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Superbonus 110%: ha aumentato il Pil o spinto il deficit? L’analisi dell’Osservatorio conti pubblici italiani

L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani ha provato a quantificare realmente l’impatto effettivo del superbonus 110% sull’economia e sul bilancio pubblico. Il superbonus è costato 68,7 miliardi aiutando alla crescita del Pil del 1,4% in due anni. Bilancio pubblico in profondo rosso, rientrati poco meno di 14 miliardi.

Superbonus 110%: ha aumentato il Pil o spinto il deficit? L’analisi dell’Osservatorio conti pubblici italiani

L’Osservatorio Conti Pubblici Italiani ha provato ad quantificare realmente l’impatto effettivo del Superbonus 110% sull’economia e sul bilancio pubblico.

Secondo i dati dell’Enea, il superbonus 110%, da quando è stato introdotto a luglio 2020, è costato 68,7 miliardi e ha attivato 46,6 miliardi di investimenti (62,5 miliardi se si considerano anche quelli già avviati).
Il totale degli investimenti in abitazioni da inizio 2021 a fine 2022, invece, secondo i dati Istat del 1 marzo, è stato di 204,8 miliardi. I dati menzionati sono stati utilizzati per validare l’impatto positivo del superbonus 110% sull’economia e di quanto abbia contribuito alla ripresa del paese. Tra le ipotesi discusse, anche quella che l’impatto sull’economia sarebbe stato così forte da generare un gettito fiscale dello stesso ordine di grandezza della spesa sostenuta dallo Stato in modo da potersi autofinanziare. Analizzando gli effetti del Superbonus bisogna però tenere conto di alcuni elementi:

  • Molti degli investimenti finanzianti con il superbonus 110% sarebbero stati realizzati ugualmente. (secondo uno studio preliminare della Banca d’Italia, solo metà degli investimenti contabilizzati dall’ENEA avrebbe carattere aggiuntivo)
  • Oltre agli interventi trainanti (come ad esempio il cappotto), il bonus dà la possibilità di finanziare altri interventi (come sostituzione di caldaie o infissi e installazione di pannelli solari) che in generale vengono svolti in via ordinaria
  • Alcuni lavori, come il rifacimento delle facciate, sarebbero stati svolti comunque, grazie ad altri bonus edilizi tra cui quello del bonus 90% per le facciate e la detrazione ordinaria del 36% su tutte le spese edilizie sostenute entro il tetto dei 48.000 euro

A fronte di ciò, analizzando i dati, secondo un’ipotesi della Banca d’Italia, circa metà degli investimenti censiti dall’Enea, ossia 31,3 miliardi (su 62,5) sono interventi aggiuntivi generati dal superbonus 110%. Nel 2021 e 2022, gli investimenti sarebbero stati minori per un totale rispettivamente pari a 8 e 23 miliardi. In sostanza, post pandemia la ripresa sarebbe stata più lenta. Gli investimenti avrebbero comunque raggiunto i 76 miliardi nel 2022, con un incremento del 10 per cento rispetto al 2019.

L’impatto effettivo del superbonus sul Pil

Quanto hanno inciso questi investimenti realmente sul Pil? Bisogna considerare, inizialmente, che gli investimenti in abitazioni (comprese le nuove costruzioni) rappresentano poco meno del 5% del Pil: un grande aumento di questa voce ha quindi un effetto limitato nel complesso totale del pil. In tre anni di applicazione del bonus ( considerando anche le variabili reali come l’inflazione) l’effetto cumulato è pari al 1,4%. Alla fine del 2021, l’effetto complessivo (inclusivo dell’effetto dell’incentivo sulla seconda metà del 2020) è stato dell’0,5%. In assenza del bonus, la crescita del Pil sarebbe stata pari al 6,5% anziché al 7,0% stimato da Istat. Nel 2022, il pil, stimato da Istat, è stato del 3,7%: senza l’effetto aggiuntivo alla crescita dello 0,9% sarebbe stato quindi dell’2,8%. Dati sicuramente rilevanti ma di gran lunga inferiori a quanto dibattuti.

Gli effetti sul bilancio pubblico

Il bilancio del superbonus per lo Stato è ben lontano dal pareggio: su una spesa di 68,7 miliardi ne sono rientrati, sotto forma di maggiori imposte e contributi sociali, poco meno di 14 miliardi.

Come si è arrivati a questa perdita per lo stato? Nella Relazione Tecnica della Ragioneria Generale dello Stato al decreto Rilancio (DL 34 del 2020) sono contenute le stime iniziali all’introduzione del Superbonus 110% con l’aggiunta di sconto in fattura e cedibilità del credito per le quattro tipologie di interventi trainanti. Secondo questa relazione, nel periodo compreso fra luglio 2020 e dicembre 2021, la spesa aggiuntiva sarebbe stata di soli 3,5 miliardi di euro. Le stime fatte successivamente sono state notevolmente più alte. Per la Banca d’Italia, dal momento dell’introduzione del superbonus fino alla fine del 2022, la stima della spesa per lo Stato ammonta a circa 34 miliardi.

Oltre alla spesa, è importante anche considerare il maggiore gettito fiscale che il governo riceve in conseguenza della maggiore spesa per il superbonus. Secondo le stime della Ragioneria dello Stato, il maggiore gettito fiscale sarebbe stato di soli 305 milioni di euro per l’intero superbonus. Tuttavia, una ricerca della Fondazione Nazionale dei Commercialisti ha evidenziato che questa stima è molto prudenziale e che l’effetto fiscale indotto sarebbe assai più rilevante e pari al 43,3%, ovvero circa 1,5 miliardi di euro. Questo calcolo si basa sull’idea che alla base imponibile si debbano caricare due aliquote di imposta, il 10% per l’IVA e il 28% per l’Irpeg.

Nell’analizzare la questione non è importante sapere quante imposte pagano i soggetti che eseguono i lavori, poiché il maggiore Pil riguarda l’elevato numero di diversi settori dell’economia che vengono attivati dalla maggiore spesa per ristrutturazione, attraverso le interdipendenze strutturali. Il parametro da prendere in considerazione è dunque quello della pressione fiscale complessiva, ossia dell’insieme delle imposte e dei contributi sociali pagati allo stato in rapporto al Pil (pari al 43,5%). Questo dato è comprensivo dei contributi sociali pagati da lavoratori e datori di lavoro, che nel complesso dell’economia pesano per quasi il 14% del Pil.

Il governo ha speso 68,7 miliardi di euro per il superbonus, ma ha ricevuto solo 13,7 miliardi di euro in più di gettito fiscale perdendo, così, da questa operazione 55,1 miliardi. La ragione principale per cui l’operazione è in perdita è che una parte della spesa sarebbe stata fatta comunque, anche senza il Superbonus. Se invece venisse considerata tutta la spesa come aggiuntiva, l’aumento del Pil sarebbe nell’ordine dei 70 miliardi e il gettito fiscale aggiuntivo sarebbe di circa 30 miliardi, anziché di 13,7. Un’operazione comunque in perdita di 40 miliardi invece di 55.

La riclassificazione Istat-Eurostat

Le conclusioni dell’Osservatorio Conti Pubblici sono evidenti. Il governo ha bloccato lo sconto in fattura e la cessione dei crediti fiscali relativi ai bonus edilizi, giustificando questa decisione con le regole dell’Eurostat che distinguono tra bonus “pagabili” e “non pagabili”. I bonus edilizi non cedibili sono considerati “non pagabili” perché non tutti i contribuenti hanno la possibilità di usufruirne, mentre i bonus cedibili sono considerati “pagabili” perché finiranno probabilmente nelle mani di operatori che li utilizzeranno. Questi vengono quindi riclassificati come spesa.

Una conseguenza della classificazione del bonus 110% e del bonus facciate come crediti “pagabili”, e dunque come spesa, è che occorre applicare il criterio della competenza economica anziché quello della cassa, il che significa che l’intero sussidio viene contabilizzato nell’anno in cui sorge l’obbligazione per lo Stato. Ciò ha portato ad aumenti del deficit nel 2020, 2021 e 2022. Per questi motivi lo Stato ha deciso di eliminare lo sconto in fattura e la cedibilità dei crediti per evitare ulteriori aumenti del deficit nel 2023; possibile anche un ritorno al vecchio criterio di classificazione dei nuovi crediti d’imposta. Resta da trovare la soluzione ponte per salvare quei proprietari di case e quelle imprese che facevano affidamento sulla cedibilità dei crediti e che ora si trovano in grande difficoltà.

Qui per l’indagine in dettaglio dell’Osservatorio Conti Pubblici Italiani.

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