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Turismo, ripartire dalle “zone verdi” per salvarlo

Uno studio del think tank EsadeEcPol propone all’Unione europea la certificazione di aree meno contagiate a livello continentale per far ripartire il settore e alleggerire le perdite – In tutta Europa 23 milioni di addetti.

Turismo, ripartire dalle “zone verdi” per salvarlo

Deconfinamento e connessioni: due termini che nella riapertura dell’Europa non si sono ancora incontrate. Eppure insieme possono costituire la soluzione per ridare fiato al turismo, la vittima industriale più illustre del Covid 19. Il deconfinamento pone fine al divieto di stare chiusi in un certo territorio. Quindi di poter riprendere a circolare, a viaggiare. Connessioni è, invece, il termine usato da Miquel Oliu-Barton, Professore di Matematica all’Università Paris-Dauphine e Bary Pradelski, Professore di Economia dell’Oxford-Man Institute. Pochi giorni fa hanno pubblicato con il think tank EsadeEcPol lo studio “Connettere le zone verdi europee: una proposta per salvare il turismo”. 

Il settore rappresenta il 13% dell’occupazione e il 12% del PIL annuale in Italia, l’11% e il 14% in Spagna, il 26% e il 30% in Grecia, per dire i Paesi più rappresentativi dello studio. Per superare la batosta pandemica e iniziare di nuovo a viaggiare in zone ecosostenibili, i due ricercatori indicano una strategia per uscire dall’auto-confinamento e indirizzare le persone verso zone verdi, inedite. Attraverso un modello matematico propongono la creazione di aree con 10.000 abitanti dove de-confinarli gradualmente. Aree da delimitare – ben distinte dalle rosse – dichiarate salubri e  soprattutto sicure.

I colori sono tutto: rosso, se il virus non è sotto controllo; verde se lo è e se nell’arco di una settimana stabilita non ci sono stati contagi. Ottimisti sulla praticabilità di questa soluzione “ambientalista”, Barton e Pradelski prevedono che entro 4 mesi le zone non contagiose si unirebbero tra loro generando una ragnatela dell’accoglienza su scala europea. Una novità assoluta per rilanciare un settore decisivo. Molti Stati dell’Unione europea, scrivono i due Prof, hanno lanciato i loro piani di deconfinamento per Regione. Con la diminuzione dell’incidenza del virus, la mobilità tra queste Regioni si normalizzerà seguendo una strategia ottimale.

La novità è che il modello può funzionare a livello europeo, piuttosto che in ogni singolo Paese. Certo, le zone attrattive dovranno essere certificate dalle istituzioni comunitarie e bisognerà studiare in che modo. In fondo si tratta di far tornare a lavorare prima possibile 23 milioni di addetti in tutta Europa. Persone da salvaguardare anche sul piano sanitario, ovviamente. Alla riunione dei ministri del Turismo la settimana scorsa il Commissario per il Mercato interno, Thierry Breton ha detto che l’Unione pensa a soluzioni nell’ambito del bilancio europeo che – aggiungiamo noi – non ha tempi celeri. 

La mappatura verde e sostenibile dovrebbe, dunque, esaminarla la politica, ed in fretta per coordinarla in modo orizzontale. La soluzione permetterebbe di compensare le perdite economiche dovute alla chiusura al turismo internazionale. Per quest’anno, almeno, poi si vedrà. La zonizzazione segnerebbe, tra l’altro, un graduale passaggio verso quell’economia sostenibile oggetto del new deal di Ursula von der Leyen. Il punto centrale sull’attuazione del modello del  think tank EsadeEcPol, a nostro avviso, restano i controlli sulle persone.

L’approccio di aree specifiche non li elimina. I ricercatori pongono il tema delle app sulla tracciabilità e lo risolvono con test e controlli a campione della temperatura. Ritengono il monitoraggio del contagio con i telefoni cellulari troppo invasivo, meglio indagini dirette. Lo studio innovativo e molto stimolante è stato ripreso da Le Monde e da altre riviste internazionali. Non risultano valutazioni approfondite da parte dei decisori politici. Aspettiamo.

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