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Tour: Parigi incorona Thomas, esaltando la forza del ciclismo Uk

Negli ultimi sette anni sono ben sei le vittorie in giallo dei corridori britannici, tutte ottenute sotto i colori del Team Sky che ha rivoluzionato gerarchie e linguaggio del ciclismo – Ultima tappa a Kristoff che ha battuto in volata Degenkolb e Démare – Sagan conquista la sesta maglia verde eguagliando il record di Zabel

Tour: Parigi incorona Thomas, esaltando la forza del  ciclismo Uk

Per quasi un secolo la Gran Bretagna è stata ai margini del Tour, ormai rassegnata dopo la tragica fine di Tommy Simpson sulle rampe assolate del Mont Ventoux a inseguire qualche successo di tappa ma mai in lotta per la maglia gialla. Negli ultimi dieci anni il ciclismo sotto la bandiera dell’Union Jack è diventato il più vincente del mondo: dal 2012 il Tour de France, fatta eccezione per la vittoria di Vincenzoi Nibali nel 2014, è stato dominato e vinto da corridori di Sua Maestà: una volta Bradley Wiggins, che ha fatto da apripista, quattro volte Chris Froome che ha ceduto la maglia gialla quest’anno a Geraint Thomas, sei trionfi sotto un’unica casacca, quella del Team Sky, la squadra che ha dominato la scena accelerando il ricambio di gerarchie consolidate e imponendo la lingua inglese in uno sport che decenni ha sempre parlato francese, italiano e spagnolo.

Anche nel ciclismo come nel calcio è sempre più difficile affermarsi senza grossi investimenti e e ingenti mezzi finanziari, una condizione sine qua non che ha espulso gloriose case del passato, come tanta italiane, e sponsor industriali che non se la sono più sentita di spendere. Il Team Sky in questi anni di dominio ha sempre puntato su un leader – prima Wiggins, poi Froome – mettendo a sua disposizione, convincendoli a suon di soldi, corridori che sarebbero capitani in ogni altra squadra, vincitori di titoli mondiali e di Milano Sanremo come Mikal Kwiatkowski.

La novità di quest’anno è che il leader lo si è cambiato in corsa dopo che Geraint Thomas, vincendo a La Rosière e sull’Alpe d’Huez , ha dimostrato di essere il più forte di tutti, anche di Froome sulle cui gambe alla fine hanno pesato le fatiche di un Giro d’Italia, vinto con la strepitosa impresa di Bardonecchia-Jafferau. Un successo che premia un atleta che per anni è si è messo al servizio degli altri, “un lavoro importante e decisivo” come lo ha riconosciuto Froome per i suoi quattro trionfi al Tour ed è stato bello il loro abbraccio al momento di tagliare l’ultimo traguardo sui Champs Elyséès, dove Alexdre Kristoff ha finalmente imposto il suo sprint battendo Degenkolb e Démare.

Si chiude così un Tour disegnato per i grimpeurs, ma che è stato vinto da un corridore che viene dalla pista, a riprova che la razza dello scalatore puro alla Quintana sta scomparendo o sempre più soccombemdo a quella dei passisti-scalatori come Thomas, Froome o lo stesso Tom Dumoulin, l’unico con Primoz Roglic – peccato la sua défaillance nella crono -che ha saputo inserirsi nella partita a due tutta britannica.

A uscire sconfitti da questo Tour sono in tanti, lo è anche Froome essendo venuto per vincerlo e realizzare la doippietta Giro-Tour ma ha perso da campione mettendosi a disposizione di Thomas ma cercando nella crono di fare l’impresa impossibile. Disarmante è la stata resa dei velocisti come Kittel, Greipel, Gaviria, Groenewegen e Cavendish che sono tornati a casa all’apparire delle Alpi e dei Pirenei, esaltando per contrasto il coraggio e la professionalità di colleghi come Kristoff, Degenkolb, Dèmare ( i primi tre sui Campi Elisi) e soprattutto di Sagan che pur malconcio ha portato a Parigi la sua sesta maglia verde eguagliando il record di Erik Zabel.

Ha deluso ancora Romain Bardet su cui i francesi puntavano per rivincere il Tour che non vede un transalpino in maglia gialla dal 1985. Respinto dalla Grande Boucle ancora una volta è stato Nairo Quintana che aveva messo la corsa francese al centro della sua stagione ma che ha avuto un solo giorno di gloria sul Col de Portet. Tra i bocciati, infine, va messa l’Aso, la società che organizza il Tour: fumogeni, lacrimogeni, insulti e sputi contro Froome e i suoi compagni del Team Sky.

È successo di tutto e di peggio nelle tre settimane di corsa. Situazioni imbarazzanti per chi presiede la competizione a tappe più importante del calendario, peggio ancora quando non si riesce ad arginare il caos creato dalla folla che invade la sede stradale fino a provocare incidenti come è capitato a Vincenzo NIbali sull’Alpe d’Huez: una caduta in salita nel confuso finale che ha costretto lo Squalo a ritirarsi quando ancora aveva tutte le carte in regola per inserirsi nella lotta per la vittoria finale.

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