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Serbia: terra di affari dall’Italia, ma che vuole diventare meta turistica

Dal miliardo di investimenti di Fiat negli impianti di Kragujevac alla leadership di Intesa Sanpaolo e Unicredit nel settore bancario: la Serbia è già terra di business per gli italiani (prima presenza occidentale nel Paese con 51mila arrivi nel 2012) – Ma ora, pur con numeri ancora lontani da quelli di Croazia e Montenegro, Belgrado punta anche sul turismo.

Serbia: terra di affari dall’Italia, ma che vuole diventare meta turistica

Non c’è solo la Fiat, con il suo miliardo di investimenti negli impianti Zastava di Kragujevac (ora gestiti da una società controllata al 70% da Torino e al 30% dal governo serbo), dove si passerà dalle 30mila auto prodotte nel 2012 alle 200mila di quest’anno, quando il totale dell’export che potrebbe realizzare Fiat Automobili Serbia è stimato tra 1,1 e 1,3 miliardi di euro, vale a dire circa il 15% del totale delle attuali esportazioni del Paese balcanico.

La Serbia, che vorrebbe puntare sempre più sul turismo leisure e non solo sul business, e che proprio per questo ha affidato alla Lonely Planet l’edizione della prima guida turistica in lingua italiana su Belgrado e dintorni, è un eldorado per molte aziende dello Stivale. Non solo assemblaggio di Fiat Punto e, dall’anno scorso, produzione di 500L, ma anche tanta presenza bancaria.

Secondo i dati ufficiali Ice, con gli investimenti di Intesa-San Paolo (entrambi presenti prima della fusione, oggi con Banca Intesa Serbia prima banca nel Paese) e Unicredit (terza banca), le banche italiane contano oggi su una quota di mercato di circa il 25% dell’intero settore bancario serbo. Quanto al settore assicurativo, il Gruppo Generali ha acquistato nel 2006 il 50% della Delta Osiguranjie – primo Gruppo assicurativo privato e terzo operatore del mercato – e Fondiaria-Sai nel 2007 ha acquistato la seconda società assicuratrice in Serbia. La quota complessiva controllata dalle aziende italiane è intorno al 44%.

Per non parlare del settore industriale: Fiat a parte, quello maggiormente presente in Serbia è quello della maglieria e dell’intimo. Tra i nomi di maggior peso presenti con propri stabilimenti produttivi si segnalano Pompea, Golden Lady, Calzedonia e Fulgar. A febbraio 2011 Benetton ha registrato la società serba Benetton Serbia, che ha realizzato un investimento di circa 40 milioni di euro che comporta l’assunzione di 2.700 persone nei prossimi anni. C’è persino spazio per l’agroalimentare con Amadori e per le infrastrutture, col nuovo ponte ferroviario “Zezelj” di Novi Sad, realizzato per 45 milioni da Italferr insieme a dei soci spagnoli.

Il risultato dà che la colonia di turisti italiani sia ormai tra le più numerose: 51mila arrivi nel 2011 (+34% sul 2010) con quasi 3 notti di media trascorse (quelli che trascorrono più tempo, insieme ai russi). Eccetto i Paesi confinanti, tra quelli occidentali siamo il più presente al pari dei tedeschi. Ma il Paese ex jugoslavo, rinato per l’ennesima volta dopo essere stato distrutto (e ricostruito) una quarantina di volte dagli eserciti che hanno attraversato i balcani nel corso dei secoli, vuole essere solo terra di affari? 

No, come lascia intendere la Direttrice dell’Ente Nazionale del Turismo, Gordana Plamenac, e come confermano alcuni dati. C’è, ancorché legato all’universo economico, innanzitutto un fiorente e crescente turismo congressuale. “Il numero di congressi internazionali è aumentato a 53 e la classifica della Serbia come destinazione congressuale, basato sulla lista ICCA (International Congress and Convention Association) è salita negli ultimi sei anni dal 72esimo al 42esimo posto a livello mondiale, mentre Belgrado è una delle prime 50 destinazioni congressuali privilegiate nel mondo“.

Poi, a differenza delle vicine Croazia e Montenegro che puntano sul mare, c’è la montagna. Secondo i dati del World Travel & Tourism Council, infatti, degli oltre 2 milioni di arrivi (di cui 800mila dall’estero) e 6 milioni e mezzo di pernottamenti nel 2012, 1,5 milioni si sono sì registrati a Belgrado, ma anche ben 400mila nelle località di montagna, con quasi una settimana di media trascorsa. I posti più visitati, ancora sconosciuti ai più, sono Kopaonik e Zlatibor.

“Puntiamo molto su Kopaonik – conferma la Plamenac –, con nuovi alberghi e infrastrutture sciistiche”. Stazioni sciistiche che al momento mancano: le montagne serbe sono più frequentate d’estate, ma vogliono diventare anche loro meta da settimana bianca. Per questo, e in generale per la sfida del turismo di piacere, ci vogliono gli investimenti, che al momento, a dire il vero, procedono ancora a rilento. Alcuni dati comparativi con altri Paesi dell’ex Jugoslavia rendono l’idea di quanto sia ancora lunga la strada da fare. Del totale della spesa pubblica, tanto per cominciare, soltanto lo 0,5% è destinato al turismo: 182esimo Paese al mondo, dove la media è del 3,9%, in Italia del 3,6% e nel vicino Montenegro del 2,6%.

Ma soprattutto a lanciare il Montenegro sono gli investimenti privati: quasi un quarto del capitale investito nel Paese va nel turismo, mentre nel mondo la percentuale media è del 4,7% e a Belgrado e dintorni del 3,8%. L’incidenza del turismo leisure sul Pil è pertanto ancora bassa: 132esimo posto al mondo con l’1,4%, laddove Montenegro e Croazia viaggiano intorno e oltre il 10% (Italia 3,3%). Considerando indiretto e indotto, il dato sale al 5,4%, pari a quasi 1,7 miliardi di euro. Nel 2023 è stimato a sfiorare i 4 miliardi di euro, ossia il 6,8%, crescendo perciò più della media mondiale, ma al momento è il 147esimo del pianeta (Italia 79esima col 10,5%, Croazia 20esima col 26,3%).

Anche negli impieghi il gap c’è: è attualmente impiegato nel turismo il 3% della popolazione, e anche considerando indiretti e indotto si arriva a 80mila posti di lavoro, il 6%, molto meno della vicina Croazia, dove più di un lavoratore su quattro (quasi il 29%) presta la sua opera nell’ambito turistico.

Nonostante questi dati, le intenzioni e i primi riscontri ci sono. “La Serbia continua a crescere negli arrivi turistici – spiega Gordana Plamenac – e questo coincide con nuovi investimenti nel settore alberghiero: a giorni è prevista l’apertura dell’Hotel Crown Plaza a Belgrado, così come quella del Radisson Blue a metà 2014”. I posti letto al momento sono oltre 109mila, con prezzi in calo soprattutto a Belgrado: nel 2011 una camera costava 93 euro, quest’anno in media 71 euro, mentre con 50 euro si alloggia a Novi Sad.

Poi ci sono i trasporti aerei: 45mila i voli sulla Serbia nel 2012, erano 40mila nel 2009. I passeggeri sono stati 3 milioni e 400mila sempre l’anno scorso, contro i 2,6 milioni del 2008. “Questo anche grazie al nuovo vettore nazionale, Air Serbia, appena lanciato a ottobre di quest’anno e detenuto al 49% da Etihad-Abu Dhabi Airlines e al 51% dal governo serbo. Non solo: Turkish Airlines ha aumentato il numero di voli da Istanbul a Belgrado, Vueling da Barcellona a Belgrado, mentre i vettori low cost stanno incrementando l’offerta”. Come Easy Jet, che in Italia vola da Roma Fiumicino e da Milano Linate, e da quest’anno ha aggiunto anche Malpensa.

Ma il motivo per cui bisognerebbe visitare la Serbia? Lo sintetizza ancora una volta Gordana Plamenac: “A parte il mare, abbiamo tutto: una città come Belgrado e la sua tormentata storia, accogliente e perfetta per i giovani. E poi le montagne, e poi i monasteri romanici tutelati come patrimonio Ue. Cibo, arte cultura. Persino design, con il Mikser Festival che si tiene tra maggio e giugno e che sta scalando le classifiche internazionali di partecipazione e gradimento”. Un po’ come il Fuorisalone di Milano, insomma. Ma soprattutto, come dice la nuova guida Lonely Planet, “un po’ Istanbul e un po’ Berlino”.

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