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Ref: “Sulla ripresa il Governo è troppo ottimista”

Gli analisti del centro Ref Ricerche pubblicano le stime sull’economia italiana da qui al 2022 e lanciano l’allarme: “La nostra posizione è la più complessa”.

Ref: “Sulla ripresa il Governo è troppo ottimista”

Pil -9,3% quest’anno ma in rimbalzo di quasi il 6% nel 2021 e del 2,5% nel 2022; importazioni ed esportazioni che torneranno a macinare dopo il rispettivo -15% e -16% di quest’anno; disoccupazione che purtroppo salirà al 10,5% nel 2022, dal 9,8% di quest’anno. Sono queste, in sintesi, alcune delle stime della Congiunturaref, presentata del centro Ref Ricerche il 16 ottobre, proprio mentre in Italia torna l’incubo di un nuovo lockdown, per ora scongiurato ma che potrebbe ulteriormente stravolgere, nelle prossime settimane, queste previsioni. Le stime attuali, comunque, già non sono entusiastiche: secondo Ref anzi la ripresa potrebbe rivelarsi più debole del previsto. “La Nadef appena licenziata dal Governo – sostengono gli studiosi di Ref – punta a consolidare un clima positivo dei mercati, descrivendo un quadro favorevole, tanto da apparire almeno a prima vista troppo ottimista”.

“Vi sono diversi indizi del fatto che stiamo andando incontro a una fase ancora complessa – spiega il comunicato -. La circolazione del virus sta aumentando, e ancora vi è molta incertezza su cosa accadrà nei mesi invernali. Siamo oggi più preparati ad affrontare il virus, e questo dovrebbe prevenire una nuova sequenza di lockdown nelle economie avanzate, ma un inasprimento delle misure di restrizione, o autolimitazioni dei comportamenti da parte delle famiglie, appaiono probabili. La fase di ripresa potrebbe quindi andare incontro a un rallentamento, o a temporanei arretramenti, sino ai primi mesi del prossimo anno, se si assume che fra sei mesi si inizierà a disporre di nuovi farmaci o di
un vaccino, altri punti sui quali non vi sono però certezze”.

Secondo gli analisti di Ref si spiega dunque perché l’exit strategy dalle politiche del 2020 non sarà semplice. I Governi hanno adottato misure di segno fortemente espansivo, ma prevalentemente con effetti temporanei, circoscritti appunto al 2020. Il rischio che si prospetterebbe è quindi quello di un brusco arretramento rispetto alle misure adottate quest’anno. Anche le banche centrali, che hanno ampliato molto gli acquisti di titoli, dovrebbero andare verso una fase di stabilizzazione degli acquisti netti e limitarsi, dalla seconda metà del 2021, a rinnovare quelli in scadenza. “Ma è ormai chiaro che questi programmi non possono bastare”, spiega la nota.

In questo quadro, la posizione della politica economica italiana è certamente la più complessa. Da un lato, il Governo nell’ultima Nadef ha preso atto dei segnali di recupero dell’economia nel terzo trimestre, proponendo una stima di contrazione del Pil per quest’anno del 9%, un risultato naturalmente molto negativo in assoluto, ma vicino a quanto atteso nel Def di aprile e decisamente più favorevole rispetto alle previsioni che a inizio estate erano state formulate dai principali organismi internazionali. “L’economia italiana – sostiene Ref – non si presenta questa volta come l’“ultima della classe”, pur essendo stata colpita dal virus prima degli altri paesi, e quando ancora mancavano le conoscenze sulle caratteristiche del virus e sulle contromisure da adottare”.

Tuttavia “la scelta del Governo – chiudono gli analisti – è stata quella di utilizzare integralmente nella prima fase i trasferimenti del Next Generation Eu, per concentrare poi i prestiti dalla Ue negli anni successivi. La scommessa sta nell’utilizzare bene tali trasferimenti e innescare un processo di crescita basato sul rafforzamento strutturale dell’economia. È una scommessa che può essere vinta, anche se al riguardo è opportuno avanzare alcuni elementi di cautela. Difatti, le esperienze di utilizzo dei fondi europei da parte dell’Italia non sono confortanti”.

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