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Sky Italia, uscite volontarie o riconversione professionale per 800 lavoratori. L’allarme dei sindacati

Questi addetti si aggiungono ai 400 “esodati” già contemplati dagli accordi del 2021. I sindacati lanciano l’allarme sul piano: “potrebbe diventare dirompente”

Sky Italia, uscite volontarie o riconversione professionale per 800 lavoratori. L’allarme dei sindacati

Sky Italia mette nero su bianco “un ampio piano di upskilling, reskilling, insourcing e di uscite volontarie”. L’emittente controllata dal gruppo statunitense Comcast ha presentato ai sindacati il piano di efficientamento che prevede per 800 posizioni un esodo volontario incentivato o una riconversione professionale verso attività che verranno reinternalizzate. Questi “esodi” vanno ad aggiungersi alle 400 posizioni lavorative già previste nell’accordo siglato con le parti sociali nel 2021. A dare la notizia sia i sindacati (Slc-Cgil, Fistel-Cisl e Uilcom-Uil) che l’azienda dopo l’incontro tra gli stessi e l’amministratore delegato di Sky italia, Andrea Duilio che ha presentato loro il piano 2024-2025.

Uscite volontarie o riconversione: il piano di Sky Italia

L’obiettivo è quello di risolvere la criticità per tempo come accaduto in passato puntando sulla formazione per riqualificare il personale. “In Sky sono diversi anni che, partendo dalla contrattazione di anticipo, siamo riusciti a governare una gestione non traumatica di molte situazioni critiche, partendo soprattutto dal concetto della riqualificazione dei lavoratori dinanzi ad una fase di profondo cambiamento tecnologico. Il piano di reskilling ha l’obiettivo di dotare l’azienda di quelle competenze necessarie per essere competitiva in un mercato che cresce principalmente nello streaming e in cui la competizione è sempre più con media player internazionali che hanno strutture aziendali e modelli di business snelli e data driven”, spiega l’emittente.

L’allarme dei sindacati

L’allargamento ad altri 800 addetti “si è reso necessario alla luce degli impatti sul business generati dai cambiamenti dello scenario macroeconomico dell’ultimo anno”, spiega una nota. Ma secondo le sigle sindacali tale riassetto rappresenta un elemento che potrebbe diventare “dirompente” se gli strumenti messi in campo “non fossero utilizzati in modo efficace”. E poi avvertono: “contratteremo ogni singola situazione, con particolare attenzione per i processi di reinternalizzazione e di reskilling di tutto il personale coinvolto, per verificare che si tratti effettivamente di un percorso concreto, e non di un semplice tentativo di guadagnare un po’ di tempo prima di soluzioni più drastiche”. Adesso si apre fra sindacati e azienda tutta la fase di confronto per attuare nella pratica il piano. E solo dal successo o meno del percorso di riqualificazione professionale si capirà quanti di questi 800 lavoratori cambieranno mansione e quanti invece dovranno lasciare l’azienda.

La crisi della pay tv

D’altra parte, come accaduto avantieri sulle telco per Vodafone e il suo piano di licenziamenti, il settore si trova di fronte a una “crisi strutturale, acuita dall’entrata in campo delle piattaforme streaming, le cui economie di scala, unite alla forza economica e all’assenza pressoché totale di costo del lavoro nel nostro paese, stanno mettendo a dura prova l’esistenza dei broadcaster tradizionali”, sottolineano i rappresentati dei lavoratori. Si tratta di una crisi “che, in assenza di un intervento regolatorio capace di riequilibrare il vantaggio competitivo strappato dalle piattaforme streaming, rischia di mettere in ginocchio l’intero settore, almeno a giudicare dall’andamento dei ricavi pubblicitari, sempre più sbilanciati — conclude la nota — a favore degli OTT”. 

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