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Quanto è verde l’Eni? Troppo poco secondo Legambiente

L’associazione ambientalista fa le pulci al colosso degli idrocarburi nazionale e chiede al governo di indirizzare il gruppo verso obiettivi compatibili con gli accordi di Parigi. Finora solo 1 MW di solare fotovoiltaico è stato realizzato su 220 MW programmati entro il 2022

Quanto è verde l’Eni? Troppo poco secondo Legambiente

La corsa alle fonti fossili ha rallentato ma continua in tutto il mondo. I prezzi in risalita del petrolio hanno consentito la ripresa degli investimenti e la transizione energetica verso un’economia zero CO2 avrà tempi stimati nell’orizzonte del 2030-2040 almeno per arrivare nel 2050 verso un pianeta “decarbonizzato”. Nel frattempo, perforazioni e nuovi progetti interessano anche l’Italia e il Mediterraneo, dall’Adriatico e allo Jonio, dalla Basilicata alla Sicilia. Un quadro che Legambiente giudica preoccupante. Ecco perché l’associazione ambientalista chiede che “il Governo italiano sia coerente con gli impegni sottoscritti a Parigi puntando su efficienza e rinnovabili, cancellando i sussidi alle fossili”.

In verità Legambiente propone al governo di “indirizzare anche le scelte di Eni”, un gruppo che – giova ricordarlo – è quotato in Borsa e controllato dallo Stato per il 30% circa. La restante parte del capitale è in mano a risparmiatori e investitori, anche stranieri, i quali chiedono al colosso energetico nazionale di fare al meglio il suo mestiere e massimizzare così il rendimento per l’azionista. Ciò potrebbe coincidere con una spinta verso le attività rinnovabili che sono di sicuro il trend verso cui tendere ma i tempi per l’azione sono uno dei fattori-chiave della gestione che compete al management.

Legambiente, tuttavia, ha voluto vederci chiaro e ha presentato un dossier sulle attività di Eni con quasto commento di sintesi: “Molti annunci e pochi investimenti nelle rinnovabili. La compagnia ha installato solo 1 MW di solare fotovoltaico”.

Se da una parte, sottolinea Legambiente, Eni sta facendo importanti investimenti per aumentare l’estrazione di idrocarburi dal sottosuolo, sono pochi quelli riguardanti lo sviluppo delle rinnovabili in tutti i Paesi in cui opera. Ad oggi, su 71 Paesi sono 15 quelli in cui Eni ha iniziato o concluso la realizzazione di progetti da fonti rinnovabili, attuando solo il 10% del piano quadriennale. In Italia, invece, sono 14 i progetti previsti entro il 2022 e distribuiti in 12 Regioni, per una capacità complessiva di circa 220 MW di solare. L’unico impianto fotovoltaico entrato in esercizio, sottolinea l’associazione, è ad oggi quello a inseguimento solare di Ferrera Erbognone (Pavia), presso il Green Data Center di Eni 2.968 moduli per 1 MW di potenza complessiva.

“Oggi Eni appare tutta proiettata verso un futuro di espansione delle estrazioni di petrolio e gas, con molti annunci e poche azioni concrete di investimento nelle fonti pulite – dichiara Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Noi pensiamo che questa strada sia sbagliata e chiediamo al Governo italiano di essere coerente con gli impegni sottoscritti a livello internazionale, indirizzando le scelte di Eni”.

Per questo, prosegue Legambiente, “lanciamo anche un appello al ministro dello sviluppo economico Luigi Di Maio affinché, dopo l’importante spinta data per un ambizioso pacchetto europeo su energia e clima, vengano bloccati i progetti di estrazione di petrolio e gas e cancellati tutti i sussidi ancora oggi garantiti alle fonti fossili. Chiediamo, inoltre, che vengano accelerati gli interventi essenziali per arrivare a una rottamazione delle fonti energetiche inquinanti, a partire dal petrolio, con misure concrete nella prossima legge di bilancio, per segnare una vera discontinuità con i governi precedenti”.

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