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Sorpresa: in India è boom dei giornali cartacei, ecco perché

Il Paese asiatico, in netta controtendenza con quanto accade nel mondo, ha visto il mercato dei giornali di carta crescere dell’8% l’anno scorso, con ricavi pubblicitari esplosi del 40% negli ultimi cinque anni – The Economist spiega perché: alfabetizzazione, internet ancora poco diffuso e tv inaffidabile.

Sorpresa: in India è boom dei giornali cartacei, ecco perché

L’industria dei giornali cartacei è in crisi in tutto il mondo, ma non in India. Anzi, nel Paese asiatico, secondo quanto rileva The Economist, ci sono ad oggi ben 82.000 quotidiani in pubblicazione e l’anno scorso il fatturato del settore è cresciuto dell’8%, in netta controtendenza con quanto accade nel resto del pianeta. Soprattutto, questa tendenza ha un ottimo risvolto sul mercato pubblicitario: secondo Eners Analysys, mentre in Gran Bretagna i ricavi dalla pubblicità sulla stampa sono stimati in calo di più di un terzo tra il 2014 e il 2018, in India negli ultimi cinque anni sono aumentati del 40% e rappresentano in media il 43% di tutti gli investimenti pubblicitari di un’azienda (negli Usa la percentuale è inferiore al 15%).

I motivi? Secondo la stampa inglese la spiegazione sarebbe molto semplice: si tratta per la maggior parte di pubbliredazionali, la qualità dell’informazione rimanendo pertanto molto bassa. Il che spiegherebbe anche, secondo The Economist, il costo bassissimo al quale vengono venduti alcuni abbonamenti annuali: 400 rupie, ovvero meno di 6 dollari, più o meno quanto un cittadino statunitense spende per acquistare in edicola l’edizione domenica del New York Times.

La realtà però è più complessa e la analizza sempre il quotidiano economico britannico: il boom è dovuto soprattutto al proliferare di “vernacular newspapers”, ovvero di giornali scritti nelle centinaia di idiomi locali, fruibili dalla numerosa fetta di popolazione che non padroneggia la lingua inglese. Infatti al primi posto dei giornali più venduti c’è il Dainik Jagran, pubblicato in lingua hindi, mentre nella top ten c’è solo un quotidiano scritto interamente in inglese, il Times of India.

A trascinare il fenomeno contribuisce anche un tasso di alfabetizzazione che è cresciuto negli anni: secondo i dati di Index Mundi ormai il 63% degli indiani over 15 sa leggere e scrivere (il 75% considerando solo gli uomini), contro il 52% di vent’anni fa. Su una popolazione di oltre 1,2 miliardi di persone, significa decine di milioni di potenziali lettori in più. Che per ovvi motivi preferiscono ancora il cartaceo all’online: in India ben 400 milioni di cittadini non sono ancora raggiunti da Internet.

Per non parlare del flop della tv: i notiziari televisivi, a detta dello stesso ministro delle finanze Arun Jaitley, non sono altro che “striduli dibattiti”, che lasciano gli utenti “confusi e alla ricerca di vera informazione”. L’unico ostacolo rimarrebbe la distribuzione, oggettivamente costosa e complicata in un Paese così esteso e mal collegato. Ma gli editori hanno pensato anche a quello: dietro il pagamento di una piccola fee, i giornali vernacolari hanno stretto un patto con gli imprenditori rurali per distribuire i giornali nei piccoli centri e nei villaggi. Così, come chiosa The Economist, “i giornali di carta continuano ad avere un forte significato sociale e culturale”. E, soprattutto, a vendere.

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