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Richard Wagner, diario veneziano della Sinfonia ritrovata

Nel bicentenario della nascita di Richard Wagner la storia della Sinfonia in Do smarrita e ritrovata, l’esecuzione nelle sale Apollinee del Teatro La Fenice di Venezia e il rapporto del compositore tedesco con la città lagunare, sono al centro del documentario di Gianni Di Capua prodotto da Kublai film, distribuito da Berta Film sales agent international.

Richard Wagner, diario veneziano della Sinfonia ritrovata

Intervistiamo Gianni Di Capua, autore e regista del documentario “Richard Wagner. Diario veneziano della Sinfonia ritrovata” che verrà presentato in anteprima, lunedì 15 aprile a Venezia. 

L’episodio al centro del filmato ripercorre l’allestimento e l’esecuzione della Sinfonia in Do, un lavoro giovanile di Wagner ritenuto smarrito che il compositore tedesco diresse nell’intimità famigliare, la sera di Natale del 1882, ponendosi alla testa di un’orchestra del tutto speciale, formata dagli insegnanti e dagli allievi del Liceo Musicale Benedetto Marcello, raccolta nella più grande delle sale Apollinee all’epoca sede dell’istituzione musicale veneziana.

Nel documentario la ricostruzione della vicenda risulta articolata sulla base di rimandi testuali estratti dal Bericht über die Wiederaufführung eines Jugendwerkes (Relazione di una Sinfonia giovanile ritrovata) scritto da Wagner all’indomani della storica esecuzione e dai Tagebücher, i Diari di Cosima, a cui danno voce e volto Mario Zucca e Marina Thovez e su cui s’innesta la testimonianza dell’epoca di Giuseppe Norlenghi, tratta dal suo Wagner a Venezia qui interpretata da Vasco Mirandola.

Mentre Igor Cognolato, tra i più sensibili interpreti del repertorio romantico, esegue e illustra al pianoforte alcuni brani della sinfonia, rivelando quanto l’opera giovanile, dal carattere squisitamente beethoveniano, vi sino presenti caratteristiche rintracciabili nell’opera  della maturità.

FIRST Arte – Come nasce il documentario che ha intitolato: Richard Wagner. Diario veneziano della Sinfonia ritrovata??

Di Capua – Il documentario è ricavato dai materiali che ho raccolto mentre scrivevo la sceneggiatura per un lungometraggio terminata l’anno scorso. Più precisamente la sceneggiatura è stata ispirata dall’incipit del “Verdi. Romanzo dell’Opera” di Franz Werfel pubblicato nel 1924, in cui lo scrittore austriaco riprende l’esecuzione della sinfonia in do nelle sale Apollinee, immaginando la presenza in incognito di Giuseppe Verdi giunto a Venezia nel tentativo di studiare l’opera del compositore tedesco, decidendo infine per un discutibile quanto improbabile incontro col rivale che sia nel romanzo che nella realtà non avverrà mai. Partendo quindi dal dato storico dell’esecuzione del lavoro giovanile di Wagner, ho proceduto ricostruendone l’allestimento mediante l’incrocio di fonti diverse, innestandovi protagonisti di finzione che insieme a quelli realmente esistiti agiscono nella Venezia musicale di fine ottocento, sullo sfondo del conflitto tra le due poetiche apparentemente contrapposte di Verdi e di Wagner, evidentemente distanti tra loro dal punto di vista musicale, ma con innegabili punti di relazione che aprono alla comprensione di affascinanti percorsi costitutivi della cultura e della identità Europea. Scrivere una sceneggiatura su questo tema, è stato un viaggio straordinario, arricchente e dalla quale ho infatti estrapolato l’episodio dell’allestimento della sinfonia, eliminando tutti gli elementi di finzione, facendo emergere quello che è stato l’ultimo concerto diretto da Wagner.

FIRST Arte – Questo è l’ultimo concerto diretto da Wagner perché morirà alcune settimane dopo, a Cà Vendramin, giusto?

Di Capua – Wagner muore a Cà Vendramin il 13 febbraio del 1883, alcune settimane avvenuta l’esecuzione. Il dato tragico offre una lettura in un certo senso drammatica dell’esecuzione, caricandola di quei segni che alla luce del decesso risultano significativi per una interpretazione dei fatti, per la comprensione, anzi, per l’intuizione, di una delle personalità più affascinanti e complesse dell’ottocento e non solo. Ma per ritornare alla sua domanda, di come nasce questo documentario, cosa l’ho abbia ispirato, ecco, aggiungerei il desiderio, un impulso di condividere una narrazione, farsi cioè partecipi ad essa, rispecchiarsi, interrogarsi, coinvolgendo infine chi ci ascolta.

FIRST Arte – Della Venezia di fine ottocento a cui accennava,  come si racconta una Venezia assopita nel proprio mito romantico e allo stesso tempo intellettualmente vivace di cultura musicale, come appare dalle sue ricerche?

Di Capua – l’ambiente del periodo, mi riferisco ai personaggi pressoché sconosciuti della nostra vicenda, si racconta filtrato attraverso le loro azioni. Storie che riservano delle inaspettate sorprese.  Vede, la civiltà musicale di fine ottocento, ma anche di qualsiasi epoca,  indagata attraverso delle storie singolari, contribuisce a riportare la musica da una dimensione storicistica,  rapportata cioè ad un preciso contesto storico, alla sua quotidianità. Nell’episodio al centro del nostro documentario, la quotidianità è rappresentata dall’attività di un liceo Musicale, dei suoi insegnanti, del suo presidente e fondatore Giuseppe Contin che un giorno di dicembre, si reca in visita a Richard Wagner accompagnato da uno dei suoi più capaci e brillanti professori, Raffaele Frontali. Quest’ultimo aveva incontrato il compositore tedesco la sera precedente in casa della principessa Harzfeld, in occasione di una festa data in onore dell’aristocratica madre di Marie Von Schleinizt amica e confidente di Cosima Wagner finanziatrice del Festspielhause di Bayreuth. L’incontro tra Frontali e Wagner, usando un termine proprio dello sceneggiatore è inciting incident ossia il conflitto da cui prende il via l’azione della storia e fa sì che il protagonista, o i protagonisti, prendano delle iniziative, che agiscano. Insomma, senza questo evento, non ci sarebbe stata la nostra storia che allo stato in cui si trovavano i nostri protagonisti, Wagner con il forte desiderio di voler riascoltare la sinfonia e rendere allo stesso tempo omaggio alla propria consorte nel giorno del suo compleanno, potremmo meglio descriverlo come uno stato d’imperfezione reso esplicito.

FIRST Arte – Coniugare il concetto di decadenza di quel periodo a qualcosa di moderno sembra costituire una contraddizione per Venezia…

Di Capua – E’ uno degli aspetti meno evidenti del documentario che tuttavia va colto in uno dei suoi registri narrativi. Credo che l’idea di decadenza sia connaturata alla stessa città, se volgiamo alla sua anomalia urbanistica, all’apparente immutabilità che ne determina la portata mitologica o, come dicevo prima, romantica, come non solo Wagner, ma una pletore di aristocratici europei aveva colto stabilendovisi per periodo più meno lunghi, tra cui la principessa Hatzfeld. Scardinare questa visione romantica, significa privare Venezia l’evidenza di uno dei suoi asset dominanti che nel suo aspetto più deteriore – e anche il più evidente – si identifica nell’irreversibile processo di decadenza innescata con la caduta della Serenissima del 1797, alla sua versione pop, la sua “disneyzzazione” che spesso travolge quanto invece si tenta di opporvi per bilanciare la partita. Cultura e “decadenza” sono il rovescio della stessa medaglia. Occorre stabilire su cosa la città, ma anche il governo del paese, decide di investire. Siamo alle solite. In questo, l’intuizione della Biennale, ma non è la sola, gioca il ruolo, probabilmente più importante. A Venezia, come nel resto del paese, ho come l’impressione, che vi sia una difficoltà cronica nel fare sistema su progetti condivisi, che ricorda in qualche modo le dinamiche del “campiello” goldoniano: un gioco incessante di accadimenti in un universo chiuso che pare trovare una sua unità e interesse soltanto alla minaccia dell’intrusione di elementi estranei. Dove l’estraneo è rappresentato dal proprio vicino di casa.

FIRST Arte – Dal punto di vista dell’immagine, come si è regolato nel raccontare una storia recuperata al presente? ?

Di Capua – Uno dei problemi che più affligge un regista nel raccontare una vicenda del passato, è il contesto – la mise en scene – con cui va recuperarla al dialogo con il presente. E’ l’aspetto certo più complesso, ma anche il più affascinante perché ne determina il valore della narrazione visiva; nel nostro documentario abbiamo evitato qualsiasi intrusione di elementi di finzione che pure era facile adottare sul genere della docu-fiction, che personalmente preferisco meno, scegliendo un’opzione, come dire, “creativa” di segno decisamente opposto,  nel caso di questo documentario ossia di costante svelamento della macchina cinematografica a favore del testo musicale.

FIRTS Arte – Possiamo dire che si tratta di testo musicale affidato in sostanza al pianoforte…

Di Capua – l’esecuzione della partitura della Sinfonia in Do è interpretata e illustrata al pianoforte da Igor Cognolato, uno dei degli interpreti italiani di musica romantica più apprezzati delle ultime generazioni, Cognolato s’impegna nella trascrizione per pianoforte di Davide Coppola, revisionata sulla base del manoscritto autografo conservato presso la Library of Congress di Washington. Si tratta della trascrizione per pianoforte – mancante del primo movimento – autografa di Wagner rinvenuta da un antiquario monacense nel fondo dello storico della musica e musicologo Karl Friedrich Wietzmann. Il manoscritto fu in seguito acquisito dalla filantropa Gertrude Clarke Whittall, che all’inizio del secolo scorso lo incluse nella propria biblioteca donata alla Libray of Congress, Music Division di Washington. 

FIRST Arte – Mentre l’allestimento della sinfonia è resa presente attraverso l’evocazione testuale ricavata dai Diari di Cosima Wagner e dalla testimonianza di Giuseppe Norlenghi secondo una messa in scena che non ci si aspetterebbe di vedere: uno studio di registrazione…

Di Capua – Nella prima stesura della sceneggiatura del documentario avevamo pensato di riallestire l’esecuzione della sinfonia eseguita dagli studenti del conservatorio Benedetto Marcello nelle sale Apollinee del Teatro la Fenice, ricostruendo così quell’evento in un’ideale contiguità tra passato e l’attualità. Questo non è stato possibile e pone in evidenza la contraddizione di quanto nell’ottocento, ad esempio, era possibile fare e che per una serie di motivi oggi appare irrealizzabile. E la tecnologia non centra nulla. Poi abbiamo scelto una diversa e per noi più convincente soluzione narrativa che ha individuato nelle voci e nei volti di Vasco Mirandola, Marina Thovez e Mario Zucca degli eccellenti interpreti e li abbiamo voluti svelare sempre in coerenza con l’intenzione di svelare l’impianto della messa in scena evidenziando l’oggettività del testo.  Ma mi lasci aggiungere qualcosa sul testo musicale sulla partitura.

FIRST Arte – La prego…

Di Capua – Anton Seidl, all’epoca del ritrovamento di alcune parti della  della sinfonia all’interno di un baule rinvenuto in una soffitta di Dresda nel 1877, era stato incaricato da Wagner di ricomporla. Seidl era il solo a cui Wagner permetteva di mettere mani sulle proprie composizioni, il che la dice lunga sulla considerazione nutrita per l’allievo da Wagner, tra l’altro, inutilmente esortato a raggiungerlo a Venezia, perché assumesse la direzione dell’orchestra del liceo musicale. Diversi anni dopo la morte del maestro, Saidl, trasferitosi negli Stati Uniti – dove diventerà il direttore New York Philarmonic – dichiara a un giornalista che gli chiedeva della sinfonia giovanile: «Così come ci si toglie il cappello davanti alla casa in cui Wagner è nato, in segno di rispetto per il luogo in cui il suo genio vide la luce, altrettanto faranno i musicisti del futuro quando avranno fra le mani – affascinati e sorpresi – questa sinfonia, pietra findante di quella struttura che ha le sue chiavi di volta nel Tristan, nel Götterdämmerung e nel Parsifal». Dopo avere ascoltato la sinfonia ritrovata quel 24 dicembre, giorno del suo compleanno, Cosima annota sul proprio diario “ quest’uomo (Wagner) non conosceva il sentimento della paura“, un giudizio che Nietzsche declinava nella “spietata volontà e disciplina di sé durata per tutta la vita”. Ed è così che l’approssimarsi della morte coincide con una sorta di ritrovata giovinezza, che conserva e cela in sé, come dicevo, alcuni prodromi della maturità che qui individuiamo nell’analisi della sinfonia prima approfondita e poi illustrata con efficacia da Igor Cognolato che in questo nostro lavoro, alla sensibilità musicale, unisce ed esprime una perspicace analisi del testo musicale.

FIRST Arte – All’arte musicale il documentario presenta una preziosa selezione d’arte fotografica dell’epoca, almeno così sembra…

Di Capua – L’impianto visivo riflette, infatti, e restituisce lo sguardo di Richard Wagner sulla Venezia dell’800 mediante rare fotografie provenienti da importanti archivi fotografici tra cui la Collezione Vanzella-Treviso, i preziosi negativi in vetro per la prima volta esposti all’obiettivo di una cinepresa dell’Archivio Naya-Böhm e infine le immagini del “Fondo Tomaso Filippi” dell’IRE tra cui una assai rara immagine della Sale Apollinee del Teatro La Fenice così come apparse agli occhi del compositore.

FIRST Arte – in conclusione cosa può aspettarsi uno spettatore vedendo il documentario?

Di Capua –  Vede, il nostro documentario è lontano dall’essere un’agiografia del compositore tedesco, né tanto meno dal tentativo di risolverne la complessità del pensiero musicale, ma un modo, come dicevo, “creativo” di dimostrare la “verità”. Voglio dire che il racconto di una storia, una qualsiasi storia, è la prova vivente di un’idea, la conversione cioè di un’idea in azione. Insomma, con la struttura per eventi del nostro racconto, scandita dal Diario veneziano di Cosima Wagner – ecco la ragione del titolo – abbiamo cercato, di comunicare un’idea senza ricorrere alla necessità di spiegarla. Un principio fondante del cinema di finzione che forse in modo pretestuoso abbiamo voluto esercitare nel genere documentario.

“Richard Wagner. Diario veneziano della Sinfonia ritrovata“ è un progetto transmediale declinato in un’app-documentario ed ispirerà una pièce teatrale. L’applicazione, disponibile oggi per Android e, da aprile per iPhone e iPad anche in lingua inglese in versione gratuita offre diverse modalità di navigazione tra cui gallerie di immagini inedite e una mappa di Venezia su cui sono visualizzati i punti d’interesse presenti nella narrazione con la possibilità di elaborare itinerari sulle tracce delle passeggiate compiute da Richard Wagner.

Il documentario è stato prodotto da Kublai Film di Venezia in associazione con Tunastudio, realizzato con il sostegno della Regione Veneto – Fondo regionale per il cinema – ed è patrocinato dal Comune di Venezia, è realizzato con la collaborazione della Associazione Richard Wagner di Venezia, il Conservatorio di Musica “Benedetto Marcello”, Fest-Fenice Servizi Teatrali, Fondazione Musei Civici di Venezia.

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