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Totti, De Rossi e gli altri dopo Siena: la Roma ai tempi dell’utopia tattica di Luis Enrique

Dopo anni passati a navigare a vista, la Roma può finalmente dire di avere un progetto, incarnato da Totti e De Rossi, ma anche dai tanti giovanissimi presenti in rosa – Nonostante i risultati altalenanti – come ieri sera a Siena – piace l’idea tattica di Luis Enrique e il suo modulo di gioco unico in Italia, una ragnatela in costante movimento.

Totti, De Rossi e gli altri dopo Siena: la Roma ai tempi dell’utopia tattica di Luis Enrique

La A.S. ROMA è una società quotata in borsa. Rinnovata nella compagine proprietaria che spazia da investitori esteri ad una banca italiana, riorientato lo staff dirigenziale, avviata una politica di comunicazione più incisiva, messa in cantiere un’ idea di stadio, l’indispensabile casa di proprietà motore di ogni altra attività, e soprattutto messo nero su bianco un “progetto”, parola tanto desueta negli ambienti romani da fare notizia, anzi è arrivata al punto da diventare, una sorta di tormentone negli ambienti della stampa che ruota intorno alla casa giallorossa.

Di questo progetto si vuole parlare, e del meccanismo che lo sostiene sul campo. Si può scegliere infatti di mettere sotto la lente di ingrandimento una società a partire dai suoi fondamentali, magari sviluppando tutte le formule proprie degli analisti finanziari, ma la natura di una società calcistica impone di andare a guardare a che cosa caratterizza oggi la squadra che si è data un nuovo allenatore, giovane, ma ricco di esperienze e già capace di dimostrare di reggere bene al mare grosso. Ben oltre gli altalenanti risultati, come quello deludente di ieri sera a Siena.

Il fatto è che lui ha introdotto nel meccanismo produttivo della Roma una tecnologia nuova che le altre squadre non utilizzano, un modulo di gioco unico che viene fatto solo dalla Roma di Louis Enrique. Utilizza un 5-5-5. So che la cosa fa ridere, è un modulo che non esiste, che nessuno fa per… incapienza! C’è chi vuole il 4-3-3 , chi il 5-3-2, chi il 4-3-1-2 e così via, ma il 5-5-5 non viene impiegato da nessuno eppure in questa Roma lo si può vedere bene.

Si parte dalla difesa con i due centrali, essenzialmente riconducibili ai nomi di Juan e Burdisso, Heinze e Juan, Kjaer e Heinze, a seconda delle disponibilità sanitarie e della forma fisica dei singoli; sempre in difesa i due centrali sono affiancati da due esterni, in genere Taddei e José Angel, ma anche Rosi e Cicinho, con altre possibili alternative, la difesa raggiunge i cinque elementi considerato che il fenomeno centrale De Rossi si abbassa sistematicamente a primo presidio della difesa quando non ha compiti di impostazione nel possesso palla. Ci sono ricambi più che validi tra gli esterni e nei centrali, primo far tutti quel Cassetti che l’asturiano non vede come esterno, dove in verità ha fatto sempre bene, ma che ha letto il compito non come un passaggio da un settore all’altro graduale e pensato, ma come un volo continuo e cieco fino al margine per fare un cross, spesso inutile o non raccoglibile. La linea mediana è incardinata su tre elementi che stazionano nella linea centrale: Gago e Pjanic ai lati e il De Rossi che ora arretra e ora scivola in avanti facendo da perno alla linea che raggiunge la composizione a cinque con l’avanzare delle due ali su cui grava il compito polmonare più intenso, correndo avanti e indietro lungo le due fasce laterali, Taddei e Rosi appunto, la cui posizione standard è esattamente quella della linea mediana, arretrando o avanzando da questo livello in funzione del possesso palla.

Cinque dunque anche a centro campo, con varianti occasionali affidate ai nomi sicuri di Perrotta, Greco e Simplicio, che consentono di far tirare il fiato ai compagni in debito d’ossigeno. In avanti il vertice basso , centrale, che fa da sponda è Totti cui spetta il compito di lanciare gli inserimenti delle due punte avanzate, Lamela e Borini, due che potranno lasciare il posto, quando recuperato, ad Osvaldo, e all’occorrenza anche a Bojan che ha un solo nemico, l’impazienza del tifoso. Si dirà che è “leggerino”, che lo spostano come un fuscello, ma certi giocatori, col tempo, trovano la misura a tutto, e fanno impazzire gli avversari, specie quando ti prendono in gruppo, come è accaduto con l’Inter. Totti, che ha visione di gioco e occhio di falco, vede anche le occasioni per cambiare fronte quando si liberano le ali e propone spesso proprio Taddei e Rosi chiamati a fornire la consistenza del numero cinque anche in attacco, facendo seguire quei lanci in area fatti a fine corsa sulla fascia, praticamente dei corner invitanti quando non si può più riprendere il tichitichi tacataca che tanto piace al tecnico.

Questa squadra ha incorporato il “progetto” proprio perché non si esaurisce nei suoi nomi di cartello, ha una cantina di decantazione notevole, che fa sperare bene. Viviani, Piscitella, Nego, Caprari, Verre. Sono giocatori ben al di sotto dei venti anni e louis Enrique è l’allenatore giusto, con il coraggio sufficiente per buttarli nella mischia in modo intelligente. Non si è detto del portiere, un nazionale con rendimento costante, su cui poter contare, e questo basta, così come bastano i possibili sostituti al momento del bisogno. Ed è solo trascurando il portiere che non si è voluto parlare del modulo 6 -5 -5, che magari ci stava tutto.

E’ il concetto del 5-5-5 che è vincente, faticoso da reggere per 90 minuti, ma possibile, attuabile, se gli scambi restano stretti, palla a terra, poca corsa, pochi rischi, una ragnatela che a differenza di quella di Liedholm non è statica e bloccata a centro campo per attendere il lancio lungo e improvviso, sperando di riprendere la palla. No questa è, o vuole essere, quando è applicata bene, una ragnatela in costante movimento, in avanti e indietro su una direttrice di 40 metri di profondità e vertici di snodo, quasi i linfonodi deputati ad alimentare tutta la rete.

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