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Rapporto Fondazione Nord Est, le conclusioni: chi è pronto per il futuro e chi no

Come si fa a capire chi è pronto e chi no per il futuro? Le conclusioni del Rapporto della Fondazione Nord Est, che qui pubblichiamo, ne tracciano l’identikit

Rapporto Fondazione Nord Est, le conclusioni: chi è pronto per il futuro e chi no


Il Nord-est è un territorio ricco di saperi stratificati e di competenze anche rare e complesse. Sono valori alti la cultura del lavoro ben fatto, l’operosità, l’imprenditività. La curiosità del nuovo è una porta aperta verso il futuro. La solidarietà si esprime concretamente con un volontariato forte e diffuso

Chi è pronto e chi no

Cionondimeno, il cambiamento è talmente veloce e pervasivo e tocca ambiti inesplorati nella storia dell’umanità (mai è accaduto ci fosse riduzione della popolazione coniugata a suo invecchiamento) da richiedere il resettaggio di molti atteggiamenti e abiti mentali. Per dare una mano a spogliarsi dei vestiti vecchi e a indossare quelli più adatti a vivere nel futuro che viene, ecco un elenco non esaustivo di buone e cattive pratiche di pensiero. Quasi una canzone di Enzo Jannacci.

Con il sorriso, concludiamo dando un consiglio appassionato, quasi una parola d’ordine, anzi tre: formazione, formazione, formazione. Non per ridere e soprattutto per non morire di vecchiaia cerebrale…

È pronto

  • chi rende possibili nuove azioni nel presente
  • chi sperimenta novità
  • chi parla di e si prepara a diversi futuri possibili
  • chi sa che i futuri comunque sorprenderanno
  • chi guarda a orizzonti di dieci-venti anni
  • chi abbraccia con la mente le tante generazioni contemporaneamente presenti (mai state così tante, per effetto dell’allungamento della speranza di vita) e organizza il lavoro integrando persone di varie età, ciascuna portatrice di saperi e capacità
  • chi usa la lente demografica per intercettare i cambiamenti nascenti nella cultura sociale e i nuovi modelli di pensiero
  • chi adopera le nuove tecnologie (digitali) facendo leva su predittività, adattività (stile madre Natura) e sostenibilità 
  • chi è capace di cogliere i segnali deboli di futuro
  • chi studia i megatrend
  • chi applica diversi modelli aziendali
  • chi parte dall’assunzione che ci siano molti presenti, ciascuno contenente semi di diversi futuri, per cui i futuri possibili sono molteplici
  • chi rende la propria azienda vigile
  • chi progetta i prodotti e i processi in ottica di piena circolarità e di riuso
  • chi ragiona e agisce in base alla complessità delle megalopoli crescenti di numero e dimensione
  • chi si prepara alla platform-economy
  • chi vende i servizi forniti dai propri prodotti
  • chi premia il possesso piuttosto che la proprietà di un bene
  • chi ritiene che i giovani laureati allarghino e allunghino lo sguardo aziendale
  • chi punta a espandersi in nuove nicchie
  • chi concepisce l’impresa come un progetto in continua espansione
  • chi osserva con preoccupazione la perdita di terreno (benessere, tecnologia) rispetto alle altre regioni avanzate
  • chi punta a rafforzare la vocazione manifatturiera dell’Italia
  • chi vede nella diminuzione dei lavoratori indipendenti un segno di progresso verso la maggiore strutturazione del sistema economico e sociale
  • chi attrezza il territorio con servizi che conciliano lavoro e vita familiare
  • chi pensa alle conseguenze economiche e sociali della contrazione della popolazione
  • chi punta a governare i flussi migratori e si attrezza per l’accoglienza
  • chi considera gli immigrati una ricchezza anche per i lavori più qualificati
  • chi concepisce nuove figure professionali basate sul concetto di mentedopera
  • chi considera i lavoratori persone da coinvolgere nel progetto-impresa
  • chi prepara e si prepara alla polivalenza e alla polifunzionalità
  • chi sfrutta la sostenibilità (ESG) come un’opportunità (efficienza, produttività, redditività)
  • chi ritiene che le gambe sociale e struttura aziendale dell’ESG siano altrettanto importanti di quella ambientale e ripagano con una maggiore crescita di vendite e utili
  • chi coinvolge i clienti nella concezione e nella progettazione dei prodotti
  • chi vede nell’innovazione il frutto di un processo integrato di tre attori: imprese, centri ricerca (università), politiche industriali
  • chi considera i rischi come imprevedibili e punta a rafforzare la capacità di resilienza e di adattamento
  • chi integra e coniuga locale e globale
  • chi riconosce che creatività è materie scientifiche non sono poli opposti e sceglie di studiare in corsi STEM per assicurarsi maggiore capacità
  • chi insegna pensando che la sua missione è servire gli studenti.

Non è pronto

  • chi vede il futuro come scenario da prevedere
  • chi guarda al futuro come già noto e adotta strategie di ottimizzazione
  • chi traguarda orizzonti di due-tre anni
  • chi ragiona solo guardando alla propria immagine del mondo e censura i comportamenti “devianti”
  • chi usa le nuove tecnologie per perseguire obiettivi del passato
  • chi fa previsione basate sui dati storici
  • chi rifiuta il cambiamento per paura, difesa di rendite, egoismo
  • chi alimenta la paura, privilegia la rendita, pesca voti nel populismo
  • chi non sa adattare l’azienda 
  • chi concepisce il presente come unico e compatto
  • chi mantiene la propria azienda in condizioni di vulnerabilità al cambiamento
  • chi concepisce la produzione come una questione di input e output
  • chi non si preoccupa del fine-vita dei propri prodotti
  • chi guarda alle città come semplici mercati
  • chi pensa che internet sia una rete di computer
  • chi considera i social media come semplici mezzi per comunicare con gli amici
  • chi punta esclusivamente a vendere i prodotti
  • chi ambisce alla proprietà dei beni
  • chi considera i giovani laureati come solo più costosi dei diplomati
  • chi esalta l’economia di nicchia
  • chi si accontenta della propria nicchia di mercato
  • chi si consola con il livello di benessere raggiunto
  • chi guarda all’Italia come una bella meta turistica
  • chi pensa che la riduzione dell’occupazione indipendente sia un segno di minore imprenditività e sia negativa nella vita sociale
  • chi ritiene che l’accudimento familiare sia una questione femminile
  • chi non considera le variabili demografiche
  • chi subisce le immigrazioni e le vede come minacciose
  • chi destina gli immigrati a lavori a bassa qualifica  
  • chi suddivide il lavoro in manuale e intellettuale, in bassa e altra qualifica
  • chi separa rigidamente le mansioni
  • chi considera la sostenibilità (ESG) un costo
  • chi interpreta la sostenibilità in chiave puramente ambientale
  • chi è ancorato alla separazione tra produttore e cliente
  • chi percepisce l’innovazione come una funzione/missione/mansione aziendale 
  • chi recepisce i rischi come controllabili e mitigabili
  • chi alza gli stendardi locali contro gli invasori globali 
  • chi crede che la creatività sia racchiusa nelle sole materie umanistiche e rinuncia a dedicarsi ai corsi STEM 
  • chi interpreta l’insegnamento come un lavoro impiegatizio da svolgere nell’interesse dei docenti.

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