotta di Elizabeth Warren che è un manifesto per i diritti umani e civili dei lavoratori americani, che dovrebbe essere sottoscritto dai lavoratori di ogni parte del mondo.

Bibliografia di riferimento

Elizabeth Warren, Questa lotta è la nostra lotta, Garzanti, Milano, 2020.

Traduzione dall’inglese di Paolo Lucca.

Titolo originale dell’opera This fight is our fight. The battle to save America’s middle class

L’autore

Elizabeth Warren ha insegnato diritto commerciale presso l’Università di Harvard prima di essere eletta senatrice del Massachusetts e candidata alle primarie del partito democratico per le elezioni presidenziali degli Stati Uniti.

Commenta