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Rete Telecom, Lega e M5S in ordine sparso

Un nuovo sotto-emendamento presentato dal capogruppo della Lega al Senato smonta alcuni punti-chiave del precedente emendamento a firma M5S . Esclude dal computo degli incentivi tariffari la forza lavoro che passerebbe alla nuova società integrata. Novità anche sugli azionisti di controllo

Rete Telecom, Lega e M5S in ordine sparso

Nella grande confusione che regna sovrana sul destino della rete Telecom Italia, la Lega (primo firmatario il capogruppo al Senato, Massimiliano Romeo) ha presentato un nuovo emendamento che si pone in antagonismo con quello già depositato del M5S. La modifica, vale ricordarlo, è collegata al decreto fiscale in discussione in commissione Finanze al Senato.

In pratica, la novità riguarda il destino dei 22.000 (circa) dipendenti Tim che verrebbero “ceduti” alla nuova società della rete con Open Fiber, se mai si realizzerà lo scorporo e la separazione dalle attività di servizio. Infatti, nel testo leghista si smonta un punto centrale per gli M5S e cioè quello in cui si faceva riferimento alla “forza lavoro dell’impresa separata”. L’onere rappresentato dai dipendenti della rete (sono circa la metà dei 48 mila in forze a Tim) non verrebbe in questo modo conteggiato ai fini della Rab (regulated assets base) ovvero degli incentivi tariffari che farebbero salire le bollette ma servirebbero a stabilizzare l’occupazione della nuova società della rete. Ai fini del calcolo della tariffa, demandato comunque all’Autorità per le comunicazioni (Agcom), si terrebbe così esclusivamente in conto “il piano di investimenti per la realizzazione e manutenzione delle reti” sul modello di quanto avviene per le società di trasporto e distribuzione elettrica.

Nel sotto-emendamento presentato dalla Lega (articolo 23-bis e 23.0.300/1), inoltre, è previsto che l’Agcom possa imporre che gli asset (di Ope Fiber da un lato, di Telecom Italia dall’altro) vengano trasferiti ad una società “appartenente a una società diversa o sotto controllo di terzi indipendenti”, non necessariamente controllata da Open Fiber (la società per la fibra ottica 50% Enel e 50% Cdp) o da Tim o dai loro azionisti (“L’Autorità può indicare uno schema di eventuale aggregazione volontaria dei beni relativo alle reti di accesso appartenenti ai diversi operatori in soggetto giuridico non verticalmente integrato e wholesale passivo appartenente a una diversa proprietà o sotto controllo di terzo indipendenti”

In questo quadro assai confuso, è comprensibile la cautela manifestata dall’amministratore delegato di Enel Francesco Starace che nel presentare il piano industriale 2019-21 a Milano ha manifestato timide aperture sul progetto di integrazione, premettendo che sarebbe comunque opportuno attendere l’esito della “saga infinita” che contrappone gli azionisti di Tim ma anche sottolineando che nel frattempo Open Fiber sta andando avanti con 4,8 milioni di case collegate in fibra entro fine anno e 19 milioni previste per il 2023

 

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