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Shein multata per greenwashing: 1 milione di euro dall’Antitrust per pubblicità ambientale ingannevole

L’Antitrust sanziona Shein per greenwashing: dichiarazioni ambientali ingannevoli, emissioni in crescita e promesse di sostenibilità non mantenute

Shein multata per greenwashing: 1 milione di euro dall’Antitrust per pubblicità ambientale ingannevole

Green fuori, grigio dentro. Shein finisce nel mirino dell’Antitrust per aver venduto un’immagine “eco” che, secondo l’Autorità, non regge alla prova dei fatti. La società Infinite Styles Services Co. Ltd, che gestisce i siti europei del colosso dell’ultra fast fashion, è stata sanzionata con una multa da 1 milione di euro. Il motivo? Una strategia di comunicazione costruita su asserzioni ambientali vaghe, fuorvianti o del tutto infondate – i cosiddetti green claim – per promuovere capi di abbigliamento spacciati per ecosostenibili.

Shein: quale sistema di sostenibilità?

Sotto la lente dell’Autorità Garante sono finite tre sezioni del sito italiano di Shein: #SHEINTHEKNOW, evoluSHEIN e Responsabilità sociale. In particolare:

  • #SHEINTHEKNOW parlava di un futuro “circolare”, di riduzione degli sprechi e della riciclabilità dei prodotti. Ma senza dati, piani attuativi o verifiche concrete. Alcuni claim – come “progettare un sistema circolare” – sono stati definiti vaghi, assoluti e non supportati da elementi oggettivi.
  • La linea evoluSHEIN by Design, spacciata come “sostenibile”, è risultata invece marginale nel catalogo complessivo del gruppo: meno del 10% dei nuovi modelli pubblicati ogni giorno. Inoltre, spesso i capi erano composti solo parzialmente (almeno al 30%) da materiali “preferibili“, come poliestere riciclato o fibre certificate.
  • Responsabilità sociale: in molti casi i consumatori non venivano informati in modo chiaro sulle effettive percentuali di materiali ecosostenibili utilizzati, né sulla reale riciclabilità a fine vita dei capi – che spesso non è garantita, anche a causa della presenza di elastane o di mix sintetico-naturale.

Obiettivi climatici sbandierati, ma emissioni in aumento

Nel mirino anche le dichiarazioni di Shein sull’impegno climatico: riduzione del 25% delle emissioni entro il 2030 e zero netto entro il 2050. Peccato che, secondo quanto emerso, le emissioni totali (Scope 1, 2 e 3) siano passate da 9,17 milioni di tonnellate di Co2 nel 2022 a 16,68 milioni nel 2023, con un balzo dell’82%. Quasi il 100% delle emissioni sarebbe legato alla catena di fornitura, al trasporto (via aerea) e ad attività fuori dal controllo diretto della società.

L’Antitrust ha sottolineato il contesto in cui Shein opera: l’ultra fast fashion, un modello fondato su volumi giganteschi, prezzi bassissimi, produzione just-in-time e cicli di vita brevissimi. Migliaia di nuovi modelli ogni giorno, spedizioni via cargo aereo, utilizzo intensivo di materiali sintetici e infrastrutture digitali energivore (come i data center). Un sistema che – ha osservato l’Autorità – mal si concilia con qualsiasi pretesa di “sostenibilità”.

Le modifiche non bastano: “Persistono vaghezza e omissioni”

Nel corso del procedimento, Shein ha modificato parte delle comunicazioni online, rimuovendo alcune espressioni contestate. Ma, secondo l’Autorità, le correzioni non sono risultate sufficienti a rimuovere i profili di ingannevolezza e restano vaghezze, assenza di dati puntuali e informazioni non immediatamente accessibili.

Il greenwashing nel fashion

La decisione dell’Autorità arriva in un momento di crescente attenzione – anche a livello europeo – verso il fenomeno del greenwashing, in particolare nel settore moda. A fine maggio 2025, anche la Commissione Ue e diverse autorità nazionali avevano invitato Shein a rispettare le norme sulla protezione dei consumatori in materia di dichiarazioni ambientali.

Non è accettabile che la sostenibilità si riduca a uno slogan da vetrina. Le strategie green non possono essere solo una leva di marketing, ma devono poggiare su basi concrete: dati verificabili, comunicazioni chiare, numeri alla mano. Altrimenti si ingannano i consumatori, si distorce il mercato e si svuota di senso ogni reale impegno verso la transizione ecologica.

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