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Sfida elettorale, perché Monti può farcela

Il premier resta la persona più adatta a ricostruire l’Italia – L’importanza di una nuova offerta politica che si differenzi nettamente dall’esperienza fallimentare di Berlusconi e dall’inadeguatezza della proposta di Bersani, troppo condizionato da Vendola, e che garantisca grande credibilità in Europa e una politica economica che a tagli tasse e spesa.

Sfida elettorale, perché Monti può farcela

Con l’approvazione della legge di stabilità termina una “legislatura sprecata” come ha detto il Capo dello Stato lanciando un ennesimo, aspro, rimprovero ai partiti attualmente presenti in Parlamento e soprattutto ai due maggiori PDL e PD. Si apre in maniera affannosa una campagna elettorale che non è difficile prevedere ricca di una propaganda disinvolta, per non dire ingannevole, e probabilmente costellata da polemiche e colpi bassi che serviranno ad alimentare il circo mediatico, ma che poco hanno a che fare con i problemi reali del Paese e dei singoli cittadini.

Non sarà facile per nessuno orientarsi tra tante promesse,altisonanti proclami,impegni di trasparenza. Credo però che questa volta i cittadini italiani siano fermamente intenzionati ad evitare di cadere nelle trappole della propaganda, ed abbiamo la voglia di capire bene da che pulpito viene la predica. Non  sembra che la credibilità dei partiti tradizionali sia in risalita,nonostante gli sforzi dei politici di professione di far dimenticare la loro cattiva gestione della cosa pubblica, sbandierando la necessità che “torni la politica” e che su tutto debba prevalere la “volontà popolare”. Concetti di per sè giusti e che nessuno mette in discussione,ma bisogna vedere se per una  buona politica ci si può affidare ancora a coloro che per incapacità, o calcolo, ci hanno spinto fin sull’orlo del precipizio.

Ci sono ancora tanti indecisi, ed anche tra coloro che nei sondaggi dichiarano una  intenzione di voto,molti aspettano di capire se veramente nascerà una offerta politica nuova e diversa da quelle tradizionali, più credibile e più affidabile. Le elezioni di febbraio saranno vinte da chi saprà formulare con più credibilità e con dati di fatto inoppugnabili, una proposta capace di farci uscire dalla recessione e riattivare un normale e sostenibile processo di crescita. Insomma solo chi saprà dare concretezza alle speranze degli italiani di avere un lavoro e di vivere in in Paese più ordinato, trasparente ed efficiente e dove le scorribande di tante camarille politiche siano contenute e possibilmente eliminate può sperare di vincere nelle urne.

Oggi molti cittadini sono arrabbiati per il peso veramente eccessivo delle tasse, e per il fatto che la recessione non accenna ad esaurirsi. Ma questo è il conto da pagare che ci ha lasciato Berlusconi che per anni ha rifiutato di prevenire la crisi che pure si stava avvicinando, che ha negato l’evidenza , che ha lasciato degradare il nostro settore pubblico a tutti i livelli fino a che l’intervento della magistratura ha messo in evidenza comportamenti scandalosi o quantomeno una inaccettabile disinvoltura con cui veniva utilizzato il denaro pubblico. Si poteva non pagare questo conto? No perchè le conseguenze di un fallimento sarebbero state assai più gravi di quanto finora abbiamo pagato. Il risparmio delle famiglie si sarebbe volatilizzato e l’inflazione avrebbe provocato un drastico tagli delle pensioni e degli stipendi di tutti gli operai e gli impiegati. Uno scenario terrificante che è assurdo evocare come fanno alcuni agitatori delle piazze come Grillo o i leghisti.

Ma per poter davvero ridurre il peso del fisco occorre portare avanti una politica di riforme in due direzioni: tagliare i costi della politica e delle istituzioni a tutti i livelli ed aumentare la produttività e la competitività del sistema economico per attrarre investimenti e quindi creare nuovi posti di lavoro.

Il taglio delle spese pubbliche, e soprattutto degli sprechi e delle ruberie, è difficile anche per la restitenza furibonda delle lobby  e delle loro appendici politiche, che prosperano sulla spesa pubblica. Ma è sintomatico che su questo punto nè il Pdl nè il Pd, hanno un chiaro programma di azione. Berlusconi nei suoi anni di governo non ha fatto alcun taglio significato,non ha eliminato le Province, non ha posto un freno alle spese delle Regioni, non ha privatizzato nè liberalizzato alcunchè. E non si vede perchè dovrebbe farlo ora. Bersani non ne parla affatto. Lui ed i suoi uomini sono annidati nell’apparato statale e certo non se ne vogliono andare. Si veda il caso del Monte dei Paschi di Siena dove il Comune ha dovuto mollare il suo potere solo dopo aver spolpato la banca fino a farla praticamente fallire.

Per quanto riguarda l’incremento della produttività il Pd sarà legato alle posizioni di Vendola e della Cgil che negano la necessità di qualsiasi riforma del mercato del lavoro e della contrattazione( la Camusso si è rifiutata di firmare l’accordo sul rilancio della contrattazione aziendale pur in presenza di un rilevante sgravio fiscale sul salario di produttività). Per quanto il Pd sta cercando di oscurare in campagna elettorale l’alleanza con Vendola, questa c’è e dopo sarà pesantemente condizionante. Bisogna poi avviare una politica di vendita dei beni pubblici per cercare di alleggerire il debito e soprattutto smantellare quella miriade di società possedute dagli enti locali che sono una incredibile fonte di sprechi e di perdite.Ma di questo Bersani non parla, così come la Lega è stata in passato sempre ferocemente contraria alla cessione delle aziende pubbliche locali (la sua base di potere). Berlusconi non si occupa di cose così prosaiche, lontane dal suo mondo fantastico di “nani e ballerine”.

Per portare avanti riforme così vaste e complesse ci vuole  un soggetto politico nuovo, non compromesso con il passato,composto in larga parte da persone della società civile (utilizzando anche qualche esperienza politica di persone che pure hanno cercato in Parlamento di mettere un argine al degrado). Soprattutto occorrono persone per le quali la trasparenza è un impegno morale, e l’ambizione non è quella di conquistare una qualsiasi poltrona,ma quella di dedicare un periodo limitato della propria vita a tentare di “ricostruire l’Italia”. Si capiscono ni dubbi e le incertezze degli ultimi giorni ma Mario Monti sarebbe la persona più adatta per giudare questa nuova formazione politica. E non si tratta di un partito personale, come ha detto Bersani, ma di un  fardello che segmenti importanti del paese vogliono caricargli sulle spalle spingendolo a sottoporre il suo programma e la sua persona al giudizio democratico degli italiani nella competizione elettorale.
Monti porterebbe in dote a questo raggruppamento una credibilità internazionale che è indispensabile per mantenere elevata reputazione che il nostro Paese ha riconquistato in questo ultimo anno grazie alla sua opera. Questa credibilità può essere spesa sul tavolo dell’Europa dove come è successo nel vertice dei capi di Governo di giugno quando le resistenze della Germania sono state piegate anche grazie al prestigio del professore. Ma la credibilità è fondamentale anche per ristabilire una piena fiducia verso il futuro dell’Italia, che comporterebbe una più rapida discesa dei tassi d’interesse ed un ritorno del credito disponibile presso le banche. Senza credito qualsiasi azione di politica per lo sviluppo sarebbe vana.
Gli italiani saranno chiamati il 24 febbraio ad una scelta cruciale per il futuro del paese. Possiamo uscire in tempi relativamente rapidi dalla crisi, o possiamo continuare ad illuderci che esistano scorciatoie belusconiane che, come abbiamo visto ci portano solo sull’orlo di un burrone. D’altra parte possiamo anche rimanere ancorati ai vecchi schemi di Bersani che al massimo ci possono assicurare un più dolce declino verso la generale povertà. Ci auguriamo che vogliano andare a votare e che sappiano ben valutare le alternative che verranno loro proposte.

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