Condividi

Prezzi materie prime 2022: l’Italia rischia una “tassa” da 66 miliardi a causa della guerra Russia-Ucraina

La cifra, calcolata dall’Osservatorio Conti Pubblici Italiani, fa riferimento al rincaro delle importazioni di materie prime (in primis il gas) e prodotti alimentari non lavorati

Prezzi materie prime 2022: l’Italia rischia una “tassa” da 66 miliardi a causa della guerra Russia-Ucraina

Con l’impennata dei prezzi delle materie prime, l’Italia rischia di pagare nel 2022 una tassa piuttosto salata: ben 66,4 miliardi di euro in più rispetto al 2019, pari al 3,5% del Pil previsto per quest’anno. Non si tratta di un vero prelievo fiscale, ma del rincaro che il nostro Paese dovrà assorbire sul fronte delle importazioni. Un problema che riguarda le materie prime industriali, ma anche i prodotti alimentari non lavorati e – come tutti già sanno, vista l’esplosione delle bollette – l’energia.

Prezzi materie prime: lo scenario “conflitto”…

A fare i calcoli è l’Osservatorio sui conti pubblici italiani, che arriva alla cifra di 66,4 miliardi ipotizzando “uno scenario – si legge nell’analisi – in cui i prezzi delle materie prime restano al livello raggiunto all’inizio dell’invasione dell’Ucraina”, ovvero prendendo come data di riferimento il 24 febbraio, giorno dell’attacco da parte della Russia. Con questi parametri, il costo complessivo delle importazioni di materie prime e beni alimentari non lavorati arriverebbe a 135,2 miliardi di euro, contro i 68,9 miliardi del 2019, i 46,9 miliardi del 2020 (anno in cui il commercio mondiale è collassato a causa dello scoppio della pandemia) e gli 84 miliardi del 2021.

Dei 66,4 miliardi di euro, scrive ancora l’Osservatorio Cpi, “35 miliardi riguardano il gas naturale e 16 miliardi il petrolio”, mentre i restanti 15 miliardi sono dovuti “prevalentemente all’aumento di prezzo di alluminio, rame e cereali”.

…e lo scenario “prezzi medi”

Un secondo scenario considerato dallo studio prevede invece che nel resto del 2022 i rincari saranno mediamente meno pesanti di quelli registrati nei primi due mesi dell’anno: in particolare, il punto di riferimento considerato dall’Osservatorio è la media tra i prezzi dello scenario “conflitto” e quelli registrati il giorno prima dello scoppio della guerra, il 23 febbraio. In questo caso, l’aggravio di spesa per il nostro Paese potrebbe scendere a quota 57 miliardi di euro, pari al 3% del Pil stimato per il 2022. Il costo totale delle importazioni delle merci considerate si attesterebbe infatti a 125,9 miliardi di euro.

I nove miliardi in meno rispetto al primo scenario sono riconducibili quasi per intero “al diverso prezzo del gas naturale – conclude l’Osservatorio – le cui oscillazioni future avranno un ruolo cruciale nel determinare l’ammontare finale della tassa implicita che l’Italia pagherà al resto del mondo nel 2022”.

Commenta