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Sanità: tre macchinari su quattro sono da sostituire

Secondo il Rapporto Oasi 2015 dell’Università Bocconi buona parte dei macchinari del nostro sistema sanitario nazionale sono ormai vecchi e superati – La beffa è che tali macchinari sono spesso anche spenti – Margini molto ridotti per ridurre la spesa sanitaria: la vera sfida è la riorganizzazione del sistema

Tre macchinari su quattro in dotazione al sistema sanitario nazionale sono ormai superati. Questo è quanto emerge dal Rapporto Oasi 2015 curato dal Cergas dell’Università Bocconi di Milano. Si tratta di attrezzature che hanno esaurito il proprio ciclo economico (ammortamento concluso) e tecnologico e che dovrebbero essere sostituite con elementi più avanzati ma ciò non viene fatto a causa della mancanza di denaro per gli investimenti. L’Oasi è l’Osservatorio sulle aziende e il sistema sanitario italiano, che ogni anno aggiorna il suo rapporto sulla sanità.

Secondo gli autori del rapporto, inoltre, tali macchinari sono anche poco utilizzati perché sono troppo capillarmente distribuiti tra i presidi ospedalieri e finiscono per rimanere spenti troppo a lungo. Troppi i problemi che irrigidiscono il nostro sistema sanitario, secondo il Rapporto Oasi: dalla mancanza di investimenti, ai  33,7 miliardi di debiti rilevati negli stati patrimoniali delle Aziende fino ad arrivare alla difficoltà nel fare fronte alle esigenze di 18 milioni di malati cronici.

Per evidenziare la scarsa propensione agli investimenti nelle attrezzature sanitarie di ultima generazione gli autori del rapporto fanno un confronto che non ha bisogno di commenti: se la spesa corrente del sistema sanitario equivale a 1.800 euro l’anno per ogni cittadino italiano, quella per investimenti rimane al palo ed è di soli 60 euro. Questa situazione si trova all’interno di un quadro che vede il conto economico chiudersi, per il terzo anno consecutivo, con un lieve avanzo, a discapito di uno stato patrimoniale aggregato delle singole Aziende che denuncia 33,7 miliardi di euro di perdite accumulate a fine 2013.

 “Un debito di queste dimensioni”, afferma Francesco Longo, che ha curato il Rapporto con Patrizio Armeni, Clara Carbone, Francesco Petracca, Alberto Ricci e Silvia Sommariva, “riesce ad annullare il beneficio del pareggio di bilancio, perché è foriero di ricorsi amministrativi e cause civili, oltre ad assorbire tempo e risorse. Finché non si troverà una soluzione, il sistema è condannato a continuare a gestire il passato anziché il futuro”.

 In questo quadro c’è possibilità di razionalizzare la spesa sanitaria. Da quanto emerge dal Rapporto il margine sembra essere davvero ridotto. Infatti, sembra essere ormai sotto controllo la spesa sanitaria, almeno guardando i dati fra il 2009 e il 2014, periodo in cui sarebbe cresciuta a un ritmo dello 0,7% l’anno, invertendo una tendenza che l’aveva vista crescere, tra il 2003 e il 2008, del 6% l’anno. Anche considerando un periodo più lungo, dal 1990 al 2014, la crescita media del 4,2% l’anno è inferiore a quella di poste comparabili del bilancio pubblico, come la previdenza (5,2% l’anno). Gli spazi per la razionalizzazione della spesa sembrano davvero esauriti e oggi il sistema ricorre già troppo spesso a tattiche di razionamento (allungamento delle liste d’attesa, riduzione dei budget per i privati accreditati) che vanno a detrimento della sua efficienza.

“La vera sfida del sistema”, sostiene ancora Longo, “è una riorganizzazione che gli consenta di fare fronte al cambiamento del quadro epidemiologico, il cui aspetto più dirompente è la crescita della cronicità. Il numero delle unità operative, ospedali in primis, dovrà inevitabilmente essere ridotto, per liberare le risorse necessarie alla cura dei cronici e degli anziani”. Alla fine del 2013 i pazienti cronici, in Italia, erano stimabili in 18 milioni, 8 milioni dei quali pluripatologici.
 

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