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Usa-Cina presto più vicine sostiene Biden ma Pechino caccia Micron e prepara l’offensiva sull’auto elettrica

“Cina-Usa presto più vicine”, assicura il presidente Biden. Ma Pechino ha deciso di vietare l’uso dei chips dell’americana Micron, accoglie a Shanghai l’Ipo di Syngenta e prepara l’offensiva dell’auto elettrica – Tre segnali di maturità che non convincono i mercati

Usa-Cina presto più vicine sostiene Biden ma Pechino caccia Micron e prepara l’offensiva sull’auto elettrica

Le relazioni della Cina con gli USA dovrebbero migliorare “molto presto”. Parola del presidente Joe Biden che, sull’aereo che lo riportava in patria dal Giappone ha dichiarato di aspettarsi che i legami con la Cina miglioreranno “molto presto” liquidando la “stupida” crisi scoppiata dopo che l’abbattimento di un presunto pallone spia cinese all’inizio di quest’anno ha fatto deragliare le relazioni tra le due suoperpotenze. Parlando ai giornalisti domenica alla fine del vertice del Gruppo dei Sette in Giappone, Biden ha affermato che la sua amministrazione sta valutando se revocare le sanzioni al ministro della Difesa cinese Li Shangfu, che il segretario alla Difesa Lloyd Austin sta cercando di incontrare in un evento a giugno a Singapore.

Sfida Usa-Cina: Pechino caccia Micron…

Manco il tempo di sbarcare a Washington che una nota da Pechino ha raffreddato tanto ottimismo: la potente amministrazione del cyberspazio che vigila (e censura) Internet nel Celeste Impero ha deciso di vietare l’uso dei chips dell’americana Micron perché questi componenti rappresentano un grave rischio per la sicurezza di banche e Telecom. Un brutto colpo per l’azienda di Boise nell’Idaho, primo produttore Usa (terzo al mondo) nel campo delle memorie, che accusa nel preBorsa un calo superiore al 5%. Ma, soprattutto, un siluro politico di Xi Jingpimg quasi inedito. 

In realtà Pechino non avrà grandi problemi a sostituire le memorie di Micron con prodotti di Samsung p dell’altra coreana SK Hinix. Ma, per la prima volta, non è Washington ad imporre alla Cina un embargo tecnologico, ma è Pechino a rinunciare ad acquisti da Ovest.

Ieri, poi, è arrivato un altro segnale eloquente della voglia di emancipazione del Drago dal decoupling imposto dall’Ovest.

…ma accoglie a Shanghai l’Ipo di Syngenta e prepara l’offensiva dell’auto elettrica

La Borsa di Shanghai ha deciso di accettare l’offerta pubblica di una quota azioni Syngenta, il colosso delle sementi e dei prodotti chimici per l’agricoltura con sede in Svizzera ma controllato dal 2017 dalla cinese ChemChina (socia di maggioranza di Pirelli) che l’ha rilevata per 43 miliardi di euro. L’operazione prevede il collocamento di titoli per 65 miliardi di yuan (6,5 miliardi di dollari). Al di là della raccolta di capitali l’Ipo, la terza al mondo nel 2023, rappresenta un salto di qualità per le ambizioni della piazza finanziaria cinese. Non si tratta solo di attrarre l’interesse degli investitori locali, ma di promuovere Shanghai tra i mercati affidabili per gli standard occidentali, almeno sotto il profilo delle dimensioni e della liquidità.

Un altro passo verso la piena maturità, quella che ormai è stata acquisita dall’industria dell’auto elettrica che sta mettendo in seria difficoltà la leadership di Volkswagen e di Tesla sul mercato interno. Proprio oggi la Borsa ha salutato con un forte rialzo il lancio dell’ultima Nio +8%, una delle vetture che si accingono a conquistare il mercato europeo.

I mercati ripartono dalla sfida Usa-Cina ma i conti sono peggio del previsto

Insomma, tre segnali di maturità in un giorno solo che, però, non convincono appieno i mercati finanziari. A differenza di quanto sta avvenendo per il Giappone, premiato dagli acquisti dei grandi investitori occidentali (promo fra tutto Warren Buffett), il decollo post pandemia dell’economia cinese incontra difficoltà impreviste: dallo scorso 18 aprile, quando sono stati pubblicati i dati della crescita cinese del primo trimestre, la capitalizzazione delle azioni cinesi è scesa di oltre 500 miliardi di dollari. Dalle statistiche emerge una realtà assai meno solida di quanto previsto dalle grandi case di investimento che scommettevano sul ruolo di Pechino di nuovo locomotiva della ripresa. Al contrario, dalla produzione industriale alle vendite al dettaglio, si moltiplicano i dati inferiori alle attese. E una conferma indiretta della debolezza congiunturale cinese viene anche dalle importazioni, che ad aprile si sono contratte, mentre i dati di vendite al dettaglio e produzione industriale sono usciti nei giorni scorsi ben inferiori alle attese.

I primi acciacchi del Dragone: slitta il sorpasso sugli usa

Altri segnali sono ancor più allarmanti: la disoccupazione giovanile è ormai al 20%, alimentando frustrazione e tensioni sociali, mentre il regime invita i giovani a non essere schizzinosi e darsi da fare in fabbrica, nei campi o nel commercio ambulante anche se hanno una laurea che al momento non serve a nulla. E non si riprende l’immobiliare, in passato il polmone della crescita, ancora afflitto dal crollo dei giganti, a partire da Evergrande. Ne risulta un quadro in chiaro scuro. Certo, la Cina è la seconda economia del pianeta. Ma, come scrive Nial Ferguson, il sorpasso nei confronti degli Stati Uniti non è più così certo. La forza tecnologica e la crescita geopolitica del Drago è fuori discussione, ma il Paese accusa i i postumi di un eccesso di leva finanziaria legata alla bolla immobiliare aggravata da una situazione demografica allarmante. E non sembra in grado di accelerare oltre l’obiettivo di una crescita annua del 5%, già più difficile del previsto. Anche il Drago soffre di acciacchi.

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