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Rettifiche Opa: da Camfin a Ansaldo Sts, come incide il Tar

Per effetto di una pronuncia del TAR del 2014, l´esercizio dei poteri di rettifica in aumento del corrispettivo Opa ha dovuto svolgersi entro l´angusto perimetro dei valori emersi nel corso delle trattative delle parti. Consentire alla Consob di procedere alla determinazione dei valori delle aziende “covendute” in piena ed assoluta autonomia è però il presupposto fondamentale affinché ai soci di minoranza sia offerto un corrispettivo davvero in grado di riflettere il prezzo più alto pagato dall´acquirente del pacchetto di controllo. Il TAR potrebbe presto avere la possibilità di ripensare la propria posizione: l´auspicio è che sappia e voglia coglierla.

Rettifiche Opa: da Camfin a Ansaldo Sts, come incide il Tar

Risale al 3 febbraio scorso la decisione con cui Consob ha rettificato in aumento il corrispettivo dell´opa di Hitachi su Ansaldo STS di “soli” €0,39, decisione che gli azionisti di Ansaldo STS hanno comprensibilmente accolto senza troppo entusiasmo.

Non vi erano margini per andare oltre, ha affermato l´Autorità di settore: le valutazioni degli azionisti istanti, Bluebell ed Amber, erano erroneamente state basate sulla considerazione di un perimetro del ramo di azienda di Ansaldo Breda diverso da quello effettivamente trasferito e non tenevano perciò conto del mantenimento in capo a Finmeccanica della posizione debitoria e di altri elementi negativi; e, inoltre e soprattutto, l´accertamento doveva comunque svolgersi entro i limiti segnati da «un “elemento oggettivo” … rappresentato dal punto di “equilibrio raggiunto in sede di trattativa”» tra Hitachi e Finmeccanica.

Tanto in effetti aveva stabilito il TAR del Lazio nel 2014, con la sentenza con cui rigettò il ricorso proposto da Lauro61 avverso la delibera Consob di rettifica in aumento del corrispettivo dell´opa lanciata nel 2013 sulle azioni della allora quotata Camfin. In quell’occasione i giudici amministrativi avevano precisato che l´Autorità di vigilanza deve (limitarsi a) «… rettificare il prezzo nella sola misura corrispondente a quello effettivamente “accertato” sulla base degli elementi emersi nel corso dell’istruttoria», perché il riferimento normativo al “prezzo accertato” sarebbe preordinato a «delimita[re] la discrezionalità dell’Autorità di settore nel sostituire il prezzo stabilito ex imperio a quello individuato dall’autonomia negoziale», sicché «l’aumento del prezzo disposto dalla Consob “deve essere comunque calcolato in base ad un elemento oggettivo, rappresentato dal punto di “equilibrio raggiunto in sede di trattativa”».

Ma ciò implica – lo si capisce – che l´accertamento del prezzo concordato da un venditore ed un compratore che hanno colluso per dissimularne una più o meno importante porzione dovrebbe effettuarsi proprio sulla base di quanto risulta dalla relativa documentazione di parte.

Ora, pur senza potersi a priori escludere che nel caso Finmeccanica-Hitachi-Ansaldo la Consob possa comunque essere pervenuta alla individuazione di un corrispettivo davvero “equo” (e che altrettanto potrebbe in concreto accadere anche in analoghi casi futuri), la imposizione di un così penetrante “limite” all´azione dell´Autorità di settore risulta alquanto problematica. A parte il merito di prevenire lo scenario (comunque – sin troppo facile a dirsi – del tutto improbabile) in cui a Via Giovanbattista Martini si arroghino il potere di definire autoritativamente le condizioni dello scambio senza alcun riguardo ai veri valori in gioco, l´interpretazione proposta dal TAR (cui la Consob ha ritenuto di doversi prontamente adeguare, pur potendo forse provare a prospettare una diversa e più utile interpretazione delle norme vigenti al fine di legittimare un esercizio pieno delle proprie prerogative in occasione di una vicenda che anche all´estero vedevano come un importante test) si risolve infatti in una significativa compressione dei poteri di accertamento del corrispettivo opa e quindi, oltre che in un allettante invito per i soci di controllo a raffinare le tecniche di elusione, in uno svilimento delle finalità della disciplina delle opa obbligatorie, di cui i criteri di determinazione del corrispettivo – nella loro attuale declinazione magari anche criticabili, ma comunque allo stato lex lata – rappresentano un pilastro portante.

Logico invece è ritenere che l´accertamento del vero prezzo su cui si è formato l´accordo tra due parti colluse dovrebbe essere il più pieno possibile e comunque non dovrebbe incontrare un limite proprio nei numeri richiamati dalle parti in fase di trattativa. Il fatto della collusione vale di per sé a privare le stime di compratore e venditore e la relativa documentazione di supporto di ogni credibilità; ed impone all´Autorità di vigilanza di procedere, di conseguenza, ad una autonoma determinazione del valore della società “covenduta”, sulla cui scorta poi pervenire, previo il calcolo per sottrazione del valore della società quotata, alla determinazione del vero valore attribuito al pacchetto di controllo e infine del “nuovo” corrispettivo opa.

Secondo il TAR, tuttavia, non è così: occorre limitare la discrezionalità dell´Autorità di vigilanza e poco importa se ciò conduce alla parziale vanificazione dell´unica tutela di cui i soci di minoranza sicuramente beneficiano in queste situazioni. Come si è già detto, nel nostro ordinamento (anche a causa delle insufficienze dell´apparato di private enforcement) l´effettività della best price rule (art. 106, comma 2, TUF) dipende principalmente (se non, nei fatti, esclusivamente) dall’intervento dell´Autorità di settore. Se ora alla Consob si impedisce di esercitare i propri poteri in modo “pieno”, la tutela dei soci esterni non potrà che essere per forza parziale: con le minoranze azionarie allora in pratica costrette ad accontentarsi di un corrispettivo che, per quanto superiore al prezzo loro offerto in prima battuta, potrebbe in concreto comunque non riflettere il prezzo più alto pagato dall´acquirente del pacchetto di controllo.

È perciò auspicabile che i “paletti” che la giustizia amministrativa fissò nel 2014 siano al più presto rimossi. E siccome Hitachi si è detta intenzionata a contestare la legittimità dell’atto di accertamento in sede giudiziale, il TAR avrà presto l´occasione per farlo e così “restituire” alla Consob poteri di accertamento “pieni”, nell´interesse (prettamente pubblico, è appena il caso di ribadirlo) del mercato in quanto tale.

Interesse che in casi del genere non differisce da quello (privato) di alcuni investitori istituzionali estremamente fermi nel difendere le proprie ragioni e sol perciò precipitosamente bollati come “avvoltoi”, ma il cui virtuoso attivismo in vicende del genere vale invero altresì a contenere, tra le altre cose, il rischio che ci si possa troppo facilmente fare gioco dell´inesperienza di una moltitudine di micro-investitori e così evitare che, come purtroppo troppo spesso accaduto in passato, questi ultimi subiscano l´inconsapevole espropriazione di una parte delle proprie ricchezze.

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