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Taglio cuneo fiscale per tutto il 2024 e aliquota Irpef al 23% fino a 28 mila euro: le ricette del governo Meloni

Per la prossima Manovra il governo punta a prorogare il taglio del cuneo fiscale e accorpare i primi due scaglioni Irpef con un’aliquota al 23%. Ma dietro lo sgravio ci sono pesanti effetti distorsivi: ecco quali

Taglio cuneo fiscale per tutto il 2024 e aliquota Irpef al 23% fino a 28 mila euro: le ricette del governo Meloni

Accorpare i primi due scaglioni Irpef con un’aliquota al 23%, riducendo così il numero complessivo da quattro a tre. È l’idea a cui starebbe lavorando il governo Meloni per evitare che la riforma fiscale attuale comprometta i benefici del taglio del cuneo fiscale che l’esecutivo punta a prorogare per tutto il 2024 con la legge di Bilancio. Ad anticipare le misure in fase di messa a punto è stato il Viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, ma le conferme arriveranno solo dopo l’approvazione della Nadef, attesa entro il 27 settembre. Ormai è chiaro che su tutto pesa il problema risorse: con il taglio dell’Irpef e l’accorpamento dei primi due scaglioni le coperture necessarie si aggirano attorno “i 14 miliardi”, puntualizza Leo. Dietro lo sgravio però ci sono pesanti effetti distorsivi che in qualche modo dovranno essere mitigati. Ma andiamo per ordine.

Taglio del cuneo fiscale per tutto il 2024

La sforbiciata del cuneo fiscale voluta da Mario Draghi e confermata da Meloni consiste in un esonero parziale sulla quota dei contributi previdenziali a carico dei lavoratori dipendenti per i periodi di paga dal primo luglio al 31 dicembre 2023 (con esclusione della tredicesima mensilità) con un reddito inferiore ai 35mila euro lordi annui. In particolare, lo sgravio è dei 7% su tutte le buste paga d’importo pari o inferiore a 1.923 euro e dei 6% per gli stipendi compresi tra 1.924 e 2.692 euro. Con incrementi della busta paga che possono arrivare sino a 90/100 euro lordi per i lavoratori con i redditi più bassi. E l’intenzione è quella di prorogare la misura per tutto il 2024. “E se ci riesco anche qualcosina in più”, ha detto la premier Giorgia Meloni.

In realtà, l’obiettivo del governo fino a pochi mesi fa era un altro: accorpare gli scaglioni Irpef (da 4 a 3) e rimodulare le aliquote. Ovviamente tutto è rimandato al prossimo anno, sempre se ci saranno le risorse per farlo. Invece adesso, accanto al rinnovo del taglio, spunta l’idea di accorpare i primi due scaglioni. Ma dove trovare le risorse? Secondo il viceministro dell’economia, dal riordino delle tax expenditure si può ricavare una cifra “tra 800 milioni e un miliardo di euro. Risorse che dovrebbero andare proprio a beneficio della riduzione da quattro a tre delle aliquote irpef”. Tuttavia, lo strumento solleva non poche perplessità soprattutto se l’esecutivo intende renderlo permanente.

Cosa comporta la riduzione del cuneo fiscale?

Il rinnovo del taglio porta con sé un rischio effetto distorsione sulle buste paga dei lavoratori che potrebbe essere ammortizzato dalla modifica verso l’alto della soglia del primo scaglione Irpef. “Se do più soldi col cuneo, poi vengono mangiati dall’aliquota fiscale al 23% della prima aliquota”, dice Leo. Dunque, si dovrebbe “aumentare la soglia del primo scaglione di reddito”, per evitare che quello che viene dato dallo Stato in parte se lo riprenda. Perché ciò che i dipendenti prendono di più al mese con lo sgravio, in realtà è una decontribuzione, ovvero meno contributi previdenziali che i lavoratori versano all’Inps, fiscalizzati, e dunque coperti dallo Stato per non impattare sulle pensioni future. Meno contributi significa più reddito imponibile ai fini Irpef (l’Irpef si paga sul salario al netto dei contributi previdenziali). Detto in poche parole una parte dello sconto viene comunque “mangiata” dalle tasse. E nei casi limite può addirittura comportare un salto di aliquota (più tasse e contributi) con notevole perdita netta per il lavoratore. Non a caso il potenziamento dello sgravio, che Meloni aveva detto essere stato finanziato fino a fine anno con un “tesoretto da 4 miliardi”, in realtà ne è costato solo 2,9 perché il resto sono le maggiori imposte versate dagli stessi lavoratori per effetto della riduzione dei contributi (che sono deducibili).

Quali saranno le aliquote Irpef 2024?

L’idea è ora quella di ampliare l’attuale aliquota fiscale del 23%, che attualmente viene applicata a redditi fino a 15mila euro, ai contribuenti con un reddito compreso tra 15mila e 28mila euro, lasciando intoccate le altre due. Di fatto, il numero di aliquote scenderebbe da 4 a 3. I contribuenti (compresi pensionati e autonomi) con un reddito compreso tra i 15 e i 28 mila euro sono 14 milioni. In pratica, si allargherebbe la platea di chi versa meno allo Stato. Ma il taglio dell’aliquota toccherebbe tutti i contribuenti, anche chi supera questa soglia. E questo per la natura progressista del nostro sistema: se tagli le tasse al gradino più basso, ne beneficiano tutti. Ma la differenza è che i contribuenti a basso reddito su quel beneficio da circa 2,9 miliardi ci pagano le tasse. Come già detto, la riduzione dei contributi fa sempre salire la base imponibile, e anche le imposte dovute. L’ennesimo specchietto per le allodole.

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