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Russia, crolla il rublo e la Banca centrale alza il tasso d’interesse al 12%: ecco cosa sta succedendo

Dopo il crollo del rublo, provocato dalle sanzioni sull’export energetico di Mosca, la Banca centrale russa ha alzato i tassi al 12%

Russia, crolla il rublo e la Banca centrale alza il tasso d’interesse al 12%: ecco cosa sta succedendo

Crolla il rublo e la Banca centrale russa alza i tassi di interesse. L’istituto guidato da Elvira Nabiullina ha alzato i tassi di 350 punti base al 12% – in precedenza era all’8,5% – in una riunione di emergenza convocata per oggi martedì 15 agosto, cercando di arrestare il rapido deprezzamento della valuta russa. “Questa decisione è stata presa per limitare i rischi per la stabilità dei prezzi”, ha dichiarato la Banca centrale in un comunicato. La riunione straordinaria sui tassi è avvenuta dopo che ieri il rublo ha sfondato quota 100 nel cambio col dollaro e 110 con l’euro, trascinato al ribasso dall’impatto delle sanzioni occidentali sulla bilancia commerciale russa e dall’aumento delle spese militari.

Ma la notizia era già nell’aria. Infatti, nelle prime ore di oggi, il rublo si è rafforzato, mentre gli investitori scommettevano su un significativo inasprimento della politica monetaria da parte della Bc, ed era scambiato poco sotto i 96 dollari poco prima delle 9 del mattino (ora italiana).

Russia: le sanzioni occidentali si fanno sentire

I rappresentanti del governo russo sostengono da mesi che le sanzioni contro Mosca non funzionano. Anche il Fondo monetario internazionale recentemente ha alzato le sue previsioni di crescita per il Paese nel 2023 all’1,5%, più di Germania, Francia e Regno Unito. Ma la caduta del rublo sembra invece raccontare un’altra storia: le sanzioni occidentali si stanno facendo sentire sull’economia russa, sempre più votata solo ad alimentare lo sforzo di guerra.

Nelle ultime ore il tasso di — prima di riprendersi leggermente — ha registrato di fatto quasi un dimezzamento nell’ultimo anno. Di certo nella prima metà dell’anno scorso la valuta si era ripreso dal primo crollo all’inizio della guerra, grazie ai prezzi elevati del greggio esportato e la forte indipendenza di metano da parte dell’Europa. Ma da allora il petrolio costa meno e la maggior parte dei paesi europei ha iniziato un percorso per sostituire le forniture di gas russo.

A pesare sulle spalle del Cremlino anche la spesa militare che ormai rappresenta più di un terzo dell’intero bilancio pubblico. Già l’anno scorso era cresciuta di quasi il 10% rispetto al 2021, ma quest’anno ha registrato già solo nel primo semestre un livello di spesa non molto inferiore a quello di tutto il 2022. Tutto ovviamente finanziato in deficit, con un disavanzo atteso al 3,7% del prodotto lordo quest’anno: non eccessivo per Mosca, ma comunque alto per un Paese che ha perso accesso ai mercati finanziari occidentali e deve obbligare le proprie banche a comprare debito pubblico.

A lungo andare il logoramento dell’economia russa, le mancate esportazioni e la crisi del grano potrebbe spingere il Paese verso il default. Staremo a vedere.

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