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Salva-Stati, Cinque Stelle all’attacco sfidano Conte

Alta tensione nella maggioranza (ma non solo) sulla riforma del Meccanismo europeo di stabilità, che secondo alcuni renderebbe più probabile la ristrutturazione del debito pubblico italiano

Salva-Stati, Cinque Stelle all’attacco sfidano Conte

Il Mes, il nuovo Meccanismo europeo di stabilità degli Stati, è diventato una nuova mina vagante per la maggioranza di governo. Ieri, nel corso di una riunione della Commissione della Camera, i Cinque Stelle hanno detto chiaro e tondo che, così come si profila, non intendono approvare il Mes e che il premier Giuseppe Conte non ha il loro sostegno. Di più: l’accusano di aver patteggiato con l’Europa un provvedimento rischioso per l’Italia di cui aveva parlato in Commissione, ma in tutt’altra chiave, anche Giampaolo Galli, l’economista di scuola Bankitalia che guida con Cottarelli l’Osservatorio sui conti pubblici.

I Cinque Stelle, sulla scia della Lega e della Meloni, non sono disposti a dare il via libera al Mes anche se il Governo cercherà di convincerli con un’audizione in Commissione, programmata per mercoledì prossimo, del ministro dell’Economia, Roberto Gualtieri, che – in sintonia con Conte – sostiene invece il nuovo Meccanismo di stabilità degli Stati che permette all’Europa di intervenire quando il debito di un Paese mette in pericolo l’intera impalcatura della Ue. Gualtieri replicherà alle critiche che arrivano sia dai Cinque Stelle che dall’opposizione di destra, argomentando che il nuovo Mes non aumenta il rischio di ristrutturazione del debito, che comporterebbe grandi sacrifici per l’Italia.

Sulla riforma del Mes c’è per ora un pre-accordo a livello europeo, a suo tempo sottoscritto dal Governo Conte 1 con il sostegno anche della Lega (anche se ora Matteo Salvini accusa Conte addirittura di “tradimento” per aver dato disco verde politico all’intesa). Quel pre-accordo dovrà passare al vaglio dell’Eurogruppo del 4 dicembre e poi essere approvato all’unanimità dal vertice dei Capi di Stato e di Governo del 13 dicembre prima della ratifica dei Parlamenti nazionali.

Ecco, in sintesi, cosa prevede la riforma del Mes:

  • La nuova versione del Mes prevede che, in caso di risoluzioni bancarie, il Meccanismo diventi il prestatore di ultima istanza, come richiesto da Francia e Italia.
  • Sui salvataggi sovrani un Paese che chieda aiuto deve sottoporsi a un programma di austerità, come già previsto, ma esce di scena la Troika (con l’estromissione dell’Fmi).
  • Quanto agli aiuti a uno Stato in difficoltà, l’accesso alle linee di credito “precauzionali” sarà garantito senza alcun impegno sull’austerità (al contrario di oggi) ai Paesi con il deficit sotto al 3% e il debito sotto al 60%. L’Italia ha ottenuto però una postilla che potrebbe far ottenere il sostegno anche a un Paese (come il nostro) non in linea con i parametri di Maastricht. Se la correzione non funzionasse, per ottenere aiuti dovremmo aderire a un programma “avanzato” di austerità, che prevede strette sui conti e riforme.
  • Gli speculatori dovranno pagare dazio in caso di ristrutturazione del debito, che sarà quindi meno difficile. Secondo alcuni, la novità comporterebbe un aumento del rischio per i titoli italiani, ma il Tesoro rigetta questa tesi: la ristrutturazione è possibile ma non più probabile di prima.

Secondo Palazzo Chigi, la riforma del Mes ha senso solo se inserita in un quadro complessivo che preveda anche il completamento dell’unione bancaria, con i necessari contrappesi.

Ora è tutto nelle mani del Parlamento. Se la maggioranza approverà una mozione per impedire al Presidente del Consiglio di firmare il Trattato, Conte a Bruxelles chiederà un rinvio. In questo modo, il Governo schiverebbe un pericolo, perché in caso di via libera europeo al nuovo Mes entro dicembre, la riforma dovrebbe essere ratificata dal Parlamento a inizio 2020. E a quel punto la tenuta dell’esecutivo sarebbe a rischio.

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