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Scuderie del Quirinale: Arte Liberata, capolavori salvati dalla guerra

Scuderie del Quirinale (Roma) dal 16 dicembre 2022 al 10 aprile 2023. La mostra offre una selezione di oltre cento capolavori salvati durante la Seconda Guerra Mondiale

Scuderie del Quirinale: Arte Liberata, capolavori salvati dalla guerra

Le Scuderie del Quirinale rendono un dovuto omaggio alla passione e al coraggio di soprintendenti, funzionari dello stato, studiosi, religiosi, semplici cittadini ai quali si deve se importanti opere d’arte, dipinti, sculture, arazzi, testi antichi,furono salvati dalla furia e dalla devastazione della guerra. Con la mostra“Arte Liberata. Capolavori salvati dalla guerra. 1937-1947” curata da Luigi Gallo e da Raffaella Morselli, che durerà fino al 10 aprile 2023, si ricostruisce lo straordinario lavoro di questi valorosi che non di rado correndo seri pericoli misero al sicuro grandi testimonianze del nostro patrimonio artistico. E, va detto che la grande mostra delle Scuderie, alla luce degli eventi bellici in Ucraina e delle devastazioni operate dall’invasione russa acquista una particolare significato per non dire che mette i brividi.

Oltre 100 capolavori per un racconto avvincente

Sono oltre cento i capolavori esposti – oltre a un ampio panorama documentario, fotografico e sonoro – riuniti grazie alla collaborazione di ben quaranta Musei ed Istituti- per un racconto avvincente ed emozionante di un momento drammatico per il nostro Paese ma altrettanto lungimirante e fondativo per una nuova coscienza civica. Un’occasione unica per ammirare, per la prima volta riunite nello stesso luogo, opere di altissimo valore artistico fortunatamente sopravvissute: dal alla Danae di Tiziano Vecellio a Santa Palazia di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino, dai celebri ritratti di Alessandro Manzoni di Francesco Hayez e di Enrico VIII di Hans Holbein il Giovane fino a numerosi capolavori custoditi nella Galleria Nazionale delle Marche di Urbino, quali Crocefissione di Luca Signorelli, l’Immacolata Concezione di Federico Barocci e la Madonna di Senigallia di Piero della Francesca.

“La túche, il destino o la sorte a cui i greci antichi sottopongono le avventure di dei e di uomini, è il sostantivo che meglio si addice alle opere riunite in questa mostra – dichiara Raffaella Morselli – Ognuna Di loro avrebbe potuto non esserci più se qualcuno non avesse lavorato perché questa o quella fosse imballata, nascosta, trasportata, salvata. La resistenza delle storiche e degli storici dell’arte, in quella che è stata la guerra degli oggetti, è stata la chiave di volta per determinare la fortuna del patrimonio italiano in pericolo durante la II guerra mondiale. Questa mostra cuce, per la prima volta, tante storie di singoli operatori animati da una forte coscienza civica, e trasforma le loro singolarità in una grande epopea collettiva di passione e di impegno”.

Piero della francesca
Piero della Francesca

Al centro del progetto espositivo l’azione lungimirante di tanti Soprintendenti e funzionari dell’Amministrazione delle Belle Arti – spesso messi forzatamente a riposo dopo aver rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò – che, coadiuvati da storici dell’arte e rappresentanti delle gerarchie vaticane, si resero interpreti di una grande impresa di salvaguardia del patrimonio artistico-culturale. Fra questi si annoverano Giulio Carlo Argan, Palma Bucarelli, Emilio Lavagnino, Vincenzo Moschini, Pasquale Rotondi, Fernanda Wittgens, Noemi Gabrielli, Aldo deRinaldis, Bruno Molajoli, Francesco Arcangeli, Jole Bovio e Rodolfo Siviero,agente segreto e futuro ministro plenipotenziario incaricato delle restituzioni: persone che, senza armi e con mezzi limitati, presero coscienza della minaccia che incombeva sulle opere d’arte, schierandosi in prima linea per evitarla, consapevoli del valore educativo, identitario e comunitario dell’arte.In particolare, l’esposizione dà risalto alla figura di Pasquale Rotondi, al tempo Soprintendente delle Marche e Direttore della Galleria Nazionale con sede nel Palazzo Ducale di Urbino, che fu tra i protagonisti di quel difficile momento. “È importante”, dice Luigi Gallo, “che le storie dei protagonisti del salvataggio del nostro patrimonio arrivino chiare al pubblico, rinnovando l’eccezionale valore del lavoro svolto da una compagine di persone che credeva nel valore etico dell’arte, perché senza passato saremmo stati senza futuro. Per esempio, di Pasquale Rotondi, lo storico direttore di Palazzo Ducale, tutti nelle Marche ricordano la lucidità delle sue scelte, la compostezza del suo comportamento, lo spessore della sua cultura”. 

La mostra si snoda come un racconto partendo dalle esportazioni forzate per assecondare le brame collezionistiche di Adolf Hitler ed Hermann Göring

In questo contesto i gerarchi fascisti favorirono il permesso di cessione di importanti opere d’arte, anche sotto vincolo, come il Discobolo Lancellotti (vincolato dal 1909), copia romana del celebre bronzo di Mirone – fra le opere di spicco della rassegna – o i capolavori della collezione Contini Bonacossi di Firenze. 

Il Discobolo Lancellotti, preziosissima copia romana della celebre statua greca di Mirone

La bellezza della statua colpì Adolf Hitler che, durante il suo viaggio in Italia nel maggio 1938, vedendo nella bellezza e nella perfezione fisica dell’atleta il mito della superiorità della razza ariana, si fece “gentilmente concedere” dal governo italiano l’opera. Seppure il Consiglio superiore delle Scienze e delle Arti si oppose – pur avendo Hitler comprato l’opera dal principe Lancellotti per 5 milioni di lire, trattandosi di opera notificata la sua esportazione dall’Italia era vietata – grazie alle pressioni del ministro degli esteri Galeazzo Ciano, nell’oramai definitiva e incondizionata sottomissione del fascismo alla Germania nazista la statua arrivò in Germania nel giugno 1938.
Il discobolo restò in Germania fino alla fine della guerra, quando lo storico dell’arte Rodolfo Siviero riuscì a convincere il Governo Militare Alleato che l’opera, insieme a tanti altri capolavori, era stata acquisita dalla Germania illegalmente grazie alla perversa alleanza tra due regimi tirannici.
Così, nonostante molte opposizioni, ricorsi giuridici e dopo molti ritardi, il 16 novembre 1948 il Discobolo partì per l’Italia insieme ad altre 38 opere che erano state esportate illegalmente tra il 1937 e il 1943

Il secondo nucleo affronta il tema degli spostamenti e dei ricoveri delle opere d’arte del 1939, quando, con l’invasione della Polonia da parte di Hitler, il ministro dell’educazione Giuseppe Bottai mise in atto le operazioni di messa insicurezza del patrimonio culturale, con la conseguente elaborazione del piano per lo spostamento delle opere d’arte. Da qui si dipanano molte storie: i rapporti tra i sovrintendenti italiani e il Vaticano, l’impegno dei singoli funzionari per inventariare e nascondere i beni culturali nel Lazio, in Toscana, a Napoli, in Emilia e nel Nord Italia, l’impegno fondamentale di curatrici donne, quali Fernanda Wittgens, Palma Bucarelli, Noemi Gabrielli, Jole Bovio ed altre, nonché la razzia della Biblioteca Ebraica di Roma. Il terzo ed ultimo filone – La fine del conflitto e le restituzioni – prende in considerazione le missioni per il recupero e la salvaguardia delle opere trafugate al termine della guerra. Ai funzionari italiani si affiancarono gli uomini della “Monuments, Fine Arts, and Archives Program” (MFAA), una task force composta da professionisti dell’arte provenienti da tredici diversi paesi ed organizzata dagli Alleati durante il secondo conflitto mondiale per proteggere i beni culturali e le opere d’arte nelle zone di guerra.

ARTE LIBERATA 1937-1947
Capolavori salvati dalla guerra
ROMA, SCUDERIE DEL QUIRINALE
16 DICEMBRE 2022 – 10 APRILE 2023
Via XXIV Maggio 16
Catalogo Electa

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