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Rame, alluminio, ora anche legno: la ripresa spinge i prezzi

Il rimbalzo dell’economia sta spingendo alle stelle le commodity e a sorpresa anche il legno da costruzione si inserisce nel rally – I gestori aggiornano le strategie d’investimento e fanno rotta su Ecuador e Cile, l’Argentina rimane un’incognita

Rame, alluminio, ora anche legno: la ripresa spinge i prezzi

C’è aria di ripresa in tutto il mondo. E ciò contribuisce a sostenere verso l’alto i prezzi delle azioni, che macinano record in continuazione (stamane è la volta dell’India), e delle commodity, al centro della corsa ad accaparrarsi le materie prime necessarie per ripartire, al centro di manovre quasi inedite.  E’ il caso del legname da costruzione, materia prima di base per le costruzioni Usa. Da una quotazione tra 300 e 500 euro per tonnellata, i prezzi si sono moltiplicati per quattro con il risultato di frenare l’avvio della costruzione di nuove case. Non meno grave la penuria (e l’aumento di prezzo) dei chips: è di stamane l’annuncio che Stellantis fermerà di nuovo le fabbriche Usa e Melfi.

Intanto continua la corsa del rame, dell’alluminio, del minerale di ferro e del nichel. L’indice Bloomberg Commodity s’avvia al quinto giorno di rialzo consecutivo. Il rame, in particolare, ha superato nel mese di maggio la barriera psicologica dei 10mila dollari la tonnellata. Non meno impressionante il balzo del minerale di ferro, 230 dollari alla tonnellata. O dei noli. Dall’aprile del 2020 ad oggi il prezzo è salito del 700% circa. Certo, ha contribuito il blocco del canale di Suez per l’inedito incidente che ha paralizzato per una settimana la via d’acqua più frequentata del pianeta. Ma una buona parte degli economisti è convinta che sull’onda delle trasformazioni tecnologiche (il valore strategico dei materiali legati all’auto elettrica, ad esempio) e la “fame “ di infrastrutture legata ai piani di investimento dell’economia Usa, sia partito un nuovo superciclo delle materie prime, ovvero una tendenza al rialzo destinata a durare almeno vent’anni od anche più. 

In termini finanziari questa novità è destinata a segnare l’andamento dei listini in vario modo: dall’aumento della pressione sui prezzi, per ora poco visibile a nuovi equilibri nei flussi di investimento nei vari mercati, condizionati dalle nuove esigenze produttive. Un recente rapporto dell’Aie, l’Agenzia Internazionale dell’Energia, prevede un aumento di quattro volte per i materiali necessari per rispettare l’accordo di Parigi: litio, grafite, cobalto e nickel.  

Gli emergenti, ammonisce Pictet, non possono più essere assenti in un portafoglio ben calibrato. “I mercati emergenti stanno diventando un’opportunità fondamentale – dice   Paolo Paschetta, Country Head per l’Italia di Pictet Asset Management – e se nel 2020 questi mercati sono arrivati a contribuire per il 50% al PIL globale, secondo le nostre stime, si arriverà al 57% entro il 2030. Non solo, già oggi nell’area emergente viene realizzato il 53% dei profitti aziendali e questi Paesi sono abitati dall’84% della popolazione mondiale, fonte di una poderosa spinta demografica”.

Certo, i rischi non mancano. Oggi è scattato il termine di 60 giorni concesso all’Argentina per evitare l’ennesimo default (2,3 miliardi di dollari). Buenos Aires sta negoziando una ristrutturazione  del debito con un iinteresse aggiuntivo del 9% a fronte di un piano aggressivo: Pil +5,5% a fronte di un’inflazione “solo” del 29% ed un deficit di bilancio del 4,5% a fine 2022. Purché, dopo molti rinvii, finalmente decolli il piano vaccini: solo 9 milioni di argentini su 45 milioni hanno ricevuto almeno una dose.

Molto più apprezzato dagli analisti l’Ecuador che ha completato l’anno scorso la ristrutturazione e che con il recente risultato elettorale – ha confermato la volontà di adottare un approccio favorevole per i mercati e di collaborare con il FMI per una ripresa più sostenibile. Una scommessa a rischio sostenibile riguarda Pemex, la compagnia statale del petrolio messicano con rendimenti d’eccezione. Ma è il Cile, che quest’anno incasserà 10 miliardi di dollari in più con la vendita del rame, la scommessa più allettante: il Paese, che da solo rappresenta la metà della produzione mondiale, ha di fronte a sé una lunga stagione di crescita in scia alla fame per il metallo rosso. Il pil dovrebbe crescere dell’8,4% secondo il Fondo Monetario, con forti benefici per i bond e gli Etf legati al paese. Ma il Cile è alla vigilia di una delicata riforma costituzionale (vige ancora la carta dei tempi di Pinochet), e le prospettive a breve segnano turbolenza. 

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