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Ue a Italia: “Bassa qualità delle istituzioni”

Secondo Bruxelles, i Paesi che “hanno speso nella ricerca una parte minore del proprio Pil (ad esempio Spagna, Portogallo, Italia), hanno anche avuto un minore tasso medio di crescita durante il periodo che ha preceduto la crisi. Dunque più o meno nei primi anni Duemila, e nel 2005-2007: il batterio viene da lontano”.

Ue a Italia: “Bassa qualità delle istituzioni”

“Molti studi hanno legato la scarsa produttività di un Paese alla qualità deteriorata delle sue istituzioni e la qualità delle istituzioni, così come misurata dagli indicatori della Banca Mondiale, è stata davvero bassa nelle economie dell’Eurozona con bassa produttività. Questo sembra in particolare il caso dell’Italia”. E’ quanto si legge nell’ultimo rapporto del Direttorato per gli affari economici e monetari della Commissione europea sull’andamento delle economie dell’eurozona dall’inizio della crisi fino ad aprile 2014.

“Il Tfp dell’Italia (total factor productivity, il fattore che calcola il peso dei vari fattori sulla produttività di un Paese, dal governo e la burocrazia alle tecnologia) si è allontanato significativamente da quello del resto dell’Eurozona nel decennio che ha preceduto la crisi – prosegue il documento -, anche se la stessa Italia non era fra le nazioni che cercavano d’inseguire quelle più progredite”. 

Quanto al fisco, “c’è la prova che tasse più alte sulle imprese possono ridurre l’imprenditorialità e la attività di ricerca e sviluppo – proseguono da Bruxelles -, sfociando in un impatto negativo sul Tfp”. Sul fronte industriale, invece, “nella maggior parte delle nazioni dell’euro, il contributo alla crescita fornito dal capitale delle industrie ad alta tecnologia è andato sempre più deteriorandosi negli ultimi anni del periodo pre-crisi (2004-2007), specialmente nei Paesi il cui il fattore Tfp declinava: la Spagna, il Portogallo e l’Italia. Gli insufficienti investimenti nelle industrie ad alta tecnologia potrebbero essere un’importante spiegazione per il deludente andamento”.

La spiegazione è ovvia: “I Paesi che spendono di più nella ricerca e nello sviluppo tendono a esibire più alti tassi di crescita nel loro Tfp – continua il rapporto -. Quelli che invece hanno speso nella ricerca una parte minore del proprio Pil (ad esempio Spagna, Portogallo, Italia), hanno anche avuto un minore tasso medio di crescita durante il periodo che ha preceduto la crisi. Dunque più o meno nei primi anni Duemila, e nel 2005-2007: il batterio viene da lontano”.

La Commissione rileva infine che “l’andamento dei redditi pro-capite nell’Eurozona ha rallentato fin dalla metà degli anni ‘90. Ciò riflette principalmente i bassi tassi di crescita in alcuni Paesi all’inseguimento degli altri (Grecia, Spagna, Portogallo), ma riguarda anche alcuni Paesi con nun reddito pro-capite più alto che nella media della zona euro: per esempio, l’Italia”.

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