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Terze case e divorzi alla cinese

Il governo ha posto un tetto al numero massimo di abitazioni per famiglia per colpire gli speculatori. Ma a ogni legge corrisponde una scappatoia per aggirarla

Terze case e divorzi alla cinese

Fatta la legge trovato l’inganno: questa massima sembra avere valore universale e scavalca latitudini e longitudini. In Cina, per tenere sotto controllo un boom immobiliare che aveva assunto le dimensioni di una bolla, era stato stabilito un divieto di concessione dei mutui per l’acquisto di una terza casa: due vengono considerate il massimo che una famiglia può desiderare, per residenza principale e secondaria, mentre una terza casa viene considerata un investimento speculativo e come tale da non favorire. L’unità di riferimento è la famiglia, ma, se una famiglia che ha già due case si scinde e le due case si dividono equamente, ognuno dei due coniugi ha diritto a una “seconda” casa. Ecco allora che i cinesi benestanti che vogliono una terza casa non devono far altro che divorziare: si è creato in alcune città un mercato dei ‘falsi divorzi’, così da permettere di avere più case in portafoglio. Si suppone che poi, dopo aver rivenduto profittevolmente la ‘terza’ casa, si potrà celebrare un nuovo matrimonio…

http://www.bloomberg.com/news/2011-08-15/china-home-sales-skirt-policies-with-fake-divorces-parking-lots.html

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