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Riforma UEM: lettera aperta di economisti Luiss-Sep a Le Monde e Faz

Pubblichiamo il testo della lettera che un gruppo di economisti della Luiss School of European Political Economy ha inviato a Le Monde e Frankfurter Allgemeine Zeitung in risposta all’appello congiunto di influenti economisti francesi e tedeschi ai loro governi per la riforma della UEM, il cui intento è lodevole ma rischia di produrre il risultato opposto

Al Direttore di “Le Monde” 
Al Direttore di “Frankfurter Allgemeine Zeitung” 

Un gruppo di influenti economisti francesi e tedeschi ha pubblicato di recente sul Suo giornale un appello congiunto per un’iniziativa dei loro governi a favore della riforma dell’euro-area. Lo sforzo di discutere in pubblico come migliorare l’integrazione economica europea merita di essere lodato e incoraggiato. 
 
Nel loro documento, gli autori cercano un equilibrio tra misure di riduzione dei rischi e misure di condivisione dei rischi stessi, seppur con una prevalenza delle prime sulle seconde. Tra altri e numerosi contributi costruttivi, le due proposte più significative contenute nell’appello richiedono infatti che la disciplina di mercato e la convergenza fra gli Stati siano promosse attraverso un nuovo meccanismo di ristrutturazione dei debiti pubblici e l’applicazione di coefficienti di rischio nel calcolo del capitale prudenziale delle banche per i titoli sovrani nazionali da esse detenuti. Siamo completamente d’accordo che l’euro-area abbia bisogno di riforme per evitare di trovarsi nuovamente vittima di shock finanziari. Tuttavia, siamo convinti che le proposte avanzate possano produrre il risultato opposto e rendere l’unione monetaria ancora più fragile. 

Per quanto riguarda il meccanismo di ristrutturazione dei debiti, è difficile scordare gli effetti di un accordo simile che Francia e Germania raggiunsero a Deauville nell’ottobre 2010 a proposito del coinvolgimento del settore privato nella ristrutturazione del debito greco. La decisione che ne conseguì fu il detonatore del contagio che trasferì l’instabilità finanziaria dalla Grecia agli altri paesi, fino a colpire Spagna e Italia. L’unione monetaria sfiorò il collasso e molti dei suoi stati membri precipitarono in una lunga recessione. Per arginare l’instabilità ed evitare la rottura dell’euro, fu necessario che la Banca Centrale Europea, nel luglio 2012, annunciasse di essere pronta a fare “tutto il necessario”, mediante il programma di intervento OMT e che, successivamente, realizzasse il Quantitative Easing, cioè il programma di acquisto di titoli pubblici che effettivamente ha fermato la crisi e riportato l’economia dell’euro-area su un sentiero di ripresa sostenibile. 

Ciò che gli economisti francesi e tedeschi non colgono, quando resuscitano i timori che i debiti sovrani non vengano onorati, è che l’introduzione di meccanismi ex-ante o automatici di ristrutturazione dei debiti pubblici renderebbe ancora più difficile per i mercati distinguere tra rischi di liquidità e rischi di insolvenza. Anziché rafforzare la disciplina di mercato, questi meccanismi spingerebbero gli investitori a una fuga a cascata attraverso una spirale di paure che si auto-alimenterebbe. Come dicevano i latini: “errare è umano, ma perseverare è diabolico”. 

Anche la seconda proposta – l’introduzione di diversi coefficienti di rischio nel calcolo dei requisiti del capitale delle banche per i titoli sovrani nazionali da esse detenute – sembra altrettanto controproducente. Non è un caso che sia stata respinta da tutti i paesi al di fuori dell’euro nei negoziati in corso presso il Financial Stability Board. In effetti, anziché rendere le banche più solide e prevenire il contagio, questa misura potrebbe accentuare la frammentazione finanziaria. Infatti, in assenza di un meccanismo di sostegno fiscale adeguato a contrastare gravi crisi di liquidità e di un titolo sicuro per gestire la liquidità da parte delle banche, queste ultime dovrebbero sopportare costi di raccolta e di rifinanziamento inevitabilmente allineati a quelli dei titoli sovrani del loro paese. Così, uno specifico coefficiente di rischio sui diversi titoli sovrani finirebbe per approfondire la frammentazione del sistema finanziario europeo e per di più rafforzerebbe il legame perverso tra debito pubblico e bilanci bancari, privando le banche degli strumenti necessari per gestire la loro liquidità. 
In conclusione, riteniamo che le proposte contenute nell’appello degli economisti franco-tedeschi non rappresentino una soluzione efficace per il completamento dell’unione monetaria e di quella bancaria. Tali proposte potrebbero anzi aggravare il rischio di shock idiosincratici che metterebbero di nuovo in pericolo la sopravvivenza dell’euro-area. Le proposte contrastano con una quantità di evidenze empiriche raccolte dagli studiosi di economia sulle cause della crisi finanziaria nel 2011-2012. Tali evidenze mostrano che, in un mondo caratterizzato da “equilibri multipli”, politiche inappropriate o errate possono spingere l’economia verso equilibri “cattivi”, destabilizzando i mercati finanziari e portando di nuovo l’euro-area vicino al collasso. 

Una riflessione sul futuro dell’euro-area da parte degli economisti è doverosa e benvenuta. Da parte nostra siamo più che disponibili a contribuirvi. Tuttavia, per essere efficace, ogni soluzione presuppone l’identificazione di una combinazione equilibrata di misure intese a ridurre i rischi e di altre intese a condividerli, in modo da rassicurare risparmiatori e investitori contro il ritorno di shock esogeni che colpiscano i paesi meno solidi mettendo in pericolo la tenuta dell’unione monetaria. 

L’istituzione di un’assicurazione comune per i depositi bancari e la disponibilità di un meccanismo di sostegno fiscale adeguato per il Fondo di Risoluzione Bancario e per il Fondo di Assicurazione dei Depositi – possibilmente offerte dal Meccanismo di Stabilità Europeo (EMS) mediante emissioni di proprie passività – deve accompagnarsi, nei paesi più fragili, all’adozione di efficaci e sistematiche politiche di  riduzione sia del rapporto tra debito pubblico e Pil e sia dell’esposizione bancaria ai titoli pubblici nazionali.  
Vi saremmo grati se poteste pubblicare il nostro diverso punto di vista rispetto alla proposta degli economisti francesi e tedeschi.
  
Carlo Bastasin – Senior Fellow SEP-LUISS, Brookings Institution 
Pierpaolo Benigno – Professore di Economia LUISS, Senior Fellow SEP-LUISS 
Marcello Messori – Professore di Economia LUISS, Direttore SEP-LUISS 
Stefano Micossi – Direttore generale Assonime, Presidente SEP-LUISS 
Franco Passacantando – Senior Fellow SEP-LUISS, EIB Board (expert member) 
Fabrizio Saccomanni – ex ministro dell’Economia e delle Finanze, Senior Fellow SEP-LUISS 
Gianni Toniolo – Senior Fellow SEP-LUISS, CEPR, Duke University (Emeritus)

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