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Sostenibilità, le imprese italiane avanzano ma cercano competenze

Secondo Hsbc Navigator, sono ecco quali sono le prime tre ragioni che spingono le aziende a migliorare la sostenibilità e gli interventi maggiormente praticati.
Manca però il personale con una formazione adeguata a promuovere scelte industriali in questo campo.

Sostenibilità, le imprese italiane avanzano ma cercano competenze

Le aziende italiane si stanno mettendo all’opera per incrementare i loro sforzi verso l’adozione di pratiche più sostenibili. In particolare, guardando ai prossimi cinque anni, le aziende italiane sentono la pressione di consumatori, governi e competitor per diventare più sostenibili e la metà degli intervistati ritiene anche di avere un ruolo da giocare nella realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG). Le azioni in ambito climatico, la salute e il benessere e l’energia pulita e accessibile a tutti sono gli obiettivi più rilevanti a cui le imprese ritengono di poter apportare il contributo maggiore.

Questo è quanto emerge dall’ultima edizione di Hsbc Navigator, indagine sul commercio internazionale che ha coinvolto oltre 200 imprese in Italia. L’indagine misura le aspettative delle imprese per il futuro prossimo e a medio termine, sondando aree quali prospettive di business, commercio internazionale, protezionismo e geopolitica, sostenibilità, benessere e utilizzo della tecnologia da parte delle aziende.

Secondo l’indagine, ci sono una serie di ragioni a supporto dell’implementazione di pratiche sostenibili a livello aziendale, le prime tre sono il rispetto degli standard normativi (29%), il miglioramento della trasparenza e della tracciabilità (24%) e un vantaggio in termini di reputazione (22%).

Nei prossimi cinque anni, la principale sfida che le imprese italiane stimano di dover affrontate in tema di sostenibilità è la mancanza di competenze, tra cui la carenza di supporto/consulenza (28%) e la scarsità di comprensione/conoscenza (25%). È interessante sottolineare che in Italia la percentuale di imprese secondo cui la mancanza di supporto/consulenza rappresenta una sfida è la più alta tra i paesi europei (28% rispetto al 22%), oltre ad essere superiore alla media globale (23%). Questo tema è seguito da lavoro/tempo extra e l’aspetto economico-finanziario (entrambi al 24%).

Dall’indagine emerge inoltre che tra le priorità delle imprese italiane in termini di investimenti ci sono la promozione della salute, del benessere e della sicurezza dei dipendenti (32%), il miglioramento dell’efficienza energetica e la fornitura di energia pulita (30%), la riduzione della produzione di rifiuti attraverso pratiche di prevenzione, riduzione, riciclaggio e riutilizzo e tecnologia, innovazione e infrastrutture (entrambi al 29%).

Marco Alfredo Pallazzi, Head of Commercial Banking Italy, ha commentato: “La sostenibilità è diventata un imperativo a livello aziendale, etico e ambientale. Questi aspetti sono indissolubili e giorno dopo giorno ci rendiamo conto che è sempre più urgente intraprendere delle azioni per mitigare il nostro impatto sul cambiamento climatico e garantire migliori condizioni di lavoro per tutti. Le imprese di tutto il mondo hanno iniziato a comprendere in maniera profonda questa emergenza globale e stanno riconsiderando le loro priorità e i loro business model. Siamo sulla strada giusta, ma pensiamo che lo scenario italiano fotografato dalla nostra indagine rappresenti solo l’inizio di un cambiamento più ampio. Ad esempio, la metà delle imprese italiane si sente coinvolta nella realizzazione degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile delle Nazioni Unite (SDG) ma solo il 15% degli intervistati afferma di poter giocare un ruolo significativo. Si tratta di percentuali inferiori a quelle osservate a livello globale e europeo. Il settore privato ha grandi possibilità di supportare i governi e le istituzioni nell’apportare grandi cambiamenti e speriamo che faccia leva su questo suo potenziale”.

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