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Ucraina, senza pace per il futuro si fa dura

Il Pil, atteso in calo dell’11%, unito alla debole qualità del portafoglio crediti e alla carenza patrimoniale non sostenuta dai risultati, induce ad una grande cautela sulla capacità di recupero di un sistema che con la guerra ha perso il 90% di IDE.

Ucraina, senza pace per il futuro si fa dura

Come riportato dal un recente report del Centro Studi e Ricerche Intesa Sanpaolo, l’interscambio commerciale dell’Ucraina nel 2014 è stato pari a 108 miliardi di dollari (-23%). Le esportazioni (53,9 miliardi di dollari, -15% rispetto all’anno precedente) risultano essere inferiori alle importazioni (54,4 mld, -29%). I dati relativi ai primi nove mesi del 2015 evidenziano un calo sia delle importazioni che dell’export di circa il 33%. Il saldo commerciale, storicamente negativo, è risultato nel 2014 pari a -0,5 mld a causa del forte rallentamento delle importazioni, mentre nei primi tre trimestri del 2015 l’arretramento degli scambi ha generato un surplus pari a +0,7 mld.

Gli scambi commerciali sono effettuati prevalentemente con Russia (21%), Germania (6%), Polonia e Bielorussia (5%) e l’Italia a segure (4%). L’Asia fornisce circa il 19% e acquista circa il 27% del totale esportato, laddove la Cina detiene quasi l’8% degli scambi. Il dettaglio merceologico vede la prevalenza tra le importazioni di minerali (29%), macchinari (17%), prodotti chimici (12%), prodotti dell’agro alimentare (11%), gomma e plastica (7%). Tra le esportazioni sono rilevanti i prodotti agro-alimentari (30%), metalli (28%), minerali (11%), macchinari (11%) e prodotti chimici (6%). Il saldo netto è positivo per prodotti agro-alimentari, metalli, legno, carta e stampa, mentre è negativo per tutte le altre categorie.

Tuttavia, la crisi politica ed economica continua ad avere pesanti effetti sull’operatività delle banche ucraine, ripercuotendosi sul totale attivo, in flessione dell’8% nei primi 9 mesi dell’anno scorso. Il PIL, atteso in calo dell’11% a fine 2015, unito alla debole qualità del portafoglio crediti e alla carenza patrimoniale non sostenuta dai risultati, inducono gli analisti ad una grande cautela sulla capacità di recupero del sistema e sull’andamento delle principali variabili bancarie nei prossimi anni. Gli impieghi registrano una variazione negativa in termini nominali (-1,9% lo scorso settembre), dovuta al concorso di vari fattori come la debolezza della domanda, il peggioramento delle condizioni di solvibilità degli affidati nonché, dal lato dell’offerta, la debolezza del funding e una minore disponibilità all’erogazione di credito. Al netto dell’effetto cambio gli impieghi al settore privato evidenziano una forte flessione pari a -36% circa lo scorso ottobre.

La qualità del portafoglio è molto debole, attesa in ulteriore peggioramento: le sofferenze sono salite oltre il 24% a fine giugno e richiedono misure urgenti di pulizia dei bilanci. A settembre i depositi hanno segnato un calo dell’1,3%, soprattutto nelle famiglie (-6,8% rispetto allo steso periodo dell’anno precedente), che coprono gran parte dei depositi al settore privato (circa il 70%), mentre nelle imprese si è mantenuta una variazione positiva. Al netto del cambio la flessione è stata pari a -40% nel settore privato. Allo stesso tempo, anche il ricorso a capitale estero continua ad essere difficile: le passività estere hanno registrato un aumento nominale del 21% a settembre, corrispondente però ad una flessione di oltre il 50% al netto dell’effetto cambio.

Sul fronte della liquidità, dopo un lieve miglioramento registrato nel 2013, il rapporto impieghi/depositi riferito al settore privato, che aveva raggiunto il 230% nel picco della crisi nel settembre 2009, è tornato a salire portandosi al 157% a fine settembre. A livello aggregato gli indici di capitalizzazione sono scesi sensibilmente sotto il 10%, il minimo di vigilanza, nel febbraio scorso (passando da 13,8% in gennaio a 7,37% in febbraio), per effetto dell’impatto del deprezzamento del cambio sulla posizione netta negativa in valuta estera, le più elevate sofferenze e l’aumento degli accantonamenti. Il sostegno finanziario del FMI, che svolge anche un ruolo essenziale nella guida dell’attuazione delle riforme, diventa allora essenziale per garantire lo svolgimento dell’attività bancaria nel Paese.

Lo stock di investimenti produttivi esteri (IDE) in Ucraina nel 2014 era pari a 64 miliardi di dollari (47% del PIL). I principali settori di destinazione degli IDE risultano essere, nell’ordine, quelli di industria, servizi e primario. Tra i servizi spiccano servizi finanziari e commercio, mentre nel primario il comparto minerario estrattivo. Tuttavia, lo scoppio della guerra civile ha portato a un calo drastico dei flussi di IDE (-90%). L’industria manifatturiera ucraina vede il prevalere del comparto agro-alimentare (22%), seguito da metallurgia (19%), macchinari e mezzi di trasporto (7%), legno, carta e stampa (4%), prodotti petroliferi raffinati (4%), minerali non metallici (3%). Ecco allora che, se nel corso del 2014 l’indice della produzione industriale ha segnato un ribasso del 10%, nei primi nove mesi dell’anno scorso il calo è stato di circa il 17%.

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