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SOLVENCY 2 – Titoli di Stato in bilico nelle nuove regole delle assicurazioni

Non è ancora chiaro se nelle nuove regole di Solvency2 che scatteranno dal primo gennaio 2016 debbano essere o no computati e come debbano essere valutati i 250 miliardi di titoli di Stato che le assicurazioni italiane hanno in portafoglio – Un rebus non da poco che tiene in ansia le compagnie per la pericolosa instabilità che ne può derivare.

SOLVENCY 2 – Titoli di Stato in bilico nelle nuove regole delle assicurazioni

La Direttiva europea Solvency II, per la revisione della regolamentazione prudenziale delle compagnie assicurative, è alle porte. Le disposizioni saranno ufficialmente operative a partire dal primo gennaio 2016. Non tutto è ancora chiaro però; la spinosa questione sui Titoli di Stato fa ancora discutere.

Era il 2003, sono passati più di 10 anni, quindi, da quando la Commissione Europea iniziò a muovere i primi passi per definire le regole a cui le Compagnie assicurative devono attenersi per calcolare quel cuscinetto di risorse patrimoniali necessario come garanzia per lo svolgimento della propria attività. Dopo anni di lavoro, nel 2009, il Parlamento Europeo approvò i principi generali della Direttiva Solvency II, lasciando ad un momento successivo la definizione delle misure implementative, ovvero la definizione dei criteri di dettaglio necessari per dare attuazione ai principi generali. 

Fu proprio nella definizione di queste regole applicative che la battaglia tra regulator e Compagnie assicurative portò ad un susseguirsi di discussioni e rinvii volti a ricercare le “giuste misure” da applicare (ricordiamo che originariamente il sistema prudenziale per il mondo assicurativo si sarebbe dovuto avviare nel 2013). Il tutto fu accentuato da una crisi finanziaria in atto che contribuiva a rendere lo scenario difficoltoso. 

Nel 2010 il rischio di default della Grecia fece tremare i mercati finanziari e non lasciò indifferente nemmeno Solvency II. Fu proprio la crisi greca, infatti, che fece accendere una lampadina sulle modalità di valutazione dei titoli di stato, da sempre considerati a rischio nullo. Ad oggi la questione di come tali titoli debbano essere valutati ai fini prudenziali rimane ancora irrisolta. 

Salvatore Rossi, presidente dell’IVASS e Direttore Generale della Banca d’Italia, in un’intervista rilasciata la settimana scorsa ad un noto quotidiano nazionale si dice fiducioso sulla solidità e capitalizzazione delle compagnie assicurative italiane pur riconoscendo che molto dipenderà dalle linee guida che a breve l’Eiopa (European Insurance and Occupational Pensions Authority, Autorità europea per le assicurazioni e le pensioni da òlavoro) dovrebbe rilasciare in merito alle valutazioni dei titoli di stato: “Cosa succederà con Solvency II nel 2016 lo vedremo, anche perché nell’Eiopa è ancora in atto una discussione, in particolare sulla valutazione della rischiosità del titoli di Stato nei così detti modelli interni”. 

In merito alla sua posizione dice: “Noi abbiamo sempre tenuto una posizione molto cauta e analiticamente motivata. Di certo non è nostra intenzione fare i difensori d’ufficio della politica fiscale italiana, che non ne ha bisogno. Noi poniamo una questione di principio, tecnica: è fuorviante, e produce instabilità, imbarcare in un assetto di regole generali l’enorme volatilità che si è vista soltanto in due anni. Tanto più che la volatilità è dipesa sostanzialmente da un fattore esogeno che attiene alla sfera geopolitica” continua “I mercati speculavano chiaramente sulla disintegrazione dell’euro. E’ bastato il whatever it takes del presidente Draghi per mettere fine a queste speculazioni. Sarebbe sbagliato introdurre queste oscillazioni in un sistema di regole”.

Cosà accadrà lo capiremo a giorni, certo è chele compagnie assicurative italiane detengono in portafoglio circa 250 miliardi di titoli di Stato. Nel caso in cui le linee guida europee richiedessero di valutare tali titoli in accordo con la propria rischiosità, l’impatto per il mercato italiano non sarebbe certamente indifferente. Non si può escludere che emerga la necessità di rilevanti rafforzamenti patrimoniali.

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